Si è soliti vedere e concepire erroneamente l’arte come qualcosa di molto lontano dalla realtà che stiamo vivendo. Questo perché lo staticismo di un quadro contrasta con la realtà aumentata e tridimensionale a cui la rivoluzione tecnologica ci ha fatto abituare.
E invece l’arte può essere travolta da questo inevitabile cambiamento, posizionandosi a metà strada tra il mondo più tradizionale e il mondo più innovativo.
«L’idea nasce dal voler rendere partecipi fisicamente le persone.Mi sono messa a studiare la tecnologia. Mi sono resa conto che stiamo tutto il tempo con gli smartphone in mano ed ho intuito che quello era lo strumento che poteva essere combinato con l’arte. Bisognava far incrociare la realtà bidimensionale di un’opera d’arte con quella aumentata.»«Tutto questo mi ha portato a coinvolgere soprattutto le nuove generazioni.Le mostre dal pubblico giovanile vengono viste come qualcosa di fortemente noioso e invece in questo caso il risultato è anche ludico e giocoso e comporta un coinvolgimento generale, senza mettere da parte quella che è la pittura vera e propria, perché queste sono opere che realizzo in acrilico, olio, curando ogni minimo dettaglio.Combino la pittura più tradizionale con la tecnologia più contemporanea.»
A dimostrarlo, le idee e i progetti di Vanna Veglia, artista napoletana che ha tradotto dinamismo e interazione in opere tecnologiche e multimediali, riscontrando un enorme successo.
Vanna Veglia circa un anno fa ha presentato la sua prima installazione multimediale “Appareo Ergo Sum”: il fruitore viene proiettato nella cornice posizionata alle proprie spalle e diventa il protagonista dell’opera.
Il successo l’ha raggiunto con opere realizzate in pittura che prendono vita e cominciano a muoversi attraverso uno smartphone.
Scaricando l’applicazione ARTIVIVE e inquadrando il quadro si apre un vero e proprio video in cui l’immagine ritratta comincia a muoversi.
«L’idea nasce dal voler rendere partecipi fisicamente le persone.
Mi sono messa a studiare la tecnologia. Mi sono resa conto che stiamo tutto il tempo con gli smartphone in mano ed ho intuito che quello era lo strumento che poteva essere combinato con l’arte. Bisognava far incrociare la realtà bidimensionale di un’opera d’arte con quella aumentata.»
ha raccontato Vanna Veglia ad Informare.
Queste opere sono poi destinate a mostre, eventi, concorsi, laddove è richiesta un’esposizione più interattiva e dinamica perché è proprio la necessità di dinamismo la base dell’idea.
Dinamismo che porta Vanna ad affrontare un accurato lavoro non soltanto artistico ma anche informatico e tecnologico prima di ultimare un’installazione. Questo modo “alternativo” di fare arte risulta essere molto più coinvolgente.
Il valore artistico dell’opera non viene stravolto, si fornisce solo uno strumento di lettura e interpretazione diverso che non è più quello dell’occhio nudo e non si basa più soltanto sulla bidimensionalità della tela.
«Tutto questo mi ha portato a coinvolgere soprattutto le nuove generazioni.
Le mostre dal pubblico giovanile vengono viste come qualcosa di fortemente noioso e invece in questo caso il risultato è anche ludico e giocoso e comporta un coinvolgimento generale, senza mettere da parte quella che è la pittura vera e propria, perché queste sono opere che realizzo in acrilico, olio, curando ogni minimo dettaglio.
Combino la pittura più tradizionale con la tecnologia più contemporanea.»
Oggi la realtà che viviamo e a cui si dà peso è, purtroppo o per fortuna, una realtà virtuale.
Di conseguenza, “innovare” l’arte combinandola con strumenti tecnologici permette di far avvicinare giovani e adulti all’arte stessa e di far cogliere il valore e i messaggi che ne derivano.
Non dimentichiamoci che l’arte è cultura.
di Mara Parretta
TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE N°193
MAGGIO 2019