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“Laura coraggio”: intervista a Mariarosaria Canzano

Grazia Sposito 02/04/2022
Updated 2022/04/02 at 11:01 AM
17 Minuti per la lettura

Il 2 aprile è la Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo (WAAD, World Autism Awareness Day). Una giornata riconosciuta a livello internazionale per incoraggiare gli Stati membri delle Nazioni Unite ad una maggiore sensibilizzazione rispetto all’autismo. Per questa occasione abbiamo intervistato Mariarosaria Canzano, autrice del libro “Laura coraggio”.

È il suo primo libro che ha scritto sull’autismo e sulla storia di sua figlia affetta dalla sindrome dello spettro autistico. Mariarosaria ha sempre avuto il forte desiderio di lasciare una traccia importante sulla sua esperienza da mamma di Laura. Un percorso di vita che l’ha segnata dal punto di vista umano e sociale, psicologico e relazionale. In uno dei tanti ricoveri lì al Meyer, ha deciso di mettere nero su bianco tutte le sue emozioni e di canalizzare la sua rabbia affinché l’esperienza e la storia di Laura diventassero l’esperienza e la storia di tante famiglie che come lei affrontano la disabilità. Dove c’è bisogno di tanta forza per andare avanti e coraggio per superare le avversità, nel momento in cui a tua figlia viene riconosciuta una disabilità così abbastanza complessa.  La mamma di Laura ci insegna quanto la forza di una madre è disarmante, ma anche come ogni minuto di un genitore e una ragazza affetta da una condizione di autismo può essere difficile a confrontarsi con una società impreparata.

Ecco che per Magazine Informare, Mariarosaria ci racconta della sua Laura coraggio, di come dal dolore si può rinascere, anzi si deve rinascere

Ciao Mariarosaria, grazie per questa intervista, mi sento fortunata quando sul mio cammino incontro storie di disabilità raccontate nei libri. Inizierei proprio da qui, com’è nata l’idea, il desiderio di scrivere il libro?

«L’idea di scrivere il libro è nata negli anni che mi hanno vista tra i due ospedali che hanno ospitato Laura, sia quando accertato la diagnosi di autismo e sia quando abbiamo avuto la conferma; tra il Meyer e lo Stella Maris. In anni lunghissimi di ricoveri, ti parlo di quasi tredici anni di degenza sugli ospedali, e queste pagine nascono da qui, quando ha si ha proprio il bisogno, la necessità, il desiderio di incanalare la rabbia, la frustrazione, il dolore, la paura e l’inadeguatezza dopo aver ricevuto la diagnosi di autismo. E si decide di trasformare la paura, e questi sentimenti negativi, in coraggio. E, inevitabilmente, ti viene una forza dentro che riconosci essere parte della tua esistenza da quel momento, per cui tutte le tue paure e anche i sensi di colpa che provi dopo aver ricevuto, una diagnosi così importante di disabilità legata all’autismo, lasciano poi spazio alla forza, al coraggio e una fede ritrovata. Per cui, si decide anche di incanalare le emozioni, e di dare a queste a queste emozioni una connotazione necessariamente positiva, per cercare di trovare del buono, in una diagnosi che purtroppo, di buono non ha nulla. Quindi, il libro è nato anche per spiegare ai genitori che si affacciano per la prima volta al mondo dell’autismo che cos’è questa neuro diversità, affinché diventi per loro un prontuario, un vademecum. Affinché esso diventi un libro che possono consultare momento in cui viene qualche dubbio, qualche perplessità. E, poi nasce anche per raccontare attraverso la mia storia, e quella di Laura tanta esperienza, tante fasi che accompagnano un genitore da quando viene comunicata la diagnosi di autismo: come poi bisogna adoperarsi, attrezzarsi, cosa bisogna fare da quel momento in poi. E come se da un momento all’altro il passato non esista più, esiste il nuovo presente che devo costruirmi con mia figlia, per garantire alla mia bambina che poi sarà una donna un futuro degente e un mondo vivibile. In cui anche mia figlia possa trovare la sua collegazione come tutti i ragazzi normodotati».

Laura è una ragazza di 18 anni, bruna, alta, occhi scuri e capelli neri. Laura è soprattutto una ragazza abbastanza matura che riconosce i suoi “limiti”. Come affronta e come occupa le sue giornate?

