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Samanta Crespi e “Disabilmentemamme”, una maternità oltre i pregiudizi

Grazia Sposito 08/11/2021
Updated 2021/11/09 at 9:32 AM
9 Minuti per la lettura

Disabilmentemamme è una pagina web che affronta le piccole sfide quotidiane dell’essere donna e mamma indipendente. Samanta Crespi è una mamma con una disabilità, la quale, quando rimase incinta della sua splendida bambina, cominciò a cercare informazioni in rete sulla disabilità e la gravidanza, non trovando però nulla.

Indice
Così Samanta, convinta che al mondo non esistono barriere, soprattutto quelle dell’amore di una mamma verso un figlio, insieme a delle altre mamme con esperienza di vita simile alla sua, aprono una pagina Facebook, “Disabilmentemamme”, per dimostrare a tutti come la disabilità sia un limite che può e deve essere superato.La pagina nasce prima di tutto per avere un sostegno concreto, affinché non si sentano più mosche bianche, perché parlare di disabilità abbinata alla maternità era estremamente difficile.Purtroppo tutt’oggi ci sono persone che le giudicano come mamme scellerate o super eroine. In realtà loro sono mamme, con le stesse paure e le stesse premure di tutte le altre, che possono dare e ricevere lo stesso amore.Si può essere madri e disabili, con l’aiuto della famiglia, del partner, di medici che non ti ostacolano ma che ti trattano come una qualsiasi altra donna che in questa vita vuole semplicemente generare amore. In questa intervista avremo modo di capire come la disabilità non pregiudica la possibilità di essere genitore, e come nasce la pagina Facebook “Disabilmentemamme”.Ciao Samanta, grazie per aver accettato questa chiacchiera, ti va di spiegare ai nostri lettori come nasce la pagina Facebook Disabilmentemamme?«Grazie a voi per lo spazio concessoci. La pagina Facebook Disabilmentemamme nasce prima di tutto da un’idea, un pensiero che nacque nella mia mente quando rimasi incinta e mi accorsi di essere sola, e pur cercando in rete esperienze e condivisioni di genitori e madri con disabilità, non trovai nulla.Anzi qualcosa trovai e mi fece gran rabbia: trovai pregiudizio, chiusura mentale, un atteggiamento per lo più ostile relativamente verso una donna con una condizione di disabilità (nel mio specifico caso motoria, dovuta ad una paralisi cerebrale infantile) e che desiderasse avere un figlio, o fosse già in attesa.Si sa che nel nostro paese ancora c’è molta strada da fare per l’inclusione e per far comprendere che le persone con disabilità hanno gli stessi diritti e possibilità di tutte le altre persone, compresa la possibilità di autodeterminarsi ed avere, perché no, un famiglia propria e dei figli.Appena si tocca questo argomento dei figli in relazione ad una madre con disabilità scattano le paure, la diffidenza, i giudizi, le offese: in poche parole, poco si sa di noi genitori con disabilità, perché non se ne parla. Ecco allora il perché dell’idea di “disabilmentemamme”.Dapprima però di creare la pagina e il gruppo ufficiale, ho cercato testimonianze e altre mamme con esperienze di vita simili alla mia, per potermi confrontare, una volta trovate altre ragazze e donne e visto che tutto ciò otteneva riscontro positivi e interesse è nato prima un gruppo WhatsApp ristretto, poi la pagina Facebook e il gruppo “amici di disabilmentemamme”.In concreto io ed altre ci occupiamo di fare divulgazione e conoscenza di ciò che è la nostra vita da donne e mamme con disabilità, proprio per poter abbattere quanti più pregiudizi e tabù e normalizzare qualcosa che già dovrebbe esserlo. Siamo donne siamo mamme come tutte, non dovremmo giustificarci o sentirci diverse».Chi sono le tue “prime amiche di viaggio”, per dimostrare che nella vita non ci sono limiti, anche per diventare mamma?