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Una finestra sull’arte: Albrecht Dürer (Seconda Parte)

Mattia Fiore 23/09/2021
Updated 2021/09/23 at 4:55 PM
9 Minuti per la lettura

Care lettrici e cari lettori, come promesso, oggi, Vi presento la “SECONDA PARTE” dell’articolo relativo a uno dei maggiori esponenti del rinascimento nordeuropeo, Albrecht Dürer (Norimberga 1471 – 1528), definito “il primo artista moderno a nord delle Alpi”. Egli fu il più grande pittore e incisore tedesco del Rinascimento, autore di meravigliosi dipinti e magnifiche incisioni.

 Per tutti coloro che non hanno avuto la possibilità di leggere la “ PRIMA PARTE” di questo articolo ma che desiderano non perdere l’occasione per poterlo fare, vi invito ad andare sulla pagina di “Informare” utilizzando il seguente Link:  

Nel 1500 Dürer realizzò l’ “Autoritratto con pelliccia”, olio su tavola, cm67x49cm, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera

L’esperienza del primo soggiorno in Italia dovette ispirare a Dürer l’idea di concepire l’autoritratto come affermazione del proprio valore intellettuale, contrapponendosi alla tradizione tedesca che vedeva l’artista come poco più che un artigiano.

La forma e l’espressione sono assolutamente inusuali: primo ritratto frontale realizzato in Germania.

In alto a sinistra vediamo l’anno di esecuzione e il monogramma “AD”, mentre a destra la scritta “Io Albrecht Dürer di Norimberga, all’età di ventotto anni, con colori eterni ho dipinto me stesso a mia immagine”.

La posa rigidamente frontale rispetto allo spettatore richiama deliberatamente l’iconografia bizantina del Cristo, quasi a voler sottolineare l’origine divina del pensiero artistico.

Il ritratto rivela tutto l’orgoglio e la consapevolezza di un uomo ormai pienamente cosciente dell’unicità del suo destino artistico (vuole alludere al ruolo dell’artista come creator).

Nel 1500 l’orafo Albrecht Glimm commissionò a Dürer, per la sua cappella in Norimberga, l’opera “Compianto su Cristo morto”, olio su tavola di pino, cm151x121cm, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera. L’opera era dedicata alla memoria della prima moglie del committente morta nel 1500, ritratta in basso a destra vicino allo stemma familiare, insieme alla figlia. Dürer rappresentò in questo dipinto le diverse espressioni di dolore di ben nove personaggi. Una luce magica pervade tutta la scena e accende i colori iridescenti degli abiti in caldi e vibranti gialli, rossi e azzurri. Tutto il dipinto è costruito su un triangolo che vede al vertice la figura di Giovanni. Accanto alla Maddalena, si erge sulla destra la figura possente di Nicodemo, membro del Sinedrio, che tiene un lembo del sudario e porta un enorme vaso contenente una mistura di mirra e aloe per preservare il corpo di Cristo. Alla sinistra è raffigurato Giuseppe di Arimatea anch’egli membro del Sinedrio che sorregge Cristo deposto dalla croce. In basso a sinistra e a destra sono inginocchiati il committente, la seconda moglie e i figli. L’opera fu acquistata da Massimiliano I di Baviera, grande estimatore dell’artista tedesco, fra il 1598 e il 1607. Nel 1502 morì il padre dell’artista; tre anni dopo Dürer partì per Venezia.

Albrecht il vecchio”, 1497, olio su tavola di tiglio, cm51x40cm, National Gallery, Londra.

Il dipinto fu realizzato cinque anni prima della morte del padre, quando Dürer aveva ventisei anni ed aveva già compiuto il primo viaggio in Italia. Il padre dell’artista, orafo di origine ungherese e suo primo maestro, risulta qui ritratto con fine acutezza psicologica e ieratica solennità e rivela l’influenza rinascimentale nell’impianto compositivo. Dürer, personaggio colto e intelligente, rivolse la sua ricerca artistica in molte direzioni, sperimentando con successo diversi mezzi espressivi, tanto che la sua fama è legata non solo ai dipinti, ma anche ai delicati acquerelli di animali e di piante, come pure alle drammatiche xilografie e alle incisioni religiose che lo resero celebre al suo tempo.

Leprotto”. 1502, acquerello e guazzo, cm21,5×22,5cm, Vienna, Albertina.

