L’uso quotidiano e molto spesso eccessivo di Internet da parte dei più giovani è diventato oramai oggetto di preoccupazione di molti adulti.
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La creazione dei social network risale agli anni novanta e vede un’importante espansione nel decennio successivo, un’espansione così veloce tale che, ad oggi, possiamo constatare in prima persona come i social media siano diventati parte integrante della nostra vita: li portiamo sempre in giro con noi condividendo ciò che facciamo, dove siamo, a cosa pensiamo (…).Non credo che i nostri nonni avrebbero mai potuto immaginare un cambiamento così repentino dello stile di vita, condizionato dalla tecnologia, e sicuramente non si sarebbero mai potuti aspettare che le generazioni che hanno messo al mondo sarebbero state denominate con l’appellativo di nativi digitali, che, tra l’altro, è una delle prove più evidenti che internet e i social sono oramai profondamente radicati in noi. Questa espressione, infatti, è nata per indicare che i bambini sono immersi nel mondo internet già da piccolissimi, una conseguenza che riecheggia nelle loro vite.Troppe volte, infatti, sentiamo parlare di episodi di cyber bullismo, danni di immagine, diffamazione, furto di dati personali (…). Questo accade perché molto spesso si sopravvaluta la potenzialità del mezzo internet che, in realtà, se non viene usato correttamente, può provocare danni ingenti a noi e a chi ci circonda: non voglio essere catastrofista, ma, a mio avviso, bisogna ricordare a noi stessi che i social sono sì un mondo virtuale fatto, però, di reali pericoli.Tra questi uno dei più comuni nel quale i più giovani possono inciampare è quello di non saper distinguere il mondo online da quello offline. Questo purtroppo è un dato di fatto, che ha portato a dei danni irrimediabili: uno degli esempi più concreti è stato quello di Antonella, una bambina di soli dieci anni, che, il mese scorso, ha perso la vita per aver partecipato ad un’assurda sfida social denominata “Blackout Challenge” che invitava letteralmente i partecipanti a soffocarsi per provare sulla loro pelle che effetti provocava.Queste notizie così cupe devono necessariamente fare in modo di imporre a noi stessi di utilizzare in maniera conscia e non eccesiva i mezzi social: un messaggio mal comunicato e un commento di troppo potrebbero essere fatali per qualcun altro.
I bambini, con grande facilità, intercorrono in pericoli dovuti anche all’estrema semplicità con la quale possono iscriversi ai mezzi social. Ma cosa sono i social network? Si tratta di piattaforme digitali, tipicamente gratuite, che permettono interscambi di ogni tipo fra i propri iscritti.
La creazione dei social network risale agli anni novanta e vede un’importante espansione nel decennio successivo, un’espansione così veloce tale che, ad oggi, possiamo constatare in prima persona come i social media siano diventati parte integrante della nostra vita: li portiamo sempre in giro con noi condividendo ciò che facciamo, dove siamo, a cosa pensiamo (…).
Non credo che i nostri nonni avrebbero mai potuto immaginare un cambiamento così repentino dello stile di vita, condizionato dalla tecnologia, e sicuramente non si sarebbero mai potuti aspettare che le generazioni che hanno messo al mondo sarebbero state denominate con l’appellativo di nativi digitali, che, tra l’altro, è una delle prove più evidenti che internet e i social sono oramai profondamente radicati in noi. Questa espressione, infatti, è nata per indicare che i bambini sono immersi nel mondo internet già da piccolissimi, una conseguenza che riecheggia nelle loro vite.
Troppe volte, infatti, sentiamo parlare di episodi di cyber bullismo, danni di immagine, diffamazione, furto di dati personali (…). Questo accade perché molto spesso si sopravvaluta la potenzialità del mezzo internet che, in realtà, se non viene usato correttamente, può provocare danni ingenti a noi e a chi ci circonda: non voglio essere catastrofista, ma, a mio avviso, bisogna ricordare a noi stessi che i social sono sì un mondo virtuale fatto, però, di reali pericoli.
Tra questi uno dei più comuni nel quale i più giovani possono inciampare è quello di non saper distinguere il mondo online da quello offline. Questo purtroppo è un dato di fatto, che ha portato a dei danni irrimediabili: uno degli esempi più concreti è stato quello di Antonella, una bambina di soli dieci anni, che, il mese scorso, ha perso la vita per aver partecipato ad un’assurda sfida social denominata “Blackout Challenge” che invitava letteralmente i partecipanti a soffocarsi per provare sulla loro pelle che effetti provocava.
Queste notizie così cupe devono necessariamente fare in modo di imporre a noi stessi di utilizzare in maniera conscia e non eccesiva i mezzi social: un messaggio mal comunicato e un commento di troppo potrebbero essere fatali per qualcun altro.
di Palmina Falco