Valerio Lundini e i Vazzanikki al Belvedere di San Leucio
Assistere ad un concerto dei Vazzanikki, se non lo sapete, richiede probabilmente l’attenzione ai dettagli che riservereste a un film di Kubrick e un senso dell’umorismo contorto almeno la metà di quello dei componenti del gruppo.
E sì perché i giochi di parole, i riferimenti, le frecciatine e tutto il bouquet di sarcasmo non si paleserà in maniera immediata, potrebbe capitare qualche ora o addirittura qualche giorno dopo di capire una determinata cosa e ridere come un pazzo senza un apparente motivo.
Ma partiamo dall’inizio. Valerio Lundini, come la maggior parte di voi, l’ho conosciuto grazie alla sua Pezza di Rai 2 e con lui i Vazzanikki, il gruppo col quale suona. Quando ho saputo che il loro tour avrebbe fatto tappa a San Leucio non mi sono potuto esimere dall’andare a testare con mano quell’umorismo mortale che mi teneva incollato di notte sul secondo canale.
Che il Belvedere di San Leucio sia una cornice stupenda per ogni genere di spettacolo è risaputo e stavolta non è stato da meno. Cosa importante di cui tenere conto è la performance tecnica del gruppo. Questi ultimi hanno veramente un gran talento musicale, partendo dalla voce di Andrea Angelucci, avvolgente e potente, per finire con gli strumenti di Carmelo Avanzato, Gianluca Sassaroli, Flavio de Novellis, Olimpio Riccardi e lo stesso Lundi.
I Vazzanikki, oltre che uno spettacolo musicale, mettono in piedi un vero e proprio numero di “magia” comica e come ogni buon numero di magia lavorano col mazzo truccato. Lo spettatore è consapevole dei trucchi, sa ovviamente che quello di Bango Bongo è un falso incidente, che non c’è nessuna Giovanna che sta partorendo, che i Vazzanikki non hanno passato il loro lockdown a Paperopli, eppure, il livello recitativo del gruppo è talmente altro che, come al cinema, sospendi la tua incredulità e ti lasci trasportare dalle assurde e geniali menzogne che si celano dietro ogni brano.
Sarebbe quasi lapalissiano dirlo, ma il bello della musica dal vivo è la maggiore interazione che il pubblico ha con gli artisti. In questo caso, però, l’interazione raggiunge dei livelli “diversi”. Attenzione non migliori o peggiori, solo diversi.
Ne è un esempio la richiesta (praticamente ricattatoria) di follower al pubblico, che consisteva nello stridere disarmonico di tutti gli strumenti fino al raggiungimento in live di un certo numero di seguaci su Instagram. O la raccolta delle offerte, per opera di Lundini e Angelucci, col cappello in mano in mezzo al pubblico. Sono cose che, come il resto della comunicazione dei Vazzanikki, ti lascia basito.
Le punte di diamante dello spettacolo sono state sicuramente le due ospitate, quella di Ghemon e soprattutto quella di Tony Tammaro. Ve lo assicuro, vedere il maestro Tammaro che canta il Rock dei tamarri insieme ai Vazzanikki in live, è un prezioso ritratto umoristico della nostra generazione che non tornerà mai più.
Il tour dei Vazzanikki è ancora lungo e se ne avete la possibilità vi consiglio vivamente di andarli ad ascoltare. Le due ore e mezza di concerto ripagheranno abbondantemente il costo del biglietto.
Se quello che vi ho detto fin ora non vi dovesse bastare, sappiate che il linguaggio e i termini utilizzati durante lo spettacolo sono diversi e assai più ampi e colorati di quelli che vedrete sui canali nazionali, pertanto Lundini e i Vazzanikki non avranno alcun tipo di freno.