Dopo 36 anni di chiusura, anticipata nel 2016 da una prima ristrutturazione, riapre con una nuova veste espositiva l’Antiquarium di Pompei, che conserva reperti, affreschi, ritrovamenti, prima conservati nei depositi ed oggi esposti al pubblico “a dimostrazione di come Pompei fosse ed è una città viva”, racconta in conferenza stampa il Soprintendente di Pompei professor Massimo Osanna. Nel 1874 Giuseppe Fiorelli aveva individuato gli spazi espositivi per i primi ritrovamenti; a seguire nel 1926 Amedeo Maiuri amplierà il Museo, poi gravemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale e chiuso nuovamente dopo il terremoto dell’80.
Seguendo il progetto scientifico di Massimo Osanna, Luana Toniolo e Fabrizio Pesando, la ristrutturazione e il nuovo allestimento seguono il progetto disegnato da COR arquitectos (Roberto Cremascoli, Edison Okumura, Marta Rodrigues) e Flavia Chiavaroli, e diviene allestimento permanente, ispirato alla concezione museale di Amedeo Maiuri.
Il senso è quello di ricreare lo stupore.
Partendo dalle celebri immagini di Viaggio in Italia di Roberto Rossellini del 1954 si vogliono ripercorrere, dentro le sale del Museo, le tappe che porteranno allo stupore la coppia di protagonisti Katherine Joyce (Ingrid Bergman) e Alex Joyce (George Sanders), nell’atto di ritrovamento di un calco di una vittima dell’eruzione.
La riorganizzazione degli spazi interni si ripropone di ricostituire l’asse ottocentesco che dettava il passaggio attraverso le sale, secondo una sequenza espositiva che narra la storia di Pompei alle origini fino all’eruzione del 79 d. C. che ne decretò la fine, elevandola alla immortalità. Con il nuovo allestimento si ricrea una “galleria continua a doppia altezza” illuminata dalla luce naturale, per la riapertura dei lucernari. E in parallelo, il percorso prosegue per una “galleria continua ad altezza contenuta”.
Quella che viene proposta al pubblico è una sequenza fatta di 11 sale espositive suddivise in 6 sezioni: Prima di Roma, Roma vs Pompei, Pompeis difficile est, Tota Italia, A fundamentis reficere e L’ultimo giorno.
La definizione dei supporti espositivi fa riferimento – come sempre nei progetti di questo gruppo di lavoro – al disegno degli espositori antichi, che sono stati integrati a quelli di nuovo disegno e manifattura.
Il peso contenuto di alcune opere come affreschi o iscrizioni hanno consentito il loro appendimento a parete, funzionando così come elemento etereo in posizioni strategiche prospettiche, artificio poetico di un frammento. La trasparenza degli espositori infine, pone una sequenza di filtri che accompagna verso la scoperta a poco a poco dei tesori di Pompei.
Lo stupore è raggiunto. Il visitatore viaggia nella storia della città eterna. La meraviglia della lastra leggermente rialzata accentua l’atto di fare fluttuare i pezzi esposti nello spazio, come se partecipassero alla vita nelle sale insieme ai visitatori. La salita che permette di accedere ai nuovi ingressi dell’Antiquarium è segnalata da un grande portale realizzato in pietra lavica con un “lettering”, “ANTIQUARIUM”, realizzato in ferro battuto e in acciaio spazzolato, come un’insegna anni cinquanta. La pratica architettonica è un “atto integrativo” – racconta Roberto Cremascoli art director dello studio COR arquitectos – ed è inevitabile procedere, come per gli interni, anche alla riconnessione degli spazi circostanti con l’edificio stesso. I terrazzamenti sono il prolungamento delle funzioni interne e viceversa, e gli spazi esterni possono così divenire nuovi scenari per nuove funzioni collettive. Il progetto si completa con la ridefinizione di 3 spazi esterni: il terrazzo panoramico, il terrazzo bookshop lettura con un riparo d’ombra, il terrazzo pausa caffè. Luce e interconnessioni, dunque, visioni prospettiche e rispettoso recupero dei supporti esistenti e dei materiali, dialogo con il paesaggio circostante, in un restauro dell’uso che fa rivivere un’atmosfera da ‘800.
di Mina Grasso
TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE N°214
FEBBRAIO 2021