L’arte non finisce quando si chiude il sipario e si spengono le luci. Il suo lavoro arriva oltre il palco, passa tra i sedili, per gli spalti, arriva nei cuori attraverso una danza o una musica. Serve a cambiare il mondo, o almeno, ad alleviare i dolori di chi vive in un mondo che cambia troppo. È stato questo l’intento di San Carlo for Ukraine, l’evento benefico organizzato dal Teatro San Carlo di Napoli assieme al comitato napoletano della Croce Rossa Italiana.
«Il ricavato della serata, attraverso la Croce Rossa ed il Consolato Ucraino, andrà ai profughi arrivati qui a Napoli» spiega Emmanuela Spedaliere, direttrice del San Carlo: «Il nostro intento è quello di dare la possibilità anche ai giovani rifugiati arrivati qua e che magari hanno già maturato interessi artistici nel proprio paese ad utilizzare le nostre attività per l’educazione e dargli una continuità che possa rappresentare una normalità nella loro vita. A volte non basta il singolo evento ma bisogna far capire che c’è una strada che possiamo fare assieme. Credo che il San Carlo, che è già la casa di tutti, debba ancor più ora essere la casa anche dei rifugiati ucraini. Questa serata è importante perché rappresenta la grande risposta del pubblico alla causa della pace. Racconti come quelli della nostra ballerina, Karina, dimostrano che l’amore vince tutto».
Karina Samoylenko, classe ‘96, ha lanciato nei giorni successivi allo scoppio del conflitto ucraino un messaggio di pace in poco tempo diventato virale sui social. Non è banale: il padre vive in Russia sotto Putin, la madre nell’Ucraina assediata dalle forze russe. Con i genitori nei rispettivi paesi d’origine, l’intera famiglia resta legata dal filo del telefono – legata e non appesa – perché l’affetto permette di superare anche queste barriere. «La pace me la da mia madre quando la mattina mi chiama e dice: tutto bene. È la mia pace – ci racconta Karina – finché non la risento. L’umore nell’arco della giornata cambia molto, e ci sono momenti di sconforto che non si possono controllare. Il popolo ucraino si merita una vita di pace com’è normale. Ho avuto tantissimo appoggio nelle ultime settimane da tante persone, la solidarietà è arrivata da ogni angolo. Allo stesso tempo ciò che sto cercando di fare qui è aiutare tramite raccolte, organizzazioni di alloggi, anche lezioni di italiano. Insomma, tutto quello che è nelle mie possibilità».
È partito poco prima della guerra il corridoio umanitario dall’Ucraina organizzato da Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Derrate alimentari, coperte, farmaci: a chi resta nel paese mancano i beni essenziali, così come per chi fugge senza una direzione. Quella a causa del conflitto russo-ucraino è la più grande crisi di rifugiati mai vissuta nell’Europa moderna: ad oggi più di 3.7 milioni di Ucraini sono fuggiti nei paesi vicini (Dati UNHCR) mentre sono quasi 80mila i profughi della guerra arrivati in Italia. Molti di questi donne e bambini, perché gli uomini non possono uscire dal paese.
Tanti gli artisti sopra e sotto il palco, in un contrasto di musiche e danze. Ed è tanto il lavoro in quello che nel gergo è il “golfo mistico” del teatro, dove nasce la melodia che accompagna ballerini e ballerine. I Maestri del XX Secolo – così il nome degli spettacoli che fanno da cornice all’evento benefit – sono MacMillan e Balanchine. A suonare i capolavori del sovietico Shostakovich, invece, il pianista danese Sepp Grothenuis. «La musica ha sempre avuto un messaggio di pace» ribadisce Salvatore Acierno, musicista dell’orchesta del San Carlo: «Il nostro compito è quello di trasmettere il piacere della bellezza, noi, che siamo lontani da ogni tipo di conflitto».
