Ntò: il suo percorso artistico e la vera storia della separazione dei Co’Sang

Redazione Informare 14/08/2017
Updated 2017/08/14 at 2:42 PM
6 Minuti per la lettura

“VOGLIAMO ANCORA UNA SPERANZA”

Un artista che non ha bisogno di nessun tipo di presentazione, lontano da ogni concetto iconico come i grandi della storia Pop nazionale, Ntò rappresenta il battito pulsante di una Napoli che ce l’ha fatta. Lo abbiamo raggiunto a Marianella, quartiere che lo ha cresciuto e che ancora oggi è sua fonte di ispirazione.

Col Sangue è il tuo ultimo disco, il titolo è chiaramente una provocazione, come sei arrivato a partorire questo album?
«Mi sono lasciato influenzare molto dai suoni e dalle sensazioni che si respirano nel nord Europa e in Canada. I suoni ovattati ed eterei con batterie filtrate mi hanno rapito e ho cercato di portarle in Italia. Il titolo è stata una rivendicazione dell’eredità dei Co’Sang perché ho avvertito che si vuole sbiadire il ricordo di quella realtà che ha me ha dato tanto».

Una delle ferite musicali più dolenti della storia napoletana contemporanea è stato proprio lo scioglimento del gruppo Co’Sang, composto da Antonio Riccardi in arte Ntò e Luca Imprudente in arte Luchè. Una realtà talmente viva da lasciare il sangue e il sudore tra le mani di chi ascoltava i movimenti biechi di una città che cercava di tirare avanti; tra i quartieri della periferia Nord di Napoli e le palazzine di Scampia in cui si “ammazzava l’arte” come raccontava una loro canzone. Con il primo disco “Chi more pe mme” i Co’Sang aprirono le porte al rap non solo in Campania ma anche in tutta Italia, creando un squarcio nel mercato discografico. Molto prima del film Gomorra due ragazzi di Marianella cominciarono a descrivere l’aria pesante che si respirava a Napoli e che si taceva sui giornali, una realtà abbandonata, un “Sistema che pave stipendje, dove ‘e pegg’ stann’ ‘nzieme a chi f’e llegg”.

Cosa è cambiato da quella separazione?
«Siamo cresciuti innanzitutto, i nostri discorsi sul Sistema si erano inflazionati. Avevamo lanciato una matrice originale e vera che è stata copiata per fini pubblicitari, oggi tutti parlano di Gomorra ma anche quando ne ha scritto Saviano non è riuscito a descriverla come lo facevamo noi, in modo crudo, bandendo la metafora ed entrando nella testa delle persone. Avremmo voluto sicuramente continuare ad essere quello che eravamo, ascoltavamo la Golden Age del rap e ci sentivamo vicini a quelle tematiche toste, eravamo arrabbiati e ci sentivamo invincibili, non avevamo niente da perdere poi qualcosa è andato storto dopo il secondo album. Le mejor hanno cominciato ha fare pressioni fino al nostro boicottaggio, non vollero produrre il nostro terzo album, inspiegabilmente. In questo periodo storico della mia vita ci fu molta confusione e non riesco ancora oggi a capacitarmi del fatto che nel mentre ragionavamo di questa gigantesca delusione Luchè aveva già scritto le tracce per il suo album da solista dopo il quale decidemmo di separarci». 

Ancora oggi non si spiega perchè un gruppo di ragazzi che ha diviso in due il mercato con la sua verità non ha avuto l’opportunità di incidere il terzo disco, dopo il successo dei due precedenti. Il sistema radiofonico italiano fa da cornice ad una situazione musicale tristemente manovrata dai giochi di potere delle mejor, grandi promoter si fanno pagare per passare in radio generi musicali e le etichette seguono quest’onda.

Ci sono rapper che incidono dischi di platino e non c’è una sola radio dedicata al Pop, perchè? Resta il fatto che dopo la separazione Nto decise di incidere, in concomitanza con la scomparsa del padre, un disco che ha mostrato al mondo un lato nuovo di questo artista: Il coraggio impossibile. Lontano da toni aggressivi e spietati di “Chi More Pe Me”, questo album ha mostrato la sensibilità di un artista a trecentosessanta gradi. Successivamente c’è stato anche il momento di ritornare alle tematiche del “ghetto” napoletano con la realizzazione della colonna sonora della discussa serie tv Gomorra con la canzone “Nuje vulimme na speranza” in collaborazione con Lucariello.

Cosa ha significato per te questa esperienza e cosa rappresenta per te la Speranza?
«Per me la speranza è la vita, senza speranza noi di Napoli non siamo niente. Ho vissuto in quartieri dove potevi vedere tossici in fila per farsi d’eroina, crack e altre sostanze, la nostra realtà può solo essere accostata ad altre come a Baltimora, Caracas; realtà uniche nella loro complessità. Nel testo della canzone il nostro messaggio è chiaro NOI VOGLIAMO UNA SPERANZA, non ci servono promesse vuote, vogliamo che i nostri figli abbiano la realtà che gli spetta».

di Giovanni Imperatrice
giovanni.impe@libero.it

Tratto da Informare n°164 Dicembre 2016

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