Napoli è la città del sole, ma non tutti sanno che al di sotto della superficie esterna esiste un’immensa città sotterranea. Sotto di essa si celano una rete di percorsi che compongono quasi l’immagine rovesciata della versione sovrastante.
Nel sottosuolo c’è una seconda città nascosta nell’ombra, quasi speculare alla superficie di sopra; tunnel, rifugi, acquedotti e tombe, sedimenti della storia che vanno dagli scavi risalenti all’antichità, fino ai bunker della seconda guerra mondiale. I visitatori più curiosi vanno a caccia di questi spazi nascosti, concentrati per lo più nel centro antico, preparato maggiormente al turismo.
Tuttavia, tra i palazzi del quartiere residenziale più ricco della città, si celano; cave di tufo, tracce di archeologia industriale e statue di una vecchia fonderia artistica. Si tratta di un immenso complesso di cave di tufo; le grotte di via Posillipo 228, ormai abbandonate, nonostante le preziose tracce storiche. Tutto ciò a poche centinaia di metri da uno degli scorci panoramici più suggestivi di Napoli: il Belvedere Lina Mangiacapre. Ebbene si, su questa strada panoramica del quartiere più altolocato di Napoli, si nascondono tra i palazzi le grotte di via Posillipo.
Le grotte di Via Posillipo
All’interno delle grotte, si può trovare una vecchia e impolverata Fiat Seicento. Non così vecchia però, quanto le automobili che vennero parcheggiate proprio tra queste grotte, dopo il corteo del 1938, in occasione della visita napoletana di Hitler. La documentazione storica relativa a questo sito parte dagli anni della seconda guerra mondiale.
Nel 1942 il suolo fu acquisito dalla Società Anonima Napoletana Industrie Belliche, sostituita successivamente dall’Industria Meccanica che, con la fine della guerra, cesso la produzione di armi e si dedicò alla produzione di pezzi di ricambio per i macchinari. Infatti, all’interno sono presenti numerosi segnali affissi a tutela della sicurezza dei lavoratori, in virtù dei diversi fattori di rischio. Dopodiché, dagli anni ’60 fino al 2006, le cave ospitarono un deposito del Comune di Napoli e una fonderia artistica. Difatti, all’interno delle grotte sono presenti numerosi frammenti di statue.
Un luogo dalle origini antiche in attesa di un futuro
Dall’archeologia industriale alla scienza che studia le cave naturali, dopo il piccolo opificio, si può ritrovare la casa del guardiano, scolpita direttamente nella roccia. La cronologia documentata di queste grotte non fornisce dati antecedenti al 1942, ma nonostante ciò si può dedurre che i primi scavi vadano fatti risalire persino all’antichità romana. Inoltre, nel mezzo di una delle gallerie, è visibile un foro che conduce in un bunker antigas, risalente alla seconda guerra mondiale.
Al suolo giacciono accumulati gli strumenti della fonderia, mentre più in alto si notano i resti degli impianti elettrici che alimentarono le fabbriche oggi dismesse. Le molteplici stratificazioni della storia impreziosiscono la suggestività di questo luogo, ormai chiuso da decenni. I cittadini napoletani sperano in un futuro che lo possa riattivare tra i patrimoni archeologici della città.