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I reperti dimenticati: la villa romana di Punta San Limato a Cellole

Redazione Informare 13/05/2021
Updated 2021/05/13 at 11:26 AM
5 Minuti per la lettura

Cellole con la bella villa romana di Punta San Limato (II sec. d. C.) i cui reperti sono al Museo Archeologico di Napoli (???)e nei depositi troppo capienti della Soprintendenza (???), o forse anche nel ricco Museo di Mondragone, conserva un fascinoso ‘mistero’: cosa è successo a questa splendida area archeologica? Perché è circondata da cancellate? Per sicurezza, certo, e poi?

Qui a Cellole si celebra ad agosto una Sagra della mozzarella e del vino Falerno che però non è il solo (ottimo) vino perché si produce anche il Terre cerase e il Vigna camarato per accompagnare la Signora mozzarella, ma anche i tipici fagioli dell’area cui è dedicata una sagra agostana voluta da Don Cosma Capomaccio (Dio l’abbia in gloria).

Ma siamo sull’Appia, la Regina viarum, avrebbe detto Stazio (Silvae, lib. II), sono a Punta San Limato e io parlo di fagioli, ancorché squisiti: sono qui per Tigellino e la sua villa circondata da canne fluttuanti al vento e fiori, fiori, tanti. Piccoli ranuncoli gialli, myosotis cerulei, rossi papaveri, ma la villa è irraggiungibile circondata com’è di necessarie reti di protezione. La casa accanto/dentro ai resti della villa, costruita da chissà chi chissà quando (sec. XVIII?) è per metà cadente, per metà perché l’altra metà è abitata e, dunque, curata.

E quest’altra metà di chi è? Chi dovrebbe averne cura? Soprintendenza? Comune? Non capisco. Accanto, una rimessa di tante barche, la sabbia fine e il mare luminoso mi mettono un po’ di allegria.

Ricordo con un brivido un articolo del ‘Corriere del Mezzogiorno’ di dieci anni fa, più o meno, che suonava sinistramente così: “È ridotta a pascolo di bufali. Nella casa del prefetto romano di Nerone restano solo carcasse di animali, rovine e devastazione”.

L’articolo partiva dal problema creato dalla caduta di un albero che aveva danneggiato la passerella impedendo l’ingresso ai visitatori. Oggi il problema è risolto: non ci sono più visitatori. La biglietteria è vuota, l’accesso interdetto.

Ho il dovere (e il piacere) di dire che molto è stato fatto, grazie all’impegno costante di Antonella Tomeo, con il restauro parziale dello splendido mosaico ‘marino’, ma molto, molto resta ancora da fare con gli ambienti completamente esposti alle intemperie e il criptoportico: già, che fine ha fatto? Silenzio e colpevoli dimenticanze.

Eppure stiamo parlando di un sito che Strabone ricordava per la ricchezza delle ville dei ricchi romani, numerose al punto che il litorale aveva preso l’aspetto di una città (V 4.8).

Embè?

Tutto dimenticato? Veramente non so (e non saprei a chi chiedere) che fine ha fatto il progetto del Parco Archeologico che sarebbe più che mai necessario, se è vero che poco più in là la Domitiana si innestava sull’Appia … Ricordo di averne parlato tanto (!) tempo fa con Stefano De Caro che tanto, ma tanto ha fatto per quest’area. E poi?

Intanto, cominciamo col dire che la splendida villa romana è stata quasi fagocitata dalla masseria San Limato che si erge alta in faccia al mare, mentre in basso fra cumuli di terra e fiori si affacciano ‘timidamente’ ambienti con volte a botte in opera mista. A nord l’area termale della villa con il frigidarium, a sud il calidarium e il tepidarium, ambienti con statue, mosaici, decori: stiamo parlando di una signora villa!

Dove sono questi elementi di decoro?

Una testa dell’imperatore Claudio, qualche iscrizione, una mano di Musa che regge una maschera di Sileno … ok, sono a Napoli (?) e il resto? Giace nel buio di qualche deposito: tutto inventariato?
Ma soprattutto, ripeto, che fine ha fatto il criptoportico?

Cellole ha da poco una nuova Amministrazione di giovani innamorati della loro città: nel pasticcio burocratico di un Bene pubblico ex principio quale è un Bene archeologico e la proprietà dell’area che credo sia del Comune, come si pone il Sindaco che ufficialmente rappresenta la città?

Conoscendoli, e apprezzandoli davvero, immagino che questi giovani Amministratori vogliano gestire l’area, pur sotto l’egida della Soprintendenza: per capirci, organizzare una guardiania, accompagnare i visitatori, non certo intervenire negli spazi di competenza propri della Soprintendenza. Ma questo si risolve con una Convenzione.

E poi? E’ possibile immaginare un piccolo Antiquarium, anche virtuale? O c’è qualche pazzo che pensa che i reperti possano star meglio in qualche deposito?

di Jolanda Capriglione

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