Il quoziente intellettivo della popolazione mondiale sta diminuendo. Da quando? Nell’ultimo ventennio. Dopo un costante aumento del QI medio globale dal secondo dopoguerra agli anni ’90, si osserva infatti una preoccupante inversione di tendenza. Questa diminuzione è più evidente nei Paesi sviluppati. Ma quale può essere una delle possibili cause?
Effetto Flynn
Mi è capitato di leggere un testo su questo argomento sul sito del Sole 24 Ore – Alley Oop: “Secondo gli studi dello scienziato James Robert Flynn, il quoziente intellettivo della popolazione di alcuni Paesi ha presentato nel corso della seconda metà del 900 un trend crescente. Lo studio, pubblicato nel 1987 sul Psychological Bulletin, poneva a confronto le serie storiche dei risultati di test d’intelligenza effettuati su alcuni bambini di diversi Paesi rilevando come, in un arco temporale di 25 anni, il quoziente intellettivo dei ragazzi fosse aumentato mediamente di 8 punti”.
La deduzione dello scienziato fu la seguente: nelle nazioni più “sviluppate”, indipendentemente dalla cultura di appartenenza, il QI aumentasse da una generazione all’altra in una misura che oscilla tra i 5 e i 25 punti. Da ciò si iniziò a pensare alla possibilità di una progressione infinita sulla scala dell’intelligenza.
L’impoverimento del linguaggio
Questa euforia è tuttavia diminuita all’inizio degli anni 2000 quando, sulla base di alcune ricerche empiriche, l’Università di Oslo ha riscontrato che tra il 1970 e il 1993 l’effetto Flynn aveva ridotto la sua portata. Negli anni successivi questo rallentamento ha trovato ulteriori conferme, fino alle considerazioni più recenti nelle quali si evidenzia come il trend si sia in realtà capovolto e come da un anno all’altro l’indicatore sembri diminuire mediamente di una percentuale che varia tra lo 0,25 e lo 0,50.
Una delle possibili cause identificate, potrebbe essere dovuta all’impoverimento del linguaggio. La conoscenza lessicale e la complessità linguistica sono in calo. Non solo usiamo un vocabolario ridotto, ma stiamo anche perdendo sottigliezze linguistiche cruciali per un pensiero approfondito. La decrescente utilizzazione di tempi verbali specifici come congiuntivo o imperfetto, ci limita in un pensiero ancorato al presente. Il risultato è quindi la privazione delle sfumature temporali. Ecco allora l’incapacità di esprimere fasi di transizione e sfumature emotive. Abbiamo difficoltà ad esprimere le nostre emozioni. Questo può essere anche collegato ad uno spropositato della violenza. Si sa, quando le parole non riescono ad esprimere, o c’è il vuoto o c’è la violenza.
Pensieri critici
Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c’è pensiero senza parole. Sebbene le lingue nel corso del tempo subiscono cambiamenti naturali, è importante ribadire che, nella necessità di semplificare l’ortografia, sfrondare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature – quindi bypassare tutto ciò che crea complessità – si rischia di conseguenza un impoverimento della mente umana. Seguiranno articoli più approfonditi su questa tema.