“Il cancro della Corruzione”: successo editoriale su temi di grande attualità
L’autore, il tenente colonnello dei carabinieri dr. Claudio Mazzarese Fardella Mungivera, è anche il responsabile della sicurezza al Comando NATO per il Sud Europa.
Il libro sta avendo un grandissimo successo, infatti, a tutti gli eventi pubblici nei quali è presentato, c’è sempre grande affluenza di cittadini. Oggi è facile affermare che i tristi episodi di corruzione inerenti, ad esempio, alla realizzazione dell’Expo Milano 2015 erano prevedibili, ma Lei aveva già delineato una situazione chiarissima con un supporto documentale notevole…
«Non solo l’Expo… Basta ricordare che l’Eni è stata accusata di pagare al governo nigeriano quasi sette miliardi di euro di tangenti per andare a estrarre petrolio in un territorio dove, a tanta ricchezza, corrisponde anche tanta gente che muore di fame. Questa è una doppia corruzione, perché c’è il fatto corruttivo in sé, quindi tu mi dai il petrolio ed io ti pago la tangente; poi c’è una corruzione di tipo morale, cioè con quale coraggio vai a togliere ricchezza ad un popolo che non ha da mangiare, quando con quella loro stessa ricchezza potrebbero vivere molto meglio?»
Qual è la Sua visione generale circa la corruzione: ha delle sfaccettature diverse a seconda dei Paesi oppure, fondamentalmente, segue sempre lo stesso iter?
«La corruzione è un fenomeno transnazionale e nessun popolo e nessun Paese ne è esente. È presente anche in quei Paesi dove le organizzazioni mondiali ci dicono che i livelli di corruzione percepiti dalla gente sono molto bassi. Esiste ovunque, perché la corruzione è un fenomeno che appartiene per sua natura all’uomo. C’è sempre qualcuno che ha tentato la scappatoia per ottenere denaro facile e, quindi, la corruzione diventa uno strumento per arrivare prima: ti pago la tangente, mi fai prendere l’appalto e mi arricchisco subito e, quindi, questo è un fenomeno che nella sua drammatica espansione ha ancora una sua drammatica presenza. Premesso questo, ci sono delle aree nel mondo dove questo fenomeno è ancora più percepito e in Italia abbiamo un primato abbastanza triste che è quello di essere collocati alla pari con il Ghana e la Macedonia. Non debbo continuare, già questo lascia intendere quanto sia diffuso. La corruzione è, inoltre, un alimentatore di povertà, perché chi più ha più avrà, mentre chi meno ha meno avrà. Chi è nei fenomeni corruttivi ci rimane, chi non lo è, rimane povero, con quello che gli resta. È un fenomeno che va assolutamente ridimensionato ed il ridimensionamento è possibile grazie all’aiuto e all’impegno sociale di Associazioni come la vostra».
È un problema di regole, di persone o di entrambe le cose?
«Io credo che il problema delle regole viene finalmente affrontato, nel senso che adesso veramente si sta parlando di figure giuridiche che prima non esistevano in Italia come il “whistleblower”, che tradotto in italiano vuol dire “colui che soffia il fischietto”, cioè la persona che all’interno dell’azienda può segnalare un fatto corruttivo al dirigente e avere poi una protezione per questa “soffiata”. In Italia questa figura non esisteva e adesso ce l’abbiamo. Si discute finalmente di norme contro l’autoriciclaggio, cioè di norme che puniscono quelle persone che acquisiscono soldi sporchi in un fatto corruttivo e poi lo riciclano in “soldi ripuliti”. Con le norme attuali non è ancora possibile intaccare/attaccare i beni o i servizi che sono stati generati dai “soldi ripuliti”, tuttavia il legislatore ci sta lavorando. Probabilmente tutte queste battaglie che sto facendo qualcuno le ha lette e addirittura ha copiato due pagine intere del mio libro in un disegno di legge presentato da un gruppo parlamentare molto giovane presente in parlamento. Ma non mi sono opposto o ribellato, perché il mio libro ha avuto un’utilità. Per rispondere compiutamente alla domanda, è utile ricordare che la parola corruzione deriva dal latino e significa “decomposizione”… La decomposizione è anche delle coscienze e de i rapporti. Una cosa che si decompone è una cosa che si scioglie. Un’amicizia si scioglie anche perché c’è stata scorrettezza nei confronti di qualcuno… Quindi, il rapporto si decompone, perché è corrotto… Io ho una visione molto ampia della corruzione che, quindi, non è solo legata allo scambio della mazzetta».

Il Suo ruolo di divulgatore può implicare un Suo impegno politico a breve?
