Lo scorso 14 dicembre il Senato ha approvato il testo del DDL 2801, approvato alla Camera il 20 aprile 2017. La legge, intitolata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, risolve definitivamente lo spinoso tema del testamento biologico ed è riassumibile in 8 punti salienti.
- Art. 1 ‘Consenso informato’: “nel diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona, la legge stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata”.
- Art. 2 ‘Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e dignità nella fase finale della vita’: la legge garantisce “un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38”, con esplicito riferimento alla “sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”.
- Art. 3 ‘Minori e incapaci’: riconosce a tali persone il “diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione”.
- Art. 4 ‘Disposizioni anticipate di trattamento’: “ogni persona maggiorenne, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari”.
- Art. 5 ‘Pianificazione condivisa delle cure’: “la pianificazione delle cure è definita tra l’équipe sanitaria e il paziente e, con il suo consenso, i suoi familiari o la parte dell’unione civile o il convivente ovvero una persona di sua fiducia”.
- Art. 6 ‘Norma transitoria’: “ai documenti depositati presso il Comune di residenza o presso un notaio prima della data di entrata in vigore della legge si applicano le disposizioni della medesima legge”.
- Art. 7 ‘Clausola di invarianza finanziaria’: “le Amministrazioni pubbliche interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni della presente legge senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
- Art. 8 ‘Relazione alle Camere’: “le Regioni sono tenute a fornire le informazioni entro il mese di febbraio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministero della salute”.
Con il video-testamento di Marina Ripa di Meana, deceduta lo scorso 5 gennaio, si sono sollevate numerose polemiche sulle pratiche di fine vita, sui diritti del malato e sulla differenza tra eutanasia e sedazione palliativa profonda. Il dott. Luciano Orsi, vicepresidente della Società Italiana di Cure Palliative, spiega: «L’intervento palliativo è un atto terapeutico con cui si vuole liberare il malato dal dolore nei giorni terminali di malattia e in presenza di grandi sofferenze non controllabili con altre terapie. Si usano farmaci sedativi, non la morfina. L’eutanasia, invece, è la volontà di porre fine alla vita attraverso un farmaco, su esplicita richiesta del malato». Si sospendono dunque idratazione e alimentazione perché inutili e dannose in un malato terminale, si somministrano invece sedativi, farmaci contro il dolore, farmaci per ridurre le secrezioni bronchiali e si supporta il paziente con la massima assistenza infermieristica. «Il medico ha il dovere di informare il paziente e di stabilire con lui il momento della sedazione, che è una procedura eticamente doverosa a cui il medico non può fare obiezione», aggiunge il dott. Orsi. La sedazione palliativa profonda, ormai istituzionalizzata, diventa pertanto un diritto per i cittadini e un dovere per ogni medico ed ogni struttura sanitaria. Non sarà possibile ricorrere all’obiezione di coscienza, come accade per la 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, e i medici dovranno non solo accogliere le volontà espresse dal paziente, anche quando non sarà più in grado di decidere ricorrendo alle sue Disposizioni Anticipate di Trattamento, ma pure di informarlo. Il comma 9 dell’art. 1 della legge enuncia. “Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei princìpi di cui alla presente legge, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale”. Se una struttura sanitaria pubblica viola le leggi in materia sanitaria, la Regione ha l’obbligo di nominare un nuovo direttore generale. In caso di violazione di una struttura privata, la Regione ha l’obbligo di chiuderla in attesa di applicazione delle norme. L’Italia, che non eccelle nel riconoscimento e nell’applicazione dei diritti umani e civili, questa volta è riuscita a partorire una legge che tutela un diritto. Quando si vegeta in uno stato di prostrante dipendenza o quando le sofferenze sono talmente atroci da sperare di non vedere un nuovo giorno, la morte diventa un diritto legittimo e inviolabile esattamente come quello ad una vita dignitosa. Scendiamo allora dal pulpito dei detentori di verità, incarniamoci in un malato terminale, ricordiamo il valore della pietas e siamo umani, prima che uomini.
Tratto da Informare n° 178 Febbraio 2018