In questo periodo di pandemia e quarantena, con pochi nuovi film e serie tv in circolazione, ho deciso di recuperare tutti quei vari show che amici e amiche mi hanno sempre raccomandato ma che non sono mai riuscito a cominciare per gli impegni più vari.
Il primo è stato The Crown, la serie Netflix di Peter Morgan, già noto per altri drammi sulla famiglia reale britannica come The Queen e The Audience. Tutte queste opere hanno come protagonista la Regina Elisabetta II d’Inghilterra, e The Crown narra della sua vita nel ventesimo secolo, a partire dalla sua ascesa al trono. La segue attraverso tragedie familiari, dalla morte del padre Giorgio VI (Albert Windsor) al complicato rapporto con il marito Filippo e la sorella Margaret. La segue attraverso le crisi del regno, sulle quali è, a livello pratico, impotente ma può e cerca sempre di consigliare i suoi primi ministri, dal leggendario ma in declino Churchill al proletario Wilson, in un’Inghilterra in cambiamento con cui tutta la famiglia reale fatica a stare al passo.
Il fulcro emotivo della serie è quindi quella che potremmo definire la doppia vita di Elizabeth Windsor/Elisabetta II.
Negli Anni 50, momento in cui sale al trono, due guerre mondiali avevano appena finito di rivoluzionare completamente l’equilibrio politico dell’Occidente: quasi tutte le antiche monarchie erano state rimpiazzate da repubbliche, e l’Impero Britannico era ormai in rovina, soppiantato alla guida del mondo da Stati Uniti e Unione Sovietica. I precedenti monarchi avevano sempre mantenuto una distanza incolmabile con il popolo, atta a ricordare ad esso la sua inferiorità e il diritto divino dei sovrani. Ma il diffondersi della democrazia e gli orrori dei regimi totalitari impongono a Elisabetta di dover scendere più allo stesso livello del popolo, se la Corona deve sopravvivere. Deve essere umile, sorridere, approcciabile, una fonte di ispirazione e un modello per tutti ma allo stesso tempo poter comprendere i problemi di tutti.
E questo si rivela un problema per Elizabeth, cresciuta nella rigidità della nobiltà conservatrice inglese, priva di una qualsivoglia istruzione su ciò che non riguarda la Legge e la Costituzione inglesi, e colta impreparata dalla morte prematura del padre. Senza contare che lei stessa non desidera affatto essere regina: timida e riservata, preferirebbe di gran lunga essere una semplice casalinga e prendersi cura del marito e dei figli.
E questo contrasto è messo in risalto da tutti i suoi parenti: sia sua sorella Margaret che suo marito Filippo, molto più estroversi e proattivi di lei, desiderano avere influenza sugli affari del Regno, o quantomeno sulla vita della Corona, nonostante non sia sulle loro teste che la Corona risiede. Essi desiderano modernizzare la Corona, renderla più “democratica ed egalitaria”, ma sono comunque degli elitisti che sostengono di essere più competenti di Elisabetta e di tutte le persone che lavorano con loro (spoiler: raramente si dimostrano tali).
Ed è da questi scontri che nasce una tensione drammatica sorprendente per quella che è apparentemente solo un’altra serie su ricchi tizi sfaccendati. Le idee di Elizabeth non sono le decisioni di un Governo, ma possono influenzarle. La vita del Paese ne dipende. Eppure, ognuna di esse potrebbe incrinare una famiglia già fragile, che è l’unica cosa a distrarre il popolo dai grandi problemi del momento. L’equilibrio è prezioso, afferma The Crown, e ci chiede: che tipo di persona è capace di mantenerlo?
di Lorenzo La Bella