Non è tutto: partirà a breve un secondo evento, “Ballet for Peace”, che vedrà ballerini russi e ucraini danzare insieme sul palco del San Carlo. Una serata speciale per la pace non solo contro il conflitto militare ma anche contro odi etnici e razzismo, per continuare a ribadire che la guerra piace solo a chi non la combatte e non la vive. Invece quel popolo che crea e non distrugge, vive e non muore, ama e non odia, non la vuole. Né in Europa, né nel mondo.
INTERVISTA AL PIANISTA SEPP GROTHENUIS
Il perfetto intreccio di melodie soavi alternate a note spezzate apre le danze sul palco del San Carlo. Sono le coreografie di Kenneth MacMillan a definire i primi movimenti del balletto, seguite da quelle di George Balanchine. I gruppi di ballerini e ballerine si aprono e chiudono dal centro agli angoli del palco, caldamente illuminato. I corpi volano, si sostengono in file coreografiche e in diagonali progressive e di scambio di ruoli.
Corpi duri sono appoggio e leva, un messaggio di coesione che lo stesso spettacolo “San Carlo for Ukraine” ha voluto dare al pubblico. Tutto accade dentro le melodie del compositore sovietico Dmitrij Dmitrievič Shostakovich riprodotte dalle dita di Sepp Grothenuis, pianista di fama internazionale, che abbiamo intervistato in occasione dell’evento benefit al Teatro di Napoli.
Quali sono le sensazioni percepite in uno spettacolo che ha un significato così importante per il periodo storico?
«L’arte richiede un coinvolgimento inevitabile. Con l’arte puoi cambiare lo spirito delle persone affinché la mente si nutra. Lavorare a uno spettacolo del genere con due ripetizioni in un giorno è un lavoro duro, soprattutto quando tutto dipende dal piano. Se il pianista manca una nota, è il panico. Quando sono partito mi sono detto di voler vivere giorni sereni a Napoli, ma andare in un negozio o incontrare qualcuno o sentire la mia famiglia mi ha aggiornato su ciò che sta accadendo».
E se ci fosse una persona russa di fronte a lei, cosa le direbbe?
«È già stato detto troppo e per tante generazioni. In Russia chi ha un’idea personale viene eliminato. È inutile incolpare una persona russa, alcune non sanno nemmeno cosa sta succedendo davvero. La propaganda russa non dice “abbiamo una guerra”, bensì “è tutto apposto, stiamo solo risolvendo alcuni problemi nel sud-ovest”, ma d’altra parte, dice “state attenti, potreste imbattervi in una bomba atomica”. Quindi i russi pensano che debba andare così, e hanno parenti nell’esercito, figli o altri cari morti e pensano che questi siano eroi. So che una ragazza russa sta piangendo perché il suo fidanzato è morto in guerra. So anche che da una parte è fiera di lui poiché ha dato il suo contributo ad una causa definita importante. Non c’è un’unica verità, ci sono prospettive diverse, ma bisogna approcciare con amore, empatia, sedersi insieme e magari non dire nulla, bensì percepire una presenza amica».
L’empatia è fondamentale anche per la preparazione di uno spettacolo. Nel caso de “I Maestri del XX secolo” quali sono state le difficoltà con i ritmi di Shostakóvich, che non sono così semplici da seguire?
«Ho partecipato con il balletto di MacMillan e vale lo stesso anche per Balanchine: i coreografi hanno creato uno spettacolo attuando una scelta particolare dei tempi. Balanchine predilige tempi più duri, MacMillan quelli più espressivi, che funzionano benissimo con il balletto. In Shostakóvich ci sono tre tipi di tempo, MacMillan predilige un tempo principale seguito da una marcia, da un tempo più lento, e poi ritorna il tempo principale, tutti hanno lo stesso tempo, ma velocità differenti.
Amo la combinazione di balletto e musica, il balletto senza musica è bello, ma non è il massimo e viceversa, insieme e raggiungono la perfezione. Poi Napoli ha un bellissimo teatro, il San Carlo è tra i più famosi del mondo, nella storia è oro e per me, come artista, è un onore esprimermi qui».
di Tonia Scarano e Ciro Giso
TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE
N°228 – APRILE 2022