«Io credo che una persona che ama il bene comune e la società in cui vive è partecipativo anche al miglioramento dell’ambiente stesso in cui vive. Io sono un fautore delle uguaglianze; uno che ama la lotta alle disuguaglianze sociali; uno che si incazza se vede una persona buttare del mangiare, mentre c’è chi ne ha bisogno; sono una persona che si turba quando si rende conto che c’è chi ha tanto e chi non ha nulla; sono una persona che sicuramente si dedica al bene comune. Ho sempre in mente i giovani, perché loro saranno il nostro futuro, ma anche perché i giovani di oggi hanno meno prospettive, perché probabilmente abbiamo generato una società tecnocratica, globale, asfittica, e la politica ha delle grandissime colpe. Oggi, al centro non ci sono valori come la famiglia, i nonni, il focolare, la domenica tutti insieme, ecc. Adesso al centro c’è il dio denaro, quindi, è normale che c’è chi tende ad arrivare prima al denaro attraverso le scappatoie, anche attraverso la corruzione. Dobbiamo fare un ragionamento inverso: se per politica intendi impegno sociale, allora io ti dico che amo fare politica e mi piacerà farla anche in un altro ruolo, ma solo a queste condizioni. Per me la politica non è una piazza dove si scende per un tornaconto personale. In giro ci sono tanti giovani che non sanno a chi appellarsi. Questi ragazzi, invece, devono vedere il cielo terso, l’orizzonte limpido, perché l’orizzonte che loro hanno è più lungo rispetto al nostro. La politica deve ritornare a fare la politica. Sono dell’idea che il politico la mattina si deve alzare e deve guardarsi allo specchio, farsi la barba, prendere il tram/pullman, camminare a piedi, servire e chiedere ai cittadini che problemi hanno e chiedere: “cosa posso fare per te ?”. La politica è un’arte nobile e proprio per questo non può essere relegata e non può essere delegata a chi invece pensa ai propri interessi. Il mio libro parla del mio Paese, perché io appartengo a questa terra, sono campano e vivo qua; ho una famiglia colpita dal cancro: mia madre è stata operata di cancro, io sono stato operato di cancro. Per la bonifica della terra dei fuochi mi sto battendo molto ed è un tema legato alla corruzione delle coscienze, quindi, un tema legato alla decomposizione morale di chi ha permesso tutto questo. Per questo ho voluto parlare anche della corruzione legata all’ambiente, della terra dei fuochi, dello scandalo della RESIT, del triangolo della morte, di tutto quello di cui si sta parlando e di cui per quelle cose molti parlano sempre per un tornaconto personale. Noi dobbiamo essere obiettivi e pensare che qui ci si rimette la pelle!»
Corruzione intesa come decomposizione e politica come bene comune… Teoricamente, questa dovrebbe essere l’unico mezzo attraverso il quale è possibile risorgere. Come facciamo a ripartire attraverso la politica se di voci come la Sua ce ne sono poche?
«Io non sono pessimista e già il fatto che ho una speranza mi porta ad essere propositivo, mi porta a scrivere, a divulgare e a non fermarmi mai. Io credo, però, che in Italia non ci sia un concreto ricambio generazionale, anche se molti giovani sono entrati in parlamento con le stimmate di onestà politica, intesa come servizio. Esistono, infatti, ancora altri due tipi di corruzione: quella a norma di legge (che comprende quegli atti che è stesso la legge a consentirteli di fare) e quella legata all’impreparazione culturale di nostri molti politici, cioè la corruzione legata a persone che sono andate in Parlamento, ma non hanno sostanza culturale, preparazione e non hanno contezza del compito che sono andati a svolgere. Poi è normale che devono fare il copia e incolla dal mio libro. Un Paese che vuole veramente ripartire e rinascere, che vuole ricostruire la linfa etica, è un paese che non può prescindere dalla cultura: la cultura è uno strumento, un vettore, una locomotiva sulla quale bisogna ripartire, perché un Paese senza cultura è un Paese che è destinato a scendere verso il baratro. La cultura ci porta a distinguerci. Noi siamo un Paese di cultura millenaria, basti pensare a Dante Alighieri, Giotto, Cimabue, Leonardo, Enrico Fermi, a Marconi, Volta… Pensate che “teste” ha sfornato questo Paese ed è molto probabile che tante altre continuino a nascere, ma c’è una evidente regressione del sistema nel dare delle concrete possibilità a queste “teste” per poter emergere, quindi, qui entra un altro problema in gioco ed è la meritocrazia. Un paese all’avanguardia non può prescindere dal merito. Noi non possiamo continuare a pensare alle logiche di spartizione dei partiti. I posti chiave vanno scelti a concorso, tra i migliori, altrimenti si mettono in moto meccanismi irreversibili per i quali si è sempre destinati a scivolare verso il basso e non a tendere verso l’alto. Sono un tenente colonello dei Carabinieri e mi occupo di sicurezza alla base NATO di Lago Patria, il che significa sicurezza documentale e poi fisica delle installazioni e di tutti i reparti che, a vario titolo, la NATO impiega sui vari territori. La competenza reale di questo comando è estremamente ampia: noi abbracciamo tutto il sud Europa, l’Africa settentrionale e il Medio Oriente. Lavoriamo per la pace, non esistono armi, cioè l’organizzazione NATO non è un organizzazione che lancia bombe. La NATO è un organismo internazionale che fa cooperazione e mette d’accordo gli Stati e membri per la pace non per le guerre. La NATO è un patto di alleanza tra paesi e nasce subito dopo la seconda Guerra Mondiale. Ha una giurisdizione sul sud Europa e sul Medio Oriente, si è occupata di tutti i problemi connessi agli scontri nei Balcani, quando ci fu la disgregazione dell’ex Jugoslavia, mentre ora si occupa dei problemi connessi all’Iran e all’Iraq che non dipendono da fattori religiosi. Non c’è nessuna religione al mondo che istiga all’odio, non c’è religione che possiede un dettame per il quale bisogna annientare il nemico; le azioni criminali che si sono verificate, ad esempio, a Parigi, sono terrorismo puro. L’Isis non è altro che una frangia terroristica, la religione è una scusa».
