Questo mese consentitemi di divagare dai temi strettamente giuridici per tentare qualche riflessione partendo dall’eccezionalità e dall’importanza della vittoria calcistica del Napoli. Mi domando chi, solo qualche tempo fa, ci avrebbe seriamente scommesso; chi avrebbe mai potuto pensare che una squadra, (ripartita dalla serie c), sarebbe riuscita a salire sul tetto d’Italia trascinandovi di fatto anche Castel Volturno e l’intero litorale domizio. Se questo è accaduto è perché uomini ambiziosi lo avevano prima sognato, e poi fatto in modo che avvenisse.
E quegli uomini, a ben guardare, sono gli stessi che hanno scelto Castel Volturno come residenza sportiva per la squadra del calcio Napoli. Oggi, grazie al trionfo del Napoli, insieme alla città partenopea, è Castel Volturno ad essere di nuovo sotto i riflettori d’Italia. L’intera penisola desidera saperne di più di questa terra e moltissimi spettatori giungono nei dintorni del centro sportivo per avvistare qualche calciatore e per respirare l’inebriante clima della vittoria. Oggi, quindi, Castel Volturno, grazie al calcio Napoli, si strappa di dosso gli abiti della rassegnazione per indossare quelli della grandezza. Qui oggi vi è la squadra campione d’Italia e con essa la città e l’intero litorale salgono in vetta. Si tratta di un’occasione da non sprecare assolutamente. Allo stesso tempo, è anche un’opportunità per ripensare alla miriade di inefficienze e contraddizioni che affliggono questi luoghi.
Cosa offre questo territorio a chi intende avvicinarsi alla squadra? Che ospitalità è in grado di proporre? Che servizi è capace di mettere a disposizione di chi desideri visitare il territorio per avvicinarsi alla festa?
Sono domande cui fornire risposte perché se è vero che imprenditori illuminati, come chi gestisce il calcio Napoli ed anche altri, hanno saputo cogliere e vedere in questi luoghi le bellezze e le utilità che altri ancora non vedono, bisogna pure essere onesti ed ammettere che oltre ad alcune “cattedrali nel deserto”, qui mancano visione strategica e progettualità integrate che sappiano creare interconnessioni e consentire a questi luoghi il meritato salto di qualità. La vittoria calcistica richiama un’attenzione formidabile e permette ai giovani di ricominciare a sognare; consente loro di convincersi a non emigrare, a rimanere e a puntare ancora di più sulla valorizzazione di queste terre.
Riabilita coloro i quali sognano di trascorrere qui le proprie vite; che non accettano di fare centinaia o migliaia di chilometri per un bagno pulito, per trascorrervi vacanze di pregio. Ciascuno di noi in fondo ha la possibilità di visitare il mondo, ma poi contano le radici e i legami territoriali non possono essere spezzati. Il famoso regista Francis Ford Coppola qualche anno addietro decise di tornare nei luoghi della sua infanzia, in Basilicata, per aiutare a rivalutare la zona, investendovi risorse importanti che poi hanno portato alla creazione di prestigiose strutture ricettive e alla installazione di aziende vinicole. Tutto questo testimonia un amore per i luoghi di provenienza e la necessità per le donne e gli uomini virtuosi di prendersene cura, di proteggerli, per aiutarli a rinascere.
La vittoria del Napoli ci consente anche di riflettere sulla circostanza che chi offrirà un contributo significativo a questi luoghi verrà certamente ricordato. I cittadini e gli amministratori pubblici dovrebbero avere la consapevolezza che chi saprà risollevare le sorti di questo litorale e riportarlo ai suoi fasti si vedrà inesorabilmente consegnato alla storia. La vittoria del Napoli e il lustro che restituisce ci permette ancora di riflettere sul fatto che vanno abbandonati, una buona volta, atteggiamenti fatalistici come il credere che mai nulla qui potrà cambiare. È un’occasione per seppellire lo scetticismo, tutto meridionale, in nome del quale poco o nulla è possibile realmente migliorare: quel disincanto che ci condanna all’immobilismo, all’insuccesso, all’inevitabile fallimento.
Questo evento sportivo straordinario e un semplice sguardo appassionato possono fare scuola, insegnandoci che si può realizzare l’irrealizzabile, a condizione che lo si voglia davvero e che lo si faccia con impegno. Ora come ora servono però importanti investimenti e la discesa in campo degli attori pubblici. Occorrono infrastrutture, infrastrutture e, ancora, infrastrutture: serve l’urgente completamento di opere strategiche, il perfezionamento, ad esempio, del piano urbanistico. Le eccellenze del posto vanno messe nelle condizioni di agire, di operare. La molla è sempre o quasi sempre anzitutto l’interesse particolare, se si vuole egoistico, del singolo imprenditore, del singolo operatore, e si tratta di un fatto tutto sommato naturale, perché chi agisce lo fa in primo luogo obbedendo a un interesse proprio. Ma poi, da simili interessi possono fiorire benefici per l’intera collettività.
Se, tuttavia, i reiterati proclami non si tradurranno in fatti concreti sarà difficile attendersi dalla popolazione, dai giovani soprattutto, un atteggiamento diverso dalla rassegnazione. Prima o poi nascerà un potente movimento collettivo che – consapevole davvero delle proprie potenzialità e delle risorse di queste terre – non chiederà più, ma pretenderà il mutamento delle cose. Si assisterà a una “primavera” di giovani intelligenti, volenterosi e sognatori, i quali non accetteranno più una condizione di soggezione, che rifiuteranno una volta per tutte il complesso di inferiorità che incatena questi luoghi.
Dopo un lungo cammino per le vie dell’inferno e dell’attuale purgatorio (durato quasi un quarantennio) è tempo di salire al paradiso, perché ve ne sono tutte le condizioni e vi è una società multietnica fatta di ragazze e ragazzi che aspirano a rappresentare un modello sperimentale per tante altre realtà nazionali. Qui è in corso, infatti, un esperimento di integrazione ormai avanzata tra le etnie africane e quelle locali che probabilmente non ha pari in Italia e che consente di percepire quella contagiosa energia, tipica delle società nuove, progressivamente plasmatesi grazie alla fusione tra gruppi diversi. La società civile, sull’onda del successo calcistico, è ormai stanca di un inaccettabile timore reverenziale verso le località del settentrione. È più che mai orgogliosa e decisa a liberarsi, una buona volta, della retorica del “figlio sfortunato”. Per questo oggi Castel V., può considerarsi lo specchio del sud Italia. L’immagine riflessa è però del tutto nuova e c’è bisogno che diventi sempre più lucente perché il successo e la grandezza appartengono anche a questi luoghi, a noi tutti ed è un imperativo (sull’onda lunga del brillante esempio del Napoli calcio) assicurare ad esso continuità e far sì che diventi autentica normalità.
di Francesco Balato