Le sacre du printemps Midsommar

Un confronto tra Midsommar e Le sacre du printemps

Updated 2023/05/28 at 5:29 PM
5 Minuti per la lettura

Midsommar ha tutto quello che un horror convenzionale non dovrebbe mostrare: immagini saturate, ambientazioni soleggiate, costumi dai colori chiari, personaggi sorridenti ed in festa. Il secondo film del regista Ari Aster si palesa agli occhi dello spettatore come uno strappo alle regole del genere che vogliono spazi claustrofobici, paesaggi principalmente notturni ed una tensione crescente che si risolve nel climax dell’orrore. Non tutti sanno, tuttavia, che Midsommar sembra affondare le proprie radici in un capolavoro della musica e della danza di inizio Novecento, firmato da Igor’ Stravinskij e Vaclav Nižinskij: Le sacre du printemps.

La storia de’ Le sacre du printemps

Le sacre du printemps, in italiano La sagra della primavera, viene definito uno dei più grandi «successi di scandalo» del balletto novecentesco. Capace di far tremare le fondamenta della danza così com’era conosciuta, la coreografia ideata da Vaclav Nižinskij – che pur era un ballerino profondamente accademico – recise ogni rapporto con il balletto classico dell’Ottocento, mettendo in scena la rappresentazione drammatica di un mondo selvaggio ed indomito. L’opera nacque da una collaborazione complessa ed instabile come quella tra Stravinskij e Nižinskij, a cui s’aggiunse l’influenza del fondatore dei Balletti Russi Sergej Djagilev. La prima dello spettacolo apparve come un fallimento: il pubblico nella sala del Théâtre des Champs-Élysées schiamazzava, fischiava ed insultava i ballerini sul palcoscenico, tanto che lo stesso Stravinskij si vide costretto a trattenere fisicamente Nižinskij dietro le quinte. Il malcontento generale iniziò a scemare solo dopo la seconda parte del balletto. Al suo termine, tuttavia, i creatori de’ Le sacre du printemps dovettero ammettere di essere «eccitati, adirati, disgustati… e felici». Quello de’ Le sacre du printemps è dunque un successo nell’insuccesso, uno di quei casi in cui la buona riuscita di uno spettacolo risponde al principio del “bene o male, l’importante è che se ne parli”.

Un balletto organico

La novità che risiede ne’ Le sacre du printemps sta, come detto poc’anzi, nella sua capacità di distruggere i canoni tradizionali della danza classica. Vaclav Nižinskij dissacra i dogmi del balletto accademico – le forme morbide, l’eleganza delicata, l’elevazione del ballerino, il movimento di massa – per realizzare una danza violenta, primordiale, che s’avvicina più al rito che ad una coreografia vera e propria. Il danzatore è così costretto a forzare se stesso verso elementi che gli sono distanti ed innaturali: arti spigolosi, teste inclinate verso le spalle, ginocchia piegate, attrazione verso il pavimento, coreografie parcellizzate, predilezione verso il ritmo sottostante la musica. È un «balletto organico», inteso come movimento che richiama le movenze degli animali, in cui il corpo è solo il perimetro entro cui danzano le cellule.

Le sacre du printemps e Midsommar: la bellezza del grottesco

La danza è il filo rosso che unisce Le sacre du printemps a Midsommar: la protagonista del film di Ari Aster, Dani (interpretata da Florence Pugh), è costretta a prender parte ad un rito al termine del quale verrà eletta la Regina di Maggio, in cui le ragazze del villaggio devono danzare fino allo sfinimento. Così come accade nell’opera di Stravinskij e Nižinskij, l’Eletta è protagonista di un sacrificio: ma a differenza de Le sacre du printemps in cui è la giovane a venir offerta agli dei, in Midsommar è la Regina di Maggio a scegliere l’ultimo tributo per completare il rito. E, come ben sappiamo, Dani sceglierà di sacrificare proprio il suo fidanzato, Christian, sancendo definitivamente la sua appartenenza al villaggio.

Le somiglianze tra le due opere non finiscono qui. Difatti, molti personaggi del balletto trovano il proprio corrispettivo in Midsommar: abbiamo l’Eletta, i due Vecchi Saggi ed i Cinque Giovani, che nel film sono esattamente i giovani sacrificati al Dio Sole. Ma è l’atmosfera, prima di tutto, a richiamare il mondo rappresentato da Le sacre du printemps: un mondo lontano dalla concezione odierna e tutta occidentale di civiltà; un mondo pagano che celebra una natura che scambia la propria benevolenza con il sangue, e che volge sempre il proprio sguardo verso un dio che sorride alla morte dei suoi fedeli.

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