Il suo nome era Sergio de Simone. Originario del Vomero, fu uno dei tanti figli del Sud deportati nei campi di sterminio nazista – e forse uno dei più piccoli.
Aveva 6 anni quando la sua famiglia, trasferitasi a Fiume, fu arrestata dalle forze del Terzo Reich. Era il 1943, e da poco fu segnato l’armistizio da parte del governo fascista che consentì alle truppe tedesche di appropriarsi dell’Italia. Assieme a Sergio c’erano anche le cuginette, Andra e Tiatiana Beucci, di 6 e 4 anni. Quando i nazisti li mandarono ad Auschwitz, loro tre furono assegnati alla “Baracca dei bambini”.
«Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti»
Le cuginette di Sergio avrebbero avvertito più volte di non farlo quel passo avanti. Ma Sergio, che era abituato a vivere solo con lei, voleva tanto vedere sua madre. Da quel gesto d’amore la mente perversa di Joseph Mengele “selezionò” De Simone e altri 19 bimbi come soggetti per esperimenti di eugenetica, una parte del grande piano criminale del nazismo volta a macabre teorie pseudoscientifiche.
Nel ’44 i gerarchi nazisti spostarono Sergio De Simone e gli altri bambini da Auschwitz al campo di concentramento di Neuengamme, nei pressi di Amburgo. Lì il dottore e criminale Kurt Heissmeyer praticava esperimenti su prigionieri di guerra russi. Heissmeyer era convinto che iniettando bacilli tubercolari in cavie umane, il corpo della vittima avrebbe generato i giusti anticorpi tali da creare una cura.
A Neuengamme Sergio e gli altri bambini furono affidati a quattro deportati: i medici francesi René Quenouille e Gabriel Florence, e due infermieri olandesi, Anton Hölzel e Dirk Deutekom. Furono le uniche persone che nel mare d’odio e follia provarono a salvare i bambini. Ma il 9 Gennaio del ’45 Heissmeyer continuò con i suoi test, già rivelatisi inconcludenti. Degli esperimenti esistono oggi 20 fotografie, che mostrano la brutalità dell’ideologia di Hitler.
Il ricordo della storia di Sergio De Simone
Il 27 Gennaio 1945 le truppe sovietiche liberarono il campo di Auschwitz. Tra i superstiti c’erano anche Andra e Tatiana, cuginette di Sergio. Ma lui era ancora vicino Amburgo, sotto quel che restava del Reich. Gli alleati erano alle porte e, all’ennesimo esperimento fallito, ad Heissmeyer arrivò l’ordine dal comandante Max Pauly di far sparire ogni traccia dei suoi gesti criminali. Così, qualche giorno prima della fine della guerra, Sergio e gli altri 19 bambini vennero trasferiti nella scuola amburghese di Bullenhuser Damm e assassinati. Non sopravvissero nemmeno i loro custodi, che fino alla fine tentarono di tenerli in vita.
La storia di quest’eccidio sarebbe rimasta sepolta dal tempo se non fosse per un giornalista tedesco, Günther Schwarberg, che pubblicò nel 1959 sul settimanale Stern una serie di articoli dedicati al massacro di bambini da parte delle forze naziste. Solo nel 1963 iniziò il processo che portò all’ergastolo il criminale nazista Kurt Heissmeyer, stroncato da un infarto nel 1967. I genitori di Sergio, invece, scamparono ad Auschwitz. Il padre del bambino era già morto quando, nel 1983, la madre venne a sapere della fine di suo figlio.
Ciò che è accaduto a Sergio De Simone e la sua famiglia è solo una delle milioni di storie che vanno a comporre il quadro di uno degli eventi più vergognosi della storia umana: la Shoah. Il prodotto del punto più basso mai raggiunto dalla mente di un uomo, che deve ricordarci che il male, con la sua banalità, è sempre dietro l’angolo. Sta a noi continuare a ricordare la storia, una necessità per liberarci dall’indifferenza e far di tutto per abbattere ogni forma di sopruso del presente. E rendere così giustizia anche alle vittime del passato.