L’Isis è uscita fuori in questo periodo storico, c’entra qualcosa l’era attuale che stiamo vivendo oppure non ci sono riferimenti?
«Il termine crisi deriva dal greco krisis e significa cambiamento. Crisi non è una brutta parola e l’uomo la conosce molto bene perché la specie umana, nel corso della sua millenaria presenza sul pianeta, ha sempre vissuto momenti di alti e bassi e quindi di crisi. In genere dalle crisi si esce come persone migliori; dalle crisi più recenti, però, sono uscite delle situazioni non tanto favorevoli; mi riferisco alla crisi del ’29 e del ’30 che ha portato poi alla seconda guerra mondiale. Credo che questa sia una crisi che porterà dei cambiamenti positivi. Tutte le forme terroristiche sono figlie della crisi, anche il terrorismo che abbiamo vissuto noi in Italia negli anni ’70, con le cosiddette Brigate Rosse, era figlio di un momento storico nel quale venivamo dal boom economico degli anni ’60. Credo che così come l’Italia ha superato in maniera forte quel terrorismo di tipo locale, anche che la comunità internazionale riuscirà ad affrontare l’Isis anche perché credo che saranno i musulmani stessi ad isolarli».

Lei ritiene che siano conflittuali, coerenti o giustificate le posizioni europee, americane e inglesi nei confronti degli ostaggi e delle richieste di trattative che vengono fatte in genere?
«Credo che le situazioni vadano analizzate caso per caso. Noi in Italia abbiamo avuto il caso Aldo Moro; si parlò di riscatto, se pagarlo o meno, e noi tutti sappiamo come è andata a finire. La loro è la cosiddetta strategia del terrore, il loro obiettivo è quello di incutere una sorta di assoggettamento, un po’ come i mafiosi. Il primo dogma dell’associazione mafiosa è quello di intimidire proprio come il terrorismo, che io definisco criminale, che con le decapitazioni cerca di intimorire le culture diverse dalla loro, se vogliamo definirla tale. Intanto bisogna stare tranquilli, perché il nostro paese è lontano da questi scenari, ma noi tutti non possiamo ignorarli, perché l’atteggiamento dello struzzo, di colui che mette la testa sotto la sabbia facendo finta di nulla, non è corretto, soprattutto in virtù del fatto che noi come Paese facciamo parte di un’alleanza come la Nato e apparteniamo all’ONU, massimo organismo internazionale di cooperazione per la pace. Con la storia dei veti è sempre difficile mettere d’accordo tutti e l’ONU ha una reattività prossima allo zero rispetto alle crisi internazionali. La NATO, invece, si è dimostrato un organismo più pronto, più reattivo e preparato all’eventualità di interventi con finalità umanitarie e per la pace. L’Italia, secondo la Costituzione, ripudia la guerra; noi non possiamo andare in guerra, però negli anni l’Italia ha partecipato a tante missioni che vengono definite “Peacekeeping and Peacebuilding Operations“ e sono operazioni per il mantenimento della pace o per la sua costruzione».
Nella nuova baso NATO, situata a Lago Patria, che miglioramenti funzionali e tecnologici sono stati introdotti ?
«La base Bagnoli, dal punto di vista strutturale, era segnata dal tempo, ma abbastanza funzionale grazie ai continui interventi di manutenzione. Questa di Lago Patria è una base costruita ex novo, costruita dalla nazione italiana, è un nostro bene ed è anche una struttura molto bella; sono presenti ufficiali di circa 27 Paesi esteri ed è difficile trovare gentaglia. Il territorio sta sicuramente beneficiando di queste presenze che girano costantemente in uniforme, garantendo una maggiore sicurezza e portando un messaggio di speranza per chi in questo territorio ci vive»
di Fabio Corsaro e Angelo Morlando
Servizio fotografico a cura di Antonio Ocone
Tratto da Informare n° 142 Febbraio 2015