Tutti commettono errori ma non è mai troppo tardi per poter rimediare. Masini si racconta con le sue canzoni. «Credo che a forza di crescere ci si accorga di quanto abbiamo sbagliato in certi momenti, non dedicando, per esempio, abbastanza tempo a qualcuno che se lo meritava davvero. Io credo, però, che non sia mai troppo tardi per poter rimediare». Questa è la frase che Marco Masini pronuncia prima di “Caro Babbo”, canzone dedicata al papà (tratta dall’album “L’amore sia con te” del 1996, ndr), col quale non ebbe un rapporto facile e la cui figura ricorre in molti suoi brani musicali di successo. Come “L’uomo volante” che, nel 2004 vinse il Festival di Sanremo e che sceglie di cantare quasi alla fine del concerto estivo tenutosi a Nocelleto di Carinola, in provincia di Caserta, nella gremitissima Piazza Alberata.
«L’unica cosa che non potremmo mai cambiare è l’amore, perché non è una scelta. Arriva e ti rapisce».
“Vorrei regalarti un cielo d’agosto che fa da cornice a una stella che va”. Una frase che sembra rivolgersi direttamente al destinatario, che, da lunga parte dell’orizzonte di quel cielo stellato che il guardo esclude sarà senz’altro fiero di suo figlio. «Il calore che c’è nella vostra terra non esiste da nessun’altra parte», confida a noi di Informare e continua ricordando le lettere che riceve dai suoi fans. «È un filo molto resistente quello che da ventisette anni mi lega a tutti voi. Sento che ogni giorno mi regalate una storia da raccontare. Perché vi leggo sin dall’inizio, a partire da quelle lettere di carta che mi scrivevate negli anni novanta con l’inchiostro profumato, fino ai post di oggi sulle pagine dei social». Riservato, schivo, quando sale sul palco prendendo possesso del microfono e poi di se stesso, diventa un leone, intento a cantare la rabbia di chi, di fronte alle ingiustizie del mondo, non è fatto per stare a guardare.

«Le scelte che non rifaremmo sono sicuramente tante», afferma. «L’unica cosa che non potremmo mai cambiare è l’amore; perché l’amore non è una scelta. Arriva e ti rapisce, conducendoti dove vuole lui. E quando l’amore fa male, l’unica maniera per andare avanti è sopravvivere all’amore stesso, ripetendosi in testa la solita, grande bugia: ‘Tu non esisti’», conclude, iniziando poi a cantare la bellissima canzone tratta dall’ultimo disco. “Mi diceva quella gente che s’intende di canzoni: ‘Hai la faccia da perdente, mi dispiace non funzioni Masini’”, recita un suo celebre successo, “Vaffanculo” (dall’album L’amore sia con te, ndr), il cui titolo, che all’epoca scatenò non poche polemiche, è una vera e propria imprecazione contro tutti i falsi perbenisti e sepolcri imbiancati che tendono ad ostacolare chi decide di andare avanti senza compromessi. Emblematica nel descrivere Marco, un’altra frase di questa canzone: “Mi dimetto da falso poeta, da profeta di questo Fan’s Club. Io non voglio insegnarvi la vita. Perché ognuno la impara da sé”. Invece Marco poeta lo è davvero, perché ha seguito il cuore, quello di ognuno di noi, nel suo pulsare incessante, raccontando la vita di un adolescente, ma anche di un genitore, o di una ragazzina: la “Cenerentola innamorata” che aspetta un bambino e non sa come dirlo al padre, e a cui Marco sente di suggerire: “Forse devi solo sentire se davvero lo vuoi un figlio”. Ha parlato a chiunque: bambini, giovani, anziani, donne, uomini… con un linguaggio semplice e vero, talvolta duro, facendosi portavoce di tutti coloro che non avevano il coraggio di esprimere la propria rabbia.
Le sue canzoni sono spesso lo specchio di una persona che ha sofferto; come nel momento in cui avrebbe voluto salutare sua madre per l’ultima volta, ma non ha fatto in tempo. E allora lo fa attraverso il solo modo che conosce, quello che ha sempre usato: le parole di una canzone, Spostato di un secondo, quella che dà il nome al suo ultimo album e che non a caso ha scelto di usare per contrassegnare il tour che sta girando tutta Italia. Con quel messaggio diretto, inequivocabile, che se trentatré anni fa fosse arrivato solo un secondo prima, avrebbe dato pace a quell’inquietudine che ancora si porta dentro. Ma non è mai troppo tardi per rimediare. L’ha detto lui, Marco. Lo dice a noi, ma anche a se stesso: “E adesso vorrei sapere come sarebbe il mondo se tutto quanto fosse spostato di un secondo. Adesso ti vedrei scegliere di restare. E invece te ne vai, e io ti lascio andare”.
di Teresa Lanna
Foto di Alessandra Vellone
Tratto da Informare n° 173 Settembre 2017