L’art. 703 del Codice Penale dispone che “Chiunque, senza la licenza dell’Autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d’artificio, o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose, è punito con l’ammenda fino a euro 103”.
Secondo il “credere comune” è scontato che sparare in campagna non comporti alcuna conseguenza, ma non è proprio così. Nel caso che ci occupa, un uomo veniva incriminato del reato di cui all’art. 703 c.p. per aver esploso dei colpi di arma da fuoco contro un bersaglio fisso, posto in aperta campagna, in un terreno di proprietà della suocera. La denuncia scattava perché alcuni vicini, allarmati dagli spari, allertavano le Forze dell’Ordine.
La Cassazione, con sentenza n. 19888/2022, accoglieva il ricorso dell’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”, atteso che dalle risultanze probatorie era emerso che l’imputato aveva sparato in un terreno chiuso, anche se vicino ad una strada rurale, e verso un bersaglio posto contro una collina di terrapieno (sempre di proprietà della suocera), nonché protetto da cataste di legno.
Secondo gli Ermellini “Nel caso in esame, i colpi di pistola sono stati esplosi “in campagna”, in luogo posto in prossimità (distanza non meglio precisata) di una strada rurale; non, pertanto, in uno dei luoghi indicati dalla norma incriminatrice. Né dagli atti è dato evincersi che il fatto abbia posto in concreto pericolo il bene giuridico tutelato (la vita e l’incolumità fisica riferibile ad un numero indeterminato di soggetti) (cfr. Cass. I, 22.9.2006, n. 37384, Rv. 235082)”.
Con tale motivazione, si sottolinea come siano rilevanti le circostanze in cui viene consumata la condotta considerata ipotesi di reato, giacché, nel caso analizzato, se l’imputato non avesse posto in essere le accortezze emerse dall’attività probatoria, probabilmente la decisione della Corte sarebbe stata diversa.