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Terapia Mio-fasciale: l’importanza di ascoltare il proprio corpo

Redazione Informare 04/06/2020
Updated 2020/06/04 at 3:31 PM
5 Minuti per la lettura

Lo stress e la fatica del quotidiano, se associati ad uno stato ansioso/depressivo o ad una difficoltà a riposare, possono causare disturbi psicofisici che a lungo andare portano ad un dolore cronico diffuso. Questa sintomatologia è caratterizzata da una moltitudine di “punti di dolore”, facile faticabilità e tensione muscolare associata a limitazione funzionale delle articolazioni. All’esame clinico, questo tipo di paziente presenta quasi sempre una mialgia distribuita a tutto il corpo (soprattutto agli arti e alla schiena) con interessamento della fascia connettivale. Ma cos’è la fascia?

La fascia è una membrana connettivale che ricopre tutte le strutture muscolari, capsulari e tendinee, collegandole tra loro e permettendo la trasmissione della forza tra un segmento corporeo e l’altro, sincronizzando il gesto motorio. Essa è costituita da più foglietti sovrapposti che scorrono l’uno su l’altro grazie a una sostanza lubrificante: l’acido ialuronico. Un coinvolgimento della fascia connettivale si ha, di solito, anche nelle patologie da sovraccarico muscolare (da sforzi continui in lavori con manualità ripetitiva o nei gesti reiterati degli sportivi) in quelle posturali, causate da squilibri funzionali o da esiti di traumi o interventi chirurgici, con un addensamento dei foglietti che crea dolore e disfunzione. Quando questa membrana diventa più rigida, l’effetto inevitabile è la scoordinazione motoria.

La “densificazione” della fascia (con produzione di neocollagene) si ha in seguito ad eccessive sollecitazioni meccaniche, chimiche e traumatiche. L’equilibrio che ne deriva non è fisiologico, per cui spuntano alterazioni strutturali e funzionali nonché sindromi dolorose. In questi casi, i farmaci possono risolvere solo il dolore, ma la causa alla base può essere risolta solo tramite un lavoro manuale che liberi i muscoli dai trigger points e renda la fascia connettivale più fluida. In questo caso si ricorre alla Terapia Mio-fasciale: trattamento del sistema muscolare e fasciale. Il nostro corpo è diviso in quattro unità anatomo-funzionali, per cui il funzionamento di una è legata al buon funzionamento dell’altra.

Nel caso l’efficienza di un’unità funzionale sia ridotta a causa di una lesione, di un’insufficienza muscolare o altro, il passaggio della forza sarà ostacolato da un anello debole. Di conseguenza, verranno sovraccaricate le altre unità funzionali che partecipano al movimento o al gesto atletico. Risultato: diminuzione della performance, del controllo del movimento e della stabilità articolare, con aumento del rischio d’infortunio. Questa visione della funzionalità del corpo umano permette di capire che spesso la causa di un dolore o di una disfunzione articolare e muscolare va ricercata a distanza dalla sede del problema riferito dal paziente. La manipolazione mio-fasciale permette di detendere i tessuti superficiali che rendono meno fluidi i movimenti nonché la coordinazione tra i segmenti corporei, e di liberare i muscoli sottostanti dai trigger points, responsabili della contrattura e del dolore durante il movimento, abbinando tecniche di scollamento e di massoterapia a quelle di pressione ischemica e pompage.

Si ritiene, inoltre, che il trattamento della fascia, essendo essa un importante sistema propriocettivo insieme a muscoli e tendini e fornendo, quindi, informazioni al cervello sulla posizione del corpo nello spazio, sia importante per stimolare il sistema nervoso centrale al fine di migliorare la coordinazione motoria. Bisogna ricordare che le nostre articolazioni sono l’ultimo tassello di un sistema di ingranaggio complesso, dove un qualsiasi movimento nasce dal cervello e, per essere eseguito, necessita dell’attivazione di un’ampia gamma di componenti (sistema nervoso periferico, muscoli, tendini, capsule). Essendoci, quindi, il coinvolgimento di più sistemi, anche un semplice dolore al gomito o al ginocchio sarà corredato di problemi diversi e in sedi più ampie, siano esse a monte o a valle del dolore stesso.

di Patrizia Maiorano
Dott.ssa in Medicina Fisica e Riabilitativa

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE N°206
GIUGNO 2020

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