Correva il 2018 quando, durante la kermesse di Pescara svoltasi prima delle elezioni del 4 marzo, Luigi Di Maio – l’allora leader del Movimento 5 Stelle – presentava il programma elettorale. Nel manifesto, “il futuro in programma. 20 punti per la qualità della vita degli italiani”, il sesto punto era dedicato ai “tagli agli sprechi e ai costi della politica” e annunciava uno stop a pensioni d’oro, vitalizi, privilegi, sprechi della politica e opere inutili.
Il punto fermo del leader pentastellato era quello di trovare i fondi per abolire e superare la riforma Fornero facendo un taglio netto alle pensioni d’oro, ovvero assegni previdenziali da almeno 5000 euro lordi al mese. Secondo le stime presentate dal partito, il risparmio sarebbe arrivato alla soglia dei 12 miliardi.
Durante le elezioni del 4 marzo, il Movimento risultò primo partito politico italiano con il superamento del 32% dei consensi sia alla Camera che al Senato, e il 1° giugno 2018 entrò a far parte, insieme alla Lega, del Governo Conte I.
Il programma presentato dalle due fazioni prevedeva una sintesi delle proposte presentate dai partiti e l’accordo di far fronte unito nella “battaglia ai vitalizi”.
Con l’attuazione della delibera sul taglio, avvenuta il 16 ottobre 2018, oltre 700 ex senatori presentarono ricorso facendo leva su errori tecnici e giuridici. La decisione sui ricorsi, preparati separatamente dagli avvocati Paniz, Sorrentino e Sandulli, Besostri e Lentini, era affidata al Consiglio di giurisdizione della camera; che per evitare che gli avvocati dei ricorrenti potessero portare il taglio dei vitalizi alla Corte costituzionale, decisero di presentarlo non con una legge ma con una delibera dell’ufficio di presidenza. Secondo i legali dei ricorrenti, questa era una scelta illegittima perché, per l’articolo 69 della costituzione “i membri del parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge”. Ma la critica più radicale riguardò l’applicazione retroattiva del sistema contributivo impossibile dato che quel sistema si basa sull’accumulazione, anno dopo anno, di un montante che per gli ex deputati non c’è mai stato. Anche l’individuazione dei coefficienti di rivalutazione è arbitraria e il risultato – si legge nel ricorso collettivo firmato da Sorrentino e Sandulli – “è un sistema pseudo contributivo che non ha nulla a che vedere con la matematica attuariale”.
“A decidere se far tornare in vita i vitalizi cancellando la delibera del 2018 voluta dal M5s, che ne ha decretato la fine, sarà un organo interno del Senato in totale e pieno conflitto d’interessi. Questo perché tra i suoi componenti ci sono o persone che sono entrate in Parlamento molti anni fa e che quindi hanno tutto l’interesse a far decadere la disciplina attuale per godere personalmente del vitalizio maturato, oppure persone molto vicine ad altri ex senatori che attendono di poter riavere il privilegio. Neanche una delibera già approvata riesce a fermare la casta” accusarono i pentastellati sul blog delle Stelle. “Siamo pronti a dare battaglia, c’è un conflitto di interessi inaccettabile” rincarò la dose Vito Crimi, capo politico reggente del Movimento.
Ieri sera dalla Commissione contenziosa del Senato è arrivato l’annullamento della delibera accompagnato dall’indignazione del capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, che in una nota scrive: “Ci provano da mesi: lo hanno fatto di notte, di nascosto. È uno schiaffo a un paese che soffre. Chi dobbiamo ringraziare per questa operazione, la presidenza del Senato?”
Maurizio Paniz, ex deputato, che ha difeso la maggior parte degli ex senatori che hanno presentato il ricorso, commenta così l’annullamento del taglio dei vitalizi: “è un risultato che mi ripaga dell’impegno, degli insulti e delle minacce ricevute. Non ho difeso un privilegio ma un diritto. La decisione avrà tenuto conto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Cassazione in base alla quale, di fronte a una situazione consolidata, gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a cinque requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera. In primo luogo – continua l’avvocato – non deve essere retroattivo, mentre questo taglio lo era; in secondo luogo non deve avere effetti perenni, come invece li aveva la delibera; in terzo luogo non deve riguardare una sola categoria ma deve essere “erga omnes”, mentre qui si colpivano solo gli ex parlamentari; in quarto luogo deve essere ragionevole, mentre questo taglio raggiungeva l’8% degli importi; infine deve indicare dove vanno a finire i risparmi che non possono finire nel grande calderone del risparmio, e anche su questo punto la delibera era carente“.
Un ricorso contro tale sentenza è assai probabile a tal proposito, il Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, su Facebook scrive: “Davvero c’è ancora qualcuno che pensa ai vitalizi nonostante un’emergenza di questa portata? Senza parole. Chi pensa di gioire allora non ha capito nulla. Se ci sono interessi da tutelare sono solo quelli dei cittadini italiani che hanno sofferto per mesi gli effetti di questa pandemia. Abbiamo già abolito i vitalizi e non abbiamo alcuna intenzione di ripristinarli”.
A spalleggiarlo il leader della Lega, Matteo Salvini, che intervenendo a Diritto e Rovescio su Rete 4 commenta: “Come Lega cercheremo di cambiare”. E il segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti non risparmiandosi parole forti: “Sui vitalizi una scelta insostenibile e sbagliata. La cassa integrazione è in ritardo e si rimettono i vitalizi. Non è la nostra Italia“.
di Rossella Schender