Catello Maresca è entrato in magistratura nel luglio 1999; ha partecipato alle indagini che hanno portato all’arresto, nel 2011, del boss dei Casalesi Michele Zagaria e all’operazione Gomorrah; ha poi rappresentato l’accusa nel processo al cosiddetto “gruppo Setola”, che ha portato all’incarcerazione del mafioso Giuseppe Setola.
L’intervento sul palco
«Torno sempre con un grandissimo piacere a Castel Volturno. Ricordo quello che diceva prima Tommaso, cioè che la prima volta che ci vedemmo, tanti anni fa, venire a Castel Volturno determinava un po’ di ansia e di preoccupazioni; e non tutti venivano, non tutti avevano il coraggio di fare le battaglie che avete fatto. La giornata di oggi, con tanta partecipazione, con tante istituzioni dimostra che percorrere strade di legalità non solo è utile, ma conviene alla comunità, la fa crescere e determina anche quei processi cui prima facevi riferimento di vicinanza al territorio. Quei processi di costruzione che le istituzioni devono portare avanti; perché la magistratura e le forze dell’ordine su questi territori hanno fatto un grande lavoro, hanno fatto pulizia e hanno dato, ai cittadini, quel senso di sicurezza e di vicinanza che le istituzioni devono dare. […] Oggi però c’è bisogno di costruire. Le associazioni, i volontari fanno tanto, ma senza le istituzioni non si può andare lontano. Ho la fortuna di avere un grande amico che è Antonio Giordano, con cui abbiamo condiviso insieme qualche mese fa l’istituzione di un osservatorio internazionale sulla criminalità organizzata che svolge proprio una funzione di stimolo, di studio. Antonio è un grande studioso, sotto il profilo medico: servono studiosi sotto il profilo giuridico. […] Di mafia e di antimafia si parla da tanto tempo, ma si deve cambiare l’approccio. Questo deve diventare scientifico. Quando noi abbiamo un problema di salute andiamo dal medico, la comunità ha un problema serio che si chiama criminalità organizzata, ci devono essere professionisti che lo affrontino non solo quando il male si manifesta, ma anche prima. C’è bisogno di un grande lavoro di prevenzione e di crescita, anche nel territorio della comunità. Io vi ringrazio, ovviamente ringrazio della sensibilità, che continuate ad avere e del coraggio che ci vuole per portare avanti le vostre battaglie. Noi saremo sempre, non solo al vostro fianco, ma davanti a voi, soprattutto quando c’è da prendere le botte, quando c’è da prendere le mazzate».

L’intervista esclusiva
Che importanza ha per lei ricevere un premio in questo tipo di territorio?
«Per me è una soddisfazione incredibile, perché ho speso molto della mia vita per questi territori per riportare la legalità e superare anche dei momenti particolarmente difficili che questa terra ha subìto con la dominazione del clan dei Casalesi. Quindi ritornarci e vedere quanto sia cambiato è una di quelle piccole grandi soddisfazioni del nostro lavoro che ci consentono di avere la conferma del fatto che tutto il tempo speso avevano un senso e un’utilità effettiva».
Ritorna sul territorio in cui ha lavorato così tanto, così bene. Quali criticità vede adesso nella zona e quale consiglio sentirebbe di dare all’attuale DDA?
«Vedo che la situazione è cambiata rispetto a 20 anni fa. Da queste parti si respirava un’aria pesante. Oggi vedo che, almeno da questo punto di vista, c’è una realtà nuova, ed è importante. Manifestazioni come questa erano complicate da organizzare. Invece quella di oggi vedo che non solo è brillantemente organizzata, ma anche molto partecipata; quindi, c’è una comunità che ha capito che abbracciare percorsi di legalità conviene e questo è un passo in avanti significativo. Da qui a dire che sono superati tutti i problemi, ovviamente, ce ne vuole. C’è ancora tanto da lavorare, da investire e soprattutto tanto da fare da parte delle istituzioni».