Care lettrici e cari lettori, Oggi, col piacere e la bellezza della condivisione, ho deciso di presentarvi il celebre artista Giorgio Morandi (1890-1964), pittore e incisore, diventato celebre per le sue nature morte raffiguranti oggetti (vasi, bottiglie, fiori, caffettiere, ciotole), portati fuori dal loro contesto funzionale.
La sua pittura si può definire unica e universalmente riconosciuta. La sua fu una pittura contemplativa, permeata di poesia, caratterizzate da una meditazione paziente, profonda, intellettuale degli oggetti.
Giorgio Morandi nacque a Bologna il 20 luglio 1890 da Andrea e Maria Maccaferri, primo di cinque fratelli.
All’età di sedici anni, dopo aver lavorato per circa un anno nell’ufficio commerciale del padre, studiò all’Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1907 al 1913.
Giovanissimo si nutrì del mondo di Cézanne del quale sentì il grande vigore tanto da elaborare un linguaggio di estrema finezza ed essenzialità.
Morandi nascerà ufficialmente come artista nel giugno del 1911 con un famoso dipinto, ”Paesaggio”, olio su cartone telato (Milano , coll. Vitali), cm37.5x52cm.
Il dipinto è tutto risolto sui toni del bianco e del grigio-verde, già libero da incertezze e da residui scolastici.
Fu del 1912 la sua prima acquaforte : “Il ponte sul Savena a Bologna” , acquaforte, cm165x219cm, coll. Luciana Tabarroni.
Dal 1912 si dedicò all’opera di incisore, ma i periodi più intensi della sua attività grafica vanno dal 1921 al 1924 e dal 1927 al 1934.
Nel 1913, licenziatosi dall’Accademia di Belle Arti, Morandi iniziò a dipingere e incidere i primi paesaggi del comune bolognese di Grizzana.
Morandi si recò prima ad Assisi e poi a Padova per studiare Giotto e partecipò alla storica Seconda Esposizione della Secessione.
È il momento in cui avvennero i primi contatti con il Futurismo.
A Modena e a Bologna conobbe gli artisti futuristi Umberto Boccioni e Carlo Carrà.
Espose per la prima volta nel 1914 a Bologna con Osvaldo Licini nelle sale dell’albergo Baglioni e a Roma con i pittori della Secessione romana e nella mostra futurista della Galleria Sprovieri. Ma la sua arte rimase aliena dalle formulazioni futuriste, come sostanzialmente da quelle cubiste.
Il motivo prevalente nelle opere degli anni 1914 e 1915 e’, indubbiamente, il riferimento a Cézanne per la concezione dello spazio e per il ritmo compositivo.
Il suo successivo inserimento nella pittura metafisica fu di breve durata.
Richiamato alle armi nel 1915, allo scoppio della Prima guerra mondiale, Morandi venne, dopo appena un mese, congedato per una grave malattia. Iniziò una produzione di incisioni fortemente influenzate dalla pittura metafisica di Giorgio De Chirico e Carlo Carrà. L’esigenza di una calma assoluta, immobile, quasi una risposta in difesa dell’uomo all’assurda violenza della guerra, è vissuta dall’’artista sia nei paesaggi che in alcune nature morte.
“Natura morta”, 1916 , olio su tela cm60x54cm,Milano, coll. Privata.
La grandezza di Morandi sta anche nell’aver fatto coincidere le forme nude, i toni e gli equilibri cromatici e spaziali di oggetti del semplice uso quotidiano.
Nel 1917 Giorgio Morandi, a Bologna, visse una breve ma significativa esperienza metafisica. In Italia, tra gli anni 1914 e 1920, si sviluppò la Pittura metafisica(al di là della fisica), il cui principale esponente fu Giorgio De Chirico.
Morandi si aggiungerà, insieme a Sironi, alla scuola metafisica nata (tra gli anni 1914 e 1920) dal gruppo di artisti Giorgio e Andrea De Chirico (meglio noto sotto lo pseudonimo di Alberto Savinio), il poeta Filippo De Pisis e l’ex futurista Carlo Carrà. La Metafisica presenta una pittura fatta di silenzio e di attesa, in cui tutto pare avvolto in una strana atmosfera di ambigua immobilità. Rappresenta oggetti e figure concreti, perfettamente riconoscibili, prelevandoli dal loro abituale contesto e ricomponendoli con un effetto di straniamento. Piazze deserte, contornate da edifici e portici bui e profondi che proiettano ombre scure e minacciose, fanno da scenario a situazioni improbabili in cui la presenza umana è quasi inesistente, sostituita da manichini, attori senza voce, senza occhi, senza volto.
Nel 1918, dopo un anno difficile in cui dipinse forse solo un paio di opere e che vide una ricaduta della malattia contratta due anni prima, iniziò all’insegna di De Chirico il periodo metafisico di Morandi.
