abiti invenduti

Sostenibilità della filiera tessile: divieto di distruzione degli abiti invenduti

Giacomo Marotta 14/06/2023
Updated 2023/06/14 at 12:39 AM
4 Minuti per la lettura

Primo passo europeo per ridurre gli sprechi: gli Stati dell’Unione Europea si sono espressi a favore del divieto di distruggere gli abiti invenduti. Un inizio per ridurre gli sprechi di una delle filiere più impattanti per il Pianeta.

I numeri degli abiti invenduti

Ogni anno, ciascun cittadino europeo compra in media 26 chili di prodotti tessili, il 40 per cento in più rispetto agli anni Novanta. In paesi come l’Italia, la quantità di rifiuti tessili è aumentata più dell’800 per cento tra gli anni ’50 al primo ventennio degli anni duemila. Oggi si toccano cifre come le 6 milioni di tonnellate di rifiuti prodotte ogni anno. Come se non bastasse, di questa quantità solo un quarto viene riciclato, il resto finisce verso paesi poveri per essere nella maggior parte dei casi bruciato o accumulato in aree naturali. Significativa è l’enorme discarica a cielo aperto del deserto di Atacama in Cile.

La quantità di vestiti nuovi che vengono distrutti, quando non vengono venduti o quando i consumatori li restituiscono, è enorme. La griffe britannica Burberry ha rivelato di aver bruciato merce invenduta per un valore di 28,6 milioni di sterline nel 2018. 

Sovrapproduzione e problema rifiuti, due dei problemi che affliggono la filiera del tessile. La proposta del divieto di distruzione degli invenduti, introdotta dal Consilio dell’Unione Europea, cerca proprio di intervenire sui due problemi. Secondo la bozza, le piccole imprese sarebbero esentate dal divieto e le medie imprese, con un massimo di 249 dipendenti e con un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro, avrebbero più tempo per adeguarsi. I dettagli sono comunque ancora in fase di discussione.

La proposta sarebbe cosi inserita all’interno del nuovo regolamento Ecodesign.

Progettazione ecocompatibile come strumento di sostenibilità

Nella giornata del 22 maggio, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato il suo orientamento generale sulla proposta di un nuovo regolamento Ecodesign. La proposta aggiorna, modernizza e amplia il quadro per la progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili, abrogando nel contempo il quadro legislativo in vigore. Oggi la progettazione ecocompatibile (o ecodesign) è disciplinata dalla direttiva 2009/125/Ce. Il testo si applica a gruppi di prodotti connessi all’energia come elettronica di consumo e apparecchi per il riscaldamento.

Il nuovo regolamento sostituirà l’attuale direttiva del 2009 ampliandone l’ambito di applicazione a molti più prodotti, lasciando fuori soltanto alimenti, medicinali, mangimi, prodotti veterinari e veicoli a motore. Saranno introdotti molti altri requisiti dei prodotti necessari per parlare di ecodesign: modularità, riparabilità, contenuto di sostanze che ostacolano il riciclo, impronta ambientale. Infine, il passaporto digitale per ogni prodotto sul mercato. Quest’ultimo aiuterà i consumatori e le imprese a compiere scelte informate al momento dell’acquisto.

L’esclusione dalla nuova bozza più rilevante è quella delle automobili. È opportuno ricordare a tal proposito che il prodotto rientra già nelle misure di divieto di vendita dei motori termici entro il 2035. L’orientamento generale concordato conferisce alla presidenza del Consiglio un mandato per avviare negoziati con il Parlamento europeo. I negoziati cominceranno non appena quest’ultimo adotterà la sua posizione.

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