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Un viaggio nell’Archivio di Stato: la casa delle storie di Napoli

Luisa Del Prete 12/05/2023
Updated 2023/05/11 at 4:18 PM
9 Minuti per la lettura

«Questo posto, quando arrivai, non lo varcava nessuno: i nostri dirimpettai non sapevano neanche qui dentro cosa ci fosse»: è ciò che afferma Candida Carrino, attuale Direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli. Ed era effettivamente così: un luogo della cultura, un po’ abbandonato a sé stesso o comunque riservato a quella nicchia di persone che già conoscevano quel posto in quanto tale. Spesso anche a me è capitato di girare per Napoli e di passarci davanti, senza neanche rendermi conto della storia e delle bellezze che l’Archivio di Stato contiene.

«Il mio obiettivo, da quando faccio il Direttore, – afferma Candida Carrino – è che le storie che ci sono qui dentro possano essere capite da tutti; punto tutto sul concetto della “public history”: per far sì che la ricerca storica non sia solo per gli specialisti ed affinché tutte le persone riescano a comprendere il vero valore della storia. Infatti, proprio per questo motivo, quando a breve all’Archivio di Stato finiranno i lavori UNESCO, lo chiameremo “La casa delle storie”». Aperto tutti i giorni per l’attività di consultazione del materiale presente, questa grandissima struttura offre molto di più. Tantissime sono le iniziative messe in atto dalla Direttrice Carrino con il suo team di specialisti: mostre, convegni, concerti, presentazioni di libri, spettacoli teatrali e visite guidate per chiunque si metta in contatto con loro. Ma che cos’è oggi l’Archivio di Stato e, soprattutto, che valore ha per la città di Napoli? «È tutto – afferma la Direttrice -. Perché in questo Archivio non c’è solo la storia della città di Napoli: dobbiamo ricordare che prima era la Capitale di un Regno, quello delle due Sicilie, quindi c’è il racconto di tutto il cuore del Sud Italia».

LA RINASCITA DELL’ARCHIVIO DI STATO

Ma d’altronde, si sa, le belle storie per essere comprese, devono avere soprattutto un’importante diffusione sui canali social, indispensabili ormai per qualsiasi tipo di attività. E, perché no, anche per un Archivio di Stato. «Io sono arrivata qui nel settembre del 2019, quindi poco prima della pandemia, e quando eravamo in lockdown abbiamo aperto tutti i canali social; prima c’era solo un piccolo sito, molto alla buona e inadeguato per i nostri 70 km di documenti e 2800 metri quadrati di struttura. Ma, soprattutto, era impossibile pensare che nessuno sapesse nulla: così abbiamo iniziato a lavorare sulla comunicazione. Volevamo trovare qualcosa di vicino alle persone e, ad esempio, visto che nell’Archivio abbiamo conservato i documenti delle Corporazioni religiose soppresse dei Monasteri femminili, dove ci sono le ricette, abbiamo messo quella della pastiera nel giorno di Pasqua. Dobbiamo far capire che la storia serve per comprendere meglio il mondo e quindi per agire meglio: questo è il senso che io sto dando alla mia Direzione qui. Grazie a questa svolta nella comunicazione, anche i napoletani si sono molto avvicinati. Siamo arrivati a cifre importanti per un Archivio di Stato con oltre 20mila visualizzazioni per i nostri post: la gente ci segue con piacere e viene con altrettanto piacere a trovarci qui» continua Candida Carrino.

FURTI… E ANEDDOTI!

Come ogni luogo della cultura, purtroppo anche questo è sottoposto al trafugamento di beni culturali, ma all’Archivio di Stato di Napoli è successo qualcosa di veramente singolare. «Sì, ci sono stati dei furti, negli anni, ma qui accade un altro fenomeno, molto particolare: ogni tanto ci arrivano dei pacchi anonimi con dei documenti. Quindi, grazie a questi gesti, abbiamo la possibilità di reintegrare il materiale perso. Poi noi lavoriamo a stretto contatto con i Carabinieri del TPC perché, monitorando spesso le aste, riescono ad intercettare le carte storiche che illecitamente vengono vendute online.

Un ritrovamento importante, più che altro una barzelletta/aneddoto, è stato quando abbiamo messo sul nostro sito una lettera di Ferdinando a Carolina per testimoniare la gentilezza e l’affetto del Re nei confronti della Regina. Dopo aver pubblicato questa cosa, riceviamo il commento da una persona che dice di avere queste carte. Poteva anche essere un millantatore quindi noi non diamo molto peso al commento e decidiamo di aspettare. Dopo un po’, pubblichiamo un’altra cosa e questa persona ci scrive nuovamente dicendo: “Menomale che io ho le lettere perché se stavano nell’Archivio nessuno le poteva vedere”. A questo punto, dato che diceva anche il falso poiché il nostro materiale è tutto consultabile gratuitamente, decidiamo di metterci in contatto con i Carabinieri del Nucleo Tutela, i quali sono andati subito in casa sua e gli hanno sequestrato 150 documenti e, successivamente, ha ricevuto anche una condanna penale» conclude la Direttrice Carrino.

LE NOVITÀ DELL’ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI

Tantissime sono le iniziative che l’Archivio di Stato porta avanti: dalla mostra del giocattolo dello scorso dicembre: in un mese ha ricevuto oltre 23 mila visitatori, la maggior parte bambini, per ammirare i 6 mila pezzi in esposizione, dal ‘700 ai nostri giorni. O, ancora, l’apertura di 4 posti per le misure alternative alla pena. Ma non solo: «Un’altra cosa a cui invece tengo particolarmente – afferma Candida Carrino – è questa: la legge italiana prevede che i bambini non entrino nelle biblioteche e negli archivi, devono avere più di 18 anni. Qui capita spesso che vengono genitori per fotografare documenti o fare qualche ricerca, portando con loro dei bambini. Dunque, noi abbiamo creato, affianco alla sala studio, una stanza collegata per le mamme e i papà accompagnati dai bambini con un fasciatoio, scalda biberon, frigorifero, scrivanie piccole per bambini: per far sì che i genitori con figli non siano più costretti a privarsi di nulla. Io ricordo che, quando ero giovane e studiavo, dovevo nascondere mio figlio piccolo nella borsa per riuscire ad entrare nella Biblioteca Nazionale: qui sto provando ad aggiustare anche tutte le cose per cui ho sofferto».

UN’APPLICAZIONE CHE CI COLLEGA AL PASSATO

Ma questa realtà completamente trasformata non smette di stupire. «Stiamo facendo fare un’applicazione – continua la Direttrice – in cui noi, caricando i documenti che abbiamo qui, facciamo un’anagrafe dei migranti, della grande migrazione dall’800 al ‘904. I passaporti di tutte le persone che sono partite dal Regno delle due Sicilie verso l’America. L’app consisterà in questo: sotto la casa dove viveva un migrante in un Paese X del Regno in quegli anni, verrà messo un qr code da poter scannerizzare che darà tutte le informazioni sulla persona che viveva lì e sul suo anno di migrazione verso gli Stati Uniti. Stiamo parlando di 13mila persone, durante la prima migrazione: sarebbe bellissimo creare un turismo di ritorno perché le storie di migrazioni, non sempre sono storie tristi». Perché le storie sono fatte per essere raccontate, per conoscerci meglio, per non commettere gli errori del passato, per guardarci indietro e, conoscendo, proiettarci in un mondo più consapevole e, perché no, anche migliore. Per capire da dove siamo partiti e, soprattutto, dove siamo riusciti ad arrivare.

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