Le origini e l’evoluzione di Talarico, maestri ombrellai dal 1860
Nel Vico Due porte a Toledo, nei quartieri spagnoli del centro storico di Napoli, si scorge un laboratorio, ormai lì da tanti, tantissimi anni. Il nome Talarico sull’insegna non può suonare ignoto ai napoletani, consci dell’impresa ormai ultracentenaria che vi è alle spalle. La storia di una famiglia di maestri ombrellai, che dal 1860, di generazione in generazione, porta avanti con passione un’arte manufatturiera ormai andata in disuso. Il brand Talarico è un marchio storico partenopeo, che nei suoi 165 anni di attività, ha raggiunto fama nazionale ed oltreconfine. Ai microfoni di Informare ha parlato Mario Talarico, esponente della quinta generazione della nota famiglia napoletana, per raccontare le origini e l’evoluzione della sua ditta.
«La nostra impresa è nata a Napoli nel 1860 dal nostro avo Giovanni Buongiovanni e produceva ombrelli, parasole, bastoni da passeggio e ventagli. Il nome originario, però, era “Al Giapponese”: questo perché in quel periodo re Ferdinando di Borbone fece venire da tutto il mondo i più grandi artisti per affiancarli alle botteghe partenopee. Qui evidentemente sarà stato affiancato un giapponese, dato che all’epoca in Giappone erano molto bravi con la produzione di ombrelli e parasole». La tradizione è proseguita poi con Emilia Buongiovanni, che ha sposato Achille Talarico, dando origine alla rinomata dinastia che ancora oggi prosegue con questo cognome. «Siamo alla quinta generazione. Io sono praticamente nato qui dentro: ero ragazzino e stavo sempre con mio padre in bottega. Lui si dedicava alla pelletteria ed è stato uno dei primi ad insegnarmi a cucire a macchina e a tagliare i modelli».
Come hai deciso di intraprendere questa strada e seguire l’arte di famiglia?
«Quando mi sono fatto più grande ho frequentato l’istituto d’arte e a 19 anni mi hanno proposto di andare a New York per disegnare le copertine di un noto fumetto americano. A quel punto mi sono trovato davanti ad un bivio: seguire una proposta di lavoro importante lontano da casa o restare a Napoli e portare avanti l’azienda storica di famiglia. Ho deciso di seguire la seconda strada: di fare ombrelli nella mia città e continuare a raccontare la storia dei Talarico».
Come avviene la produzione dell’ombrello?
«Ci sono vari tipi di ombrelli ovviamente: il nostro punto di forza è il legno intero, come il castagno, il limone di Sorrento, la ginestra, il bambù. Prima creiamo le coperture e le mettiamo da parte, poi lavoriamo il legno e costruiamo l’armatura che permette all’ombrello di aprirsi. Successivamente c’è la fase di rifinitura ed infine il montaggio della coperta. Ci vogliono dalle sei alle sette ore di lavoro per concludere la creazione di un ombrello. Se si è molto bravi, in questo lasso di tempo se ne possono fare anche tre o quattro, ma non bisogna essere disturbati».
Cosa è cambiato rispetto al passato?
«Oggi puntiamo anche ad arricchire la nostra storia, andando di pari passo con i tempi: siamo sul web e su tutti i social del momento, come Instagram, Tiktok e Facebook. Puntiamo a farci conoscere, creando un rapporto con il pubblico anche molto divertente. Ci piace essere amici e non avere una distanza con i nostri clienti».
Cosa ti ha insegnato questo lavoro?
«Quando parlo con i ragazzi dico sempre che la cosa più importante è non stare a sentire nessuno e seguire soltanto se stessi. Se credi in qualcosa, riuscirai a raggiungerla. Quando da ragazzino dicevo di voler fare un ombrello per il Papa, sono stato deriso: poi è entrato il Monsignore Segretario Generale del Papa a comprare un ombrello e mi ha dato appuntamento al Vaticano. Quello che dico, quindi, è di non smettere mai di credere in sé stessi».
Oggi l’antica bottega Mario Talarico esporta ombrelli in tutto il mondo e ne ha prodotti per le personalità più eccelse del panorama internazionale, come Papa Benedetto, Papa Francesco, i Principi Carlo e William d’Inghilterra, attori di Hollywood e vip di ogni settore. Inoltre, è fornitore ufficiale del Regno di Borbone delle due Sicilie e del Principe Antonio De Curtis, in arte Totò. L’idea di Mario Talarico ad oggi è quella di creare un museo nel palazzo in cui ha sede il punto vendita, per raccontare la storia di un marchio e di una tipologia di manifattura unica nel suo genere e simbolo indiscusso del Made in Napoli.
TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE
N°229 – MAGGIO 2022