«Siamo un gruppo piuttosto affiatato ormai, ci conosciamo da più di tre anni ormai. Le ragazze e donne disabilmentemamme vengono da tutta Italia. La scintilla iniziale però è partita da Antonella e da me che avevamo tanta voglia e tanto bisogno di riscatto da una società che ci vedeva donne e mamme di serie b, anormali, incapaci di crescere i nostri figli, o di prendere determinate scelte in gravidanza, nel parto e nel dopo. Diventare mamma con una disabilità si può, occorre solo avere il giusto supporto famigliare, medico e sociale».Ti è mai capitato di scontrarti con un pregiudizio sociale per cui una donna, affetta da una qualsiasi disabilità, non è adatta ad essere madre?«Come ho scritto in risposta alle precedenti domande, i pregiudizi legati alla maternità e disabilità sono tanti. E iniziano addirittura dal concepimento. Molte donne vengono scoraggiate ad avere figli, poiché si pensa erroneamente che una donna che ha bisogno di assistenza fisica dovuta alla propria condizione di disabilità, non possa essa stessa occuparsi di un figlio.In secondo luogo c’è molto pregiudizio e pressione a livello sanitario e medico, dove molto spesso i sanitari, medici, ginecologi e ostetriche non sono formati ad affrontare una gravidanza in una donna con disabilità motoria ad esempio, e si tende a scegliere la soluzione più comoda per protocollo, senza magari pensare alla sensibilità della madre e alla sue capacità e sensazioni.Nello specifico spesso si propone un parto cesareo a tutte le donne con paralisi cerebrale infantile, senza contare le effettive volontà della futura madre ad ottenere magari un percorso più idoneo, o perché no, un parto naturale.In ultimo spesso si mette molta pressione alle neomamme che hanno disabilità, pensando non siano in grado, quando invece l’accudimento di un bambino è cosa nuova e soggettiva per ogni diade madre bambino, disabilità o no, in più i padri e i famigliari possono giocare un ruolo fondamentale di supporto e protezione dalle critiche e ingerenze esterne, che spesso sono molte e creano senso di inadeguatezza in una madre che già di suo ha molte incertezze».Come fanno secondo te i figli ad accettare la disabilità di un genitore?«Non c’è nulla da accettare nel senso di farselo andare bene, perché per i bambini il genitore disabile è innanzitutto genitore: il bambino non concepisce la differenza e la disabilità finché qualcuno da fuori non lo faccia notare, ma nei primi anni, la mamma che ha una disabilità è semplicemente la mamma».Qual è il sogno più grande per Disabilmentemamme?«Posso dire quale è il mio: che non ci sia più bisogno di spiegare ove ci sono pregiudizi sulla nostra condizione e sulla maternità. Che nessuna donna subisca più pressioni, pregiudizi, offese solo perché desidera diventare madre. Che la genitorialità sia considerata come tale a prescindere dalla disabilità che si ha, perché ricordiamocelo fare il genitore non ha a che fare solo con il lato pratico, ma anche con tutta una serie di emozioni e di sensazioni che poco hanno a che vedere coi limiti fisici».di Grazia Sposito