«Laura oggi è una ragazza di 18 anni, molto intelligente e molto sensibile. Ed è soprattutto, una ragazza che vive la sua condizione, e molti non amano il fatto che l’autismo possa essere definito come una condizione. Ma, in realtà, purtroppo lo è, in quanto quando si parla di condizioni si parla di una situazione che persevera nel tempo. È l’autismo, è una situazione del perseverare il tempo, proprio perché non essendo una malattia ma una neuro diversità, una sindrome dello spettro dell’autismo non è curabile. Laura, è talmente consapevole del suo autismo, che ogni volta che qualcuno le fa una domanda e lei non si gira subito o è assorta nel suo mondo, subito risponde: “io non sono sorda, ma sono autistica”. E, quando le si chiede che cos’è l’autismo, lei tranquillamente risponde che non è una malattia ma è una neuro diversità. Non si sente una persona disabile, non si sente una persona limitata, si sente soprattutto una ragazza il cui funzionamento cognitivo, intellettivo, e le sue funzioni occupazionali hanno un altro modo di interconnettersi e quindi di interagire. Laura nella sua disabilità, mette in atto tante abilità differenti, che non solo prendono il sopravvento su quelli che sono i suoi limiti, ma compensano, in pieno, quelle che sono le sue oggettive limitazioni. Perché Laura, essendo una donna di quasi diciannove anni tante cose non le può fare, come ogni ragazza della sua età. Lei non può entrare in un ristorante, entrare in un luogo affollato, relazionarsi con le persone, tenere una conversazione interattiva con le persone, frequentare posti chiusi come ad esempio andare al cinema, al teatro. Non può fare perché, la vicinanza dell’altre persone, Laura la percepisce come una minaccia, e quindi ama l’isolamento sociale. Laura è autistica, nella misura in cui ha difficoltà a relazionarsi con gli altri. Io, faccio sempre questo sottile esempio, quando parlo di mia figlia: Laura non è una ragazzina che ascolta, ma sente. Nel senso che dal punto di vista del sistema foniatrico, Laura parla e ascolta, ma Laura non comunica. Ecco, avverte suoni, avverte la voce ma non ascolta, quindi non è in comunicazione attiva nella relazione, ma soprattutto ha difficoltà comunicative, cioè risponde a domande, ma non è una ragazza che assolutamente ha comunicazione relazionale in un rapporto di gruppo. È assolta in un mondo, che è molto parallelo al nostro, ed è un mondo fatto di pensieri che saltano da un argomento all’altro e sono talvolta molto decontestualizzati: è questa la disabilità di Laura che la rende una persona, purtroppo con i suoi limiti. Laura, affronta le sue giornate in maniera molto autonoma, la mattina si alza, si lava, si pettina, si veste, ha un po’ di difficoltà per i lacci, quindi ci sono io che ho evitato che andasse nel panico e quindi l’ho comprato le scarpe senza lacci. Incentivo molto l’autonomia di mia figlia. Ogni mattina va al centro sociale, che si chiama “La fabbrica”, è un centro dove lei fa molta attività occupazionale, relazionale e d‘incitamento all’autonomia personale. Poi il pomeriggio torna, e candisce i suoi pomeriggi facendo ippoterapia, pet therapy, terapia gestionale, psicoterapia cognitivo comportamentale. Laura quando ha i suoi momenti no, ama girare in macchina e ascoltare le canzoni di Alessandra Amoroso».

La società ha spesso un atteggiamento ambivalente nei confronti della disabilità: a questo proposito secondo te, ad oggi la società quanto è pronta ad integrare i ragazzi come Laura?

«Questa è la domanda che più mi piace, ed è quella che per cui io mi batto ogni giorno. La società come la scuola, come gli altri enti, e come tutte quelle attività che ruotano intorno alla società, non è pronta al 100% ad integrare ragazzi come Laura. Questo per il solo motivo che la disabilità, nelle sue varie sfaccettature, nelle sue varie forme, spaventa il prossimo. Spaventa perché se ne parla troppo poco della parola disabilità, quindi la società tutta si trova a fronteggiare i ragazzi portatori di disabilità in maniera inadeguata. Perché le famiglie fino a qualche anno fa, e ti parlo di non tantissimi anni fa ma almeno fino a dieci, quindici anni fa, i genitori tendevano a proteggere i propri figli, a tenerli tutelati in un contesto abitativo familiare di iperprotezione. Per cui questi bambini, nel momento in cui si trovavano ad affrontare il discorso scuola o il discorso società si trovavano in grandissime difficoltà; sia loro ad essere inseriti, ad essere accolti, a sentirsi inclusi in un contesto sociale, sia gli stessi compagni e la stessa società ad includerli e ad integrarli.  Il discorso dell’inclusione è un discorso molto ampio dal classico discorso integrativo, io integro una persona e la faccio entrare nel mio gruppo. Includere, una persona significa farla sentire parte inclusiva, in toto di questo gruppo. Perso che la società non è pronta perché non è preparata, e quando io parlo attraverso il libro “Laura coraggio” di autismo, di disabilità non faccio altro che preparare maggiormente ai ragazzi al mondo della diversità. Perché quando una cosa non si conosce necessariamente spaventa. Come io evito il pregiudizio e superamento delle etichette sociale? Quando io parlo sempre di disabilità e d’autismo, faccio in modo che la neuro diversità di mia figlia diventi per la società una cosa normalissima. Una cosa che la si accetta, perché la si conosce. Quindi, quando io vedo in un supermercato un bambino che sfarfalla le mani o lancia gli oggetti, o è irascibile, o è un bambino che inizia a sudare e fare strani atteggiamenti con la bocca o con le mani, io non ho altro che di fronte un bambino affetto della sindrome dello spettro dell’autismo. Non ho un bambino viziato, non ho bambino capriccioso, ma un bambino affetto da questa neuro diversità. Se la società conosce, la società include e soprattutto interviene in modo propositivo e costruttivo per le famiglie che non si sentono sole e non vengono lasciate sole».