“Natura morta con il manichino”, 1918, olio su tela, cm68,5x72cm, Milano, Pinacoteca di Brera. Questa tela fa parte di una serie di pochi quadri realizzati da Morandi durante il non lungo periodo in cui si avvicinò alla Metafisica.
L’artista bolognese rimase quanto mai distante dallo spirito delle opere di De Chirico e di Carrà, i due principali rappresentanti di quel movimento artistico.
Lo stile dell’artista raggiunse la sua maggiore purezza ed essenzialità nella solitudine dei “Fiori”, 1918
“Natura morta metafisica con la squadra”, 1919, olio su tela, cm 56,5 x47cm, Milano, Pinacoteca di Brera.
Nel suo cammino di ricerca espressiva l’esperienza metafisica di Morandi durò meno di un biennio ma costituì una tappa significativa per tutta l’opera successiva perché gli insegnerà il rigore delle forme e le atmosfere assorte e meditative. Nelle sue opere gli oggetti raffigurati acquistarono una luce e una spazialità assolutamente nuove, attraverso l’uso del colore tonale che caratterizzerà la maggior parte della sua produzione pittorica.
“Natura morta”, 1920, Milano.
Nella “Natura morta” della coll. Vitali (Milano) le forme sono immerse in un colore-luce. Nello stesso anno, dopo un’interruzione di cinque anni, Morandi riprese la produzione grafica.
Nelle incisioni dal 1921 al 1924, come anche nelle tele dello stesso periodo, il pittore tornò al paesaggio con un approfondimento dei valori di bianco e nero.
Nel 1926 Morandi fu presente con tre dipinti a Milano alla Prima Mostra del Novecento e ricevette, dall’Ente Nazionale della Cultura, l’incarico di Direttore scolastico presso alcuni comuni di Reggio Emilia e di Modena.
“Paesaggio del Poggio”, 1927.
Quest’opera è uno fra i maggiori raggiungimenti pittorici del Morandi grafico: un intersecarsi di fittissimi reticoli che da’ vita a zone di diverso valore tonale.
Ma è soprattutto a partire dal 1930 che si apre il momento più singolare e artisticamente più gravido di conseguenze della ricerca dell’artista bolognese:
il pittore giunse a sfaldare gli oggetti familiari e quotidiani della sua figurazione( bottiglie, fruttiere, caraffe, vecchie lucerne, vasi da fiori) in un pigmento corposo.
Nello stesso anno del 1930 gli venne assegnata la cattedra, conservata fino al 1956 di tecnica dell’incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Nelle nature morte delle collezioni Lorenzelli, Mattioli, e Giovanardi , del 1931, inesauribile fu la capacità dell’artista di variare nell’invenzione i toni chiaroscurali dei più semplici oggetti della vita di ogni giorno, nel raggiungimento di quella essenzialità che è il motivo dominante della sua poetica.
“Conchiglie e fruttiera”, 1931, Milano, coll. Mattioli
Tra il 1940 e il 1941, Morandi intensificò gli studi e la sperimentazione sulle possibilità di nuove inquadrature degli oggetti e di diverse soluzioni luministiche e spaziali. Si trattò sempre di composizioni orizzontali, nature morte o paesaggi , caratterizzate dall’uso di tonalità di colore cupo ravvivate da improvvisi ed intensi tocchi di luce.
“Natura morta” 1941, Milano, coll. Jucker.
Durante gli anni della guerra si trasferì come sfollato a Grizzana, nella campagna emiliana, dove resterà fino al 1944, dipingendo pochissimo.
Nell’aprile del 1945 venne allestita una mostra con ventuno delle sue opere, provenienti da raccolte private fiorentine, alla Galleria del Fiore di Firenze; la presentazione fu scritta dallo storico dell’arte Roberto Longhi,
Dal 1945 in poi la sua arte si espresse attraverso paesaggi dai colori rarefatti e nelle file di bottiglie.
Nel 1948 Morandi venne nominato membro dell’Accademia di S. Luca.
La tendenza verso un progressivo schiarimento dei toni , presente nelle opere immediatamente successivi alla guerra, e, insieme, verso una semplificazione degli schemi compositivi mediante la geometrizzazione degli oggetti raffigurati si accentuerà nelle opere del 1950, nelle quali sara’ lo “spazio vuoto” più che le cose raffigurate, l’oggetto della rappresentazione pittorica.
Il tema del paesaggio fu sempre meno rappresentato nei dipinti ad olio, mentre trovò più spazio negli acquerelli dove il colore quasi si dissolve nelle tinte pallidissime e la luce sembra avvolgere le case, il cielo e gli alberi, in una silenziosa contemplazione. Questo modo fluido e trasparente di usare il colore e il delicato accostamento dei toni, influenzò in modo determinante anche la pittura ad olio di quello scorcio degli anni Sessanta.
Giorgio Morandi morì il 18 giugno 1964. Nel corso della sua vita dipinse 1376 quadri a olio, 130 lastre a stampa e circa 300 acquerelli.
di Mattia Fiore