Anzi, qualcosa trovò e le fece tanta rabbia: lesse solo tanti pareri contrari e montagne di pregiudizi. Ma chi stabilisce a questo mondo come debba essere una donna per poter diventare madre?  La disabilità può essere una discriminante per stabilire se una donna sia o meno adatta a dare alla luce un figlio?

Così Samanta, convinta che al mondo non esistono barriere, soprattutto quelle dell’amore di una mamma verso un figlio, insieme a delle altre mamme con esperienza di vita simile alla sua, aprono una pagina Facebook, “Disabilmentemamme”, per dimostrare a tutti come la disabilità sia un limite che può e deve essere superato.
La pagina nasce prima di tutto per avere un sostegno concreto, affinché non si sentano più mosche bianche, perché parlare di disabilità abbinata alla maternità era estremamente difficile.
Purtroppo tutt’oggi ci sono persone che le giudicano come mamme scellerate o super eroine. In realtà loro sono mamme, con le stesse paure e le stesse premure di tutte le altre, che possono dare e ricevere lo stesso amore.
Si può essere madri e disabili, con l’aiuto della famiglia, del partner, di medici che non ti ostacolano ma che ti trattano come una qualsiasi altra donna che in questa vita vuole semplicemente generare amore. In questa intervista avremo modo di capire come la disabilità non pregiudica la possibilità di essere genitore, e come nasce la pagina Facebook “Disabilmentemamme”.
Ciao Samanta, grazie per aver accettato questa chiacchiera, ti va di spiegare ai nostri lettori come nasce la pagina Facebook Disabilmentemamme?
«Grazie a voi per lo spazio concessoci. La pagina Facebook Disabilmentemamme nasce prima di tutto da un’idea, un pensiero che nacque nella mia mente quando rimasi incinta e mi accorsi di essere sola, e pur cercando in rete esperienze e condivisioni di genitori e madri con disabilità, non trovai nulla.
Anzi qualcosa trovai e mi fece gran rabbia: trovai pregiudizio, chiusura mentale, un atteggiamento per lo più ostile relativamente verso una donna con una condizione di disabilità (nel mio specifico caso motoria, dovuta ad una paralisi cerebrale infantile) e che desiderasse avere un figlio, o fosse già in attesa.
Si sa che nel nostro paese ancora c’è molta strada da fare per l’inclusione e per far comprendere che le persone con disabilità hanno gli stessi diritti e possibilità di tutte le altre persone, compresa la possibilità di autodeterminarsi ed avere, perché no, un famiglia propria e dei figli.
Appena si tocca questo argomento dei figli in relazione ad una madre con disabilità scattano le paure, la diffidenza, i giudizi, le offese: in poche parole, poco si sa di noi genitori con disabilità, perché non se ne parla. Ecco allora il perché dell’idea di “disabilmentemamme”.
Dapprima però di creare la pagina e il gruppo ufficiale, ho cercato testimonianze e altre mamme con esperienze di vita simili alla mia, per potermi confrontare, una volta trovate altre ragazze e donne e visto che tutto ciò otteneva riscontro positivi e interesse è nato prima un gruppo WhatsApp ristretto, poi la pagina Facebook e il gruppo “amici di disabilmentemamme”.
In concreto io ed altre ci occupiamo di fare divulgazione e conoscenza di ciò che è la nostra vita da donne e mamme con disabilità, proprio per poter abbattere quanti più pregiudizi e tabù e normalizzare qualcosa che già dovrebbe esserlo. Siamo donne siamo mamme come tutte, non dovremmo giustificarci o sentirci diverse».
Chi sono le tue “prime amiche di viaggio”, per dimostrare che nella vita non ci sono limiti, anche per diventare mamma?
«Siamo un gruppo piuttosto affiatato ormai, ci conosciamo da più di tre anni ormai. Le ragazze e donne disabilmentemamme vengono da tutta Italia. La scintilla iniziale però è partita da Antonella e da me che avevamo tanta voglia e tanto bisogno di riscatto da una società che ci vedeva donne e mamme di serie b, anormali, incapaci di crescere i nostri figli, o di prendere determinate scelte in gravidanza, nel parto e nel dopo. Diventare mamma con una disabilità si può, occorre solo avere il giusto supporto famigliare, medico e sociale».
Ti è mai capitato di scontrarti con un pregiudizio sociale per cui una donna, affetta da una qualsiasi disabilità, non è adatta ad essere madre?
«Come ho scritto in risposta alle precedenti domande, i pregiudizi legati alla maternità e disabilità sono tanti. E iniziano addirittura dal concepimento. Molte donne vengono scoraggiate ad avere figli, poiché si pensa erroneamente che una donna che ha bisogno di assistenza fisica dovuta alla propria condizione di disabilità, non possa essa stessa occuparsi di un figlio.
In secondo luogo c’è molto pregiudizio e pressione a livello sanitario e medico, dove molto spesso i sanitari, medici, ginecologi e ostetriche non sono formati ad affrontare una gravidanza in una donna con disabilità motoria ad esempio, e si tende a scegliere la soluzione più comoda per protocollo, senza magari pensare alla sensibilità della madre e alla sue capacità e sensazioni.
Nello specifico spesso si propone un parto cesareo a tutte le donne con paralisi cerebrale infantile, senza contare le effettive volontà della futura madre ad ottenere magari un percorso più idoneo, o perché no, un parto naturale.
In ultimo spesso si mette molta pressione alle neomamme che hanno disabilità, pensando non siano in grado, quando invece l’accudimento di un bambino è cosa nuova e soggettiva per ogni diade madre bambino, disabilità o no, in più i padri e i famigliari possono giocare un ruolo fondamentale di supporto e protezione dalle critiche e ingerenze esterne, che spesso sono molte e creano senso di inadeguatezza in una madre che già di suo ha molte incertezze».
Come fanno secondo te i figli ad accettare la disabilità di un genitore?
«Non c’è nulla da accettare nel senso di farselo andare bene, perché per i bambini il genitore disabile è innanzitutto genitore: il bambino non concepisce la differenza e la disabilità finché qualcuno da fuori non lo faccia notare, ma nei primi anni, la mamma che ha una disabilità è semplicemente la mamma».
Qual è il sogno più grande per Disabilmentemamme?
«Posso dire quale è il mio: che non ci sia più bisogno di spiegare ove ci sono pregiudizi sulla nostra condizione e sulla maternità. Che nessuna donna subisca più pressioni, pregiudizi, offese solo perché desidera diventare madre. Che la genitorialità sia considerata come tale a prescindere dalla disabilità che si ha, perché ricordiamocelo fare il genitore non ha a che fare solo con il lato pratico, ma anche con tutta una serie di emozioni e di sensazioni che poco hanno a che vedere coi limiti fisici».
di Grazia Sposito

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