Il libro è soprattutto un inno di Forza e Coraggio. Come nasce il titolo “Laura coraggio!”?

«Ti ringrazio per aver chiuso con questa domanda stupenda, molto specifica. Sì, il libro è un inno di forza e di coraggio. Perché, la forza necessariamente ti viene quando tocchi il fondo e quando il pavimento sotto di te si sgretola. Per cui tutti i sogni, i desideri, le cose che un genitore sogno, soprattutto una mamma quando è incinta del proprio figlio, che immagina già un futuro per questa figlia che cresca bella e forte, vengono a cadere. Ad un certo punto si inceppa la vita di Laura, per un evento che è scritto nel libro, che io tendo a non dire perché non voglio che la medicina possa interferire su quello che è stato l’evento di mia figlia, scatenante dello spettro dell’autismo. E quindi, ti viene questa forza inevitabile per tutti i sogni, tutto quello che io ho pensato in gravidanza per Laura e poi l’ho vista nascere e crescere bella forte, ho sognato per lei l’università, un lavoro. A Laura non mancava nulla, per cui improvvisamente quando è arrivata la diagnosi di autismo, ho sentito dentro di me squarciarsi i sogni e ho visto sgretolarsi in pochi minuti la vita di Laura, in quello che poteva essere veramente il suo futuro. La forza è stata l’unica cosa che, insieme al coraggio, paradossalmente mi hanno salvata. Il coraggio perché è stata la mia ancora, nel momento in cui è arrivata la diagnosi ed ero sola in questa cameretta al Mayer a piangere col primario che come un fulmine a ciel sereno, e soprattutto con molta autorevolezza e con molta fermezza, mi disse: “signora i suoi sospetti non sono stati vani, Laura è autistica.” Senza girare intorno, senza tergiversare le parole, senza addolcire la pillola; perché giustamente noi mamme non siamo mai pronte, quando si tratta di un figlio, ad accettare la disabilità. Il coraggio è stato quell’appiglio che mi è venuto quando in secondo momento, io non avevo scelta che agire con il cuore. Mi sono poi alzata da questa valanga di ghiaccio che in quel momento mi ha inondata. “Laura coraggio” nasce proprio dal titolo che Laura mi ha dettato quando era al Mayer nel momento in cui si appresta per fare la risonanza magnetica. In questo corridoio al Mayer coloratissimo, immaginate una bambina di cinque anni minutina col suo pigiamino che si avvia con l’infermiera di turno per fare la risonanza in anestesia totale, si gira, mi guarda e mi dice “mamma non piangere, coraggio!”. E lì nasce il desiderio di doverlo a mia figlia, un libro che parla della sua storia, che racconti il coraggio di una madre che non si è mai abbattuta dinanzi alle difficoltà dell’autismo e che ne ha fatto del dolore una forza; e sono rinata da questo dolore come una Fenice che rinasce dalle sue ceneri. Dando la mia testimonianza di questo mio dolore, cercando di trasformare questo dolore in coraggio per trasferirlo agli altri genitori; affinché si sentano meno soli, perché riescano a capire che di fronte alla disabilità, alla menomazione tutto necessariamente si deve superare. Perché, quando non si hanno alternative e non si hanno purtroppo altre strade da percorrere, è quella più giusta è quella che rende la vita di tua figlia più degna per essere vissuta. Oggi Laura quando la guardo è veramente la mia Laura coraggio».

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