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“Senza la tradizione, non si può andare oltre”: intervista a Marisa Laurito

Luisa Del Prete 05/01/2022
Updated 2022/01/05 at 12:43 PM
7 Minuti per la lettura

Dagli esordi con la compagnia teatrale di Eduardo De Filippo fino ai nostri giorni, Marisa Laurito continua ad essere un punto di riferimento per il teatro napoletano e per la valorizzazione della cultura partenopea in tutta Italia e nel mondo. Grazie al nuovo incarico come Direttrice artistica del Teatro Trianon Viviani di Napoli, continua ancora ad emozionare una città che è per lei una costante fonte di ispirazione.

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Un bilancio dell’attività del Trianon post pandemia?

«Il bilancio per me è molto positivo perché noi non ci siamo mai fermati: anche durante la pandemia abbiamo prodotto tre spettacoli e sei concerti. Alcune cose sono state trasmesse in Rai ed altre in streaming: siamo molto felici del nostro operato. Il Trianon, con il progetto di diventare “Teatro della Canzone Napoletana”, ha preso una direzione precisa; una cosa che non c’era a Napoli e che era necessaria perché noi abbiamo un repertorio straordinario. Proprio per questo la programmazione di quest’anno si incentra principalmente sulla nostra storia e le nostre tradizioni teatrali e musicali».

Molti registi e attori internazionali hanno avuto da ridire su com’è stato trattato il Teatro ed i lavoratori dello spettacolo nel periodo della pandemia; a te che impressione ha fatto il Teatro del post-Covid? Secondo te è stato valorizzato a pieno?

«È una cosa molto complicata di cui parlare perché ci sono i Teatri pubblici che hanno avuto più forza perché avevano delle sovvenzioni; altri Teatri privati che hanno avuto dei ristori, ma devo dire che su come si sono comportati alcuni teatri privati perché questi ristori non li hanno presi in produzione, ma se li sono tenuti per non so cosa. La pandemia è una guerra ed in tempi di guerra si cerca di salvare il salvabile e personalmente non mi sento di dare addosso ai nostri politici per quello che hanno fatto o non hanno fatto anche perché bisognerebbe avere una grande professionalità in merito per capire com’erano le situazioni».

Per te com’è questa esperienza al Trianon? Cosa ti sta trasmettendo professionalmente?

«È un successo e tutto quello che diventa un successo dà una grande gioia. Il tutto accompagnato anche da una grande fatica come ogni volta che si ricomincia da capo. Io l’idea di avere un Teatro della Canzone Napoletana ce l’ho da circa 40 anni, sapevo che a Napoli mancava, volevo che accadesse una cosa del genere e ci sono riuscita, anche grazie al sostegno della Regione Campania. Tutto questo insieme all’apertura della Stanza delle meraviglie ed a breve apriremo al primo piano del Teatro il più grande archivio della storia della musica napoletana. Questo lo dovevo a Napoli e lo sentivo fortemente perché è una cosa giusta».

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Uno sguardo alla nuova stagione del Trianon…

«La stagione è piena di cose interessanti. Tendo sempre a dare spazio a tutti ed ho creato tre fasce: una di giovani, perché devono poter avere un teatro dove esibirsi ed io li porterò ogni anno per tutti gli anni della mia direzione artistica; una di Big, ovvero di star che portano non solo la tradizione, ma anche il richiamo del pubblico, a partire da Peppe Barra fino a Servillo; poi ci sono anche degli spettacoli teatrali musicali di giovani, un “Natale in casa Cupiello” fatto con i burattini da Lello Serao, fino ad una primavera ricca di concerti e di altre sfide. Per concludere, il mese di maggio sarà completamente dedicato ai De Filippo».

“I Fratelli De Filippo” è il nuovo film nella quale reciti per la regia di Sergio Rubini. Qualche tempo prima è stato presentato un altro film sui De Filippo, per la regia di Martone, quali sono le differenze e l’importanza del ricordo?

«I due progetti sono stati presentati casualmente in tempi ravvicinati: uno che parlava dei De Filippo con Scarpetta ed un altro dei De Filippo dopo Scarpetta. Sono felice che si scateni tutto questo anche se, a mio avviso, è sempre troppo poco perché i grandi personaggi della storia dell’arte italiana non sono mai abbastanza ricordati. Noi in Italia abbiamo un grande difetto: non amiamo a sufficienza le nostre star. Ricordare quelli che hanno dato tanto allo spettacolo e alla cultura, vuol dire farli conoscere ai giovani e far capire che si parte da una storia per poi svirgolare ed andare oltre. Ma se non si conosce la tradizione, non si può andare oltre».

Hai iniziato la tua carriera da attrice con la compagnia di Eduardo: dai suoi occhi, come si è evoluto il Teatro eduardiano nei nostri giorni? Nelle stagioni dei più grandi teatri vediamo continuamente riprodotte le opere di De Filippo; dunque, quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi?

«L’aspetto positivo è quello di continuare a recitare Eduardo: è molto importante perché è uno dei più grandi autori del ‘900 e non va assolutamente dimenticato. L’aspetto negativo lo dico con una frase di Eduardo che mi divertiva molto: “Mi raccomando, quando non ci sarò più, non mi migliorate”. Molto spesso così non è, purtroppo, perché alcuni registi vogliono essere originali e modificare alcune cose: su molte cose sono d’accordo, su altre proprio no. La cosa più importante, però, è che si continui a portarlo in scena, così come Pirandello e Shakespeare, Eduardo è uno dei migliori drammaturghi al mondo e come tale va trattato».

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE

N°225 –  GENNAIO 2022

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