Questo stupendo studio naturalistico, a ragione uno dei lavori più popolari di

Dürer, rivela il suo amore per gli animali e la prodigiosa abilità del suo pennello, paragonabile alla matita di Leonardo da Vinci.

La grande zolla”, 1503, acquerello e guazzo, cm41x31,5cm, Vienna, Albertina.

Anche questo soggetto rivela tutto l’amore dell’artista per il mondo naturale, acutamente indagato. Nel suo stile si compie una felice fusione tra la fantasia e il naturalismo tipicamente nordici e le limpide costruzioni formali e prospettiche dell’arte italiana; in particolare egli fu influenzato dalla pittura veneziana, conosciuta in occasione di due soggiorni nella città lagunare.

Dürer, nel 1503 eseguì il dipinto “Altare Paumgartner”, olio su tavola di tiglio, cm155x126cm(pannello centrale), cm57x61cm(sportelli laterali), Alte Pinakothek, Monaco.

Nel pannello sinistro è raffigurato san Giorgio, in quello destro sant’Eustachio, forse le personificazioni di Stephan e di Lukas Paumgartner. Nel pannello centrale troviamo dipinta la Natività con gli angioletti che reggono il Bambino mentre ai lati sono raffigurati i membri della famiglia Paumgartner con dimensioni delle figure sproporzionate.

Prima di partire per il secondo viaggio in Italia, il maestro di Norimberga eseguì il dipinto ”Adorazione dei Magi”, 1504, olio su tavola di conifera, cm100x114cm, Firenze, Galleria degli Uffizi

L’opera commissionata da Federico III il Saggio, elettore di Sassonia, per la cappella palatina del castello di Wittemberg in Sassonia è probabilmente la parte centrale di un trittico i cui pannelli laterali sono conservati nei musei di Francoforte e Monaco.

Questa splendida pala d’altare si ispira al gusto classicheggiante dell’arte italiana del tempo con l’affascinante scenario di antiche rovine.

In particolare, lo sfondo di architetture in rovina e il cavallo imbizzarrito.

Il dipinto fonde elementi di tradizione italiana e in particolare dell’influenza della pittura veneta, come la plastica robustezza delle figure e la luce brillante nell’uso dei colori vivaci), e di quella nordica, ravvisabile nella precisione e sottigliezza della grafica e nel gusto per i particolari decorativi.

Gli splendidi inserti rocciosi ricordano la pittura di Mantegna, mentre la scelta cromatica riporta all’arte di Giovanni Bellini. Dürer inserisce piante e animali carichi di allusioni simboliche, per esempio la farfalla dalle bianche e vaporose ali che si è posata sul ramoscello in basso a sinistra o il cervo volante che sosta sullo scalino a destra. Simboli della salvezza dell’uomo ottenuta col sacrificio del Cristo. La formica sulla macina a sinistra, enigmatica presenza, è da leggersi come simbolo di ricerca di vita futura. Inoltre, sul blocco di pietra squadrata in basso a destra del dipinto sono iscritti il monogramma dell’artista e la data. Alla fine dell’estate del 1505, l’artista si mosse ancora una volta verso  Venezia dove rimase per più di un anno e durante il quale ebbe occasione di conoscere il grande maestro Vincenzo Bellini che apprezzò molto il suo lavoro.

Ritratto di giovane veneziana”, 1505, olio su tavola di olmo, cm33x25cm, nel Kunsthistorisches Museum a Vienna.

È durante il secondo soggiorno veneziano che l’artista tedesco realizza le sue opere più importanti nelle quali mette in atto i segreti appresi dai pittori italiani, maestri nello studio della prospettiva e delle proporzioni. Il ritratto della giovane veneziana non venne portato a termine, come si evince dal fiocco sulla spalla destra rimasto a uno stadio iniziale, tuttavia, l’opera rivela quanto l’artista apprese a Venezia, ovvero una maggiore morbidezza dei tratti rispetto alla severità delle figure dipinte in patria. La giovane donna, dall’identità sconosciuta, è vestita con un abito elegante secondo la moda del tempo, una collana raffinata, i capelli biondi raccolti alla nuca, trattenuti da una retina. La figura della donna emerge da uno sfondo scuro e, attraverso toni chiari e luminosi, prende forma il suo viso dolcissimo, incorniciato da sensuali riccioli biondi. Nel ringraziarvi per l’attenzione che mi avete dedicato, vi confermo che a breve sarà pubblicata la “Terza ed ultima parte”  di questo stesso articolo. Arrivederci a presto.

di Mattia Fiore

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