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#SalottoInstagram: Mario Rosini, un “americano” in Italia

Redazione Informare 21/04/2020
Updated 2020/04/21 at 4:31 PM
9 Minuti per la lettura

L’Italia è un paese strano, in cui convivono tanti contrasti.

Nel settore artistico poi, dominato nell’ultimo ventennio dagli show televisivi con orde di ragazzi lampadati e sgomitanti alla ricerca del “fattore x” o della “voice” di turno, c’è tanta confusione.

Ed in questo scenario, post-lunare, soltanto amplificato dal coronavirus, ci sono tanti “Mostri”, artisti dal talento cristallino che, se fossero nati altrove avrebbero i calendari pieni e cachet da capogiro per ciò che sanno fare ma che, in quanto italici, faticano non poco.

È il caso di Mario Rosini, che, ancora embrione, dev’essere stato sparato sulle coste pugliesi direttamente da un razzo Usa di New Orleans. Si può spiegare solo così la sua presenza nel Belpaese, cantante e pianista eccellente, tra i migliori, a mio avviso, del jazz nostrano.

Nativo di Gioia del Colle, vanta collaborazioni eccellenti in curriculum e si è raccontato a me agli spettatori di #salottoinstagram.

Un amore, il suo per la musica, che nasce da piccolo, studia pianoforte al Conservatorio “Piccinini” di Bari, prosegue la specializzazione attraverso lo studio con Joe Zawinul e Dan Mash per la Berklee College of Music ad Umbria Jazz. E’ presidente della Commissione Artistica della Giuria del “Premio Mia Martini” ed ha collaborato, sui palchi ed in studio, con numerosi artisti importanti. Tra questi Mia Martini, James Senese, Neri per caso, Tosca, Rossana Casale, Grazia di Michele, Mimmo Cavallo, Irene Grandi e tanti altri.

Rosini è anche docente di Canto Jazz al Conservatorio “Duni” di Matera, il rapporto con i giovani allievi è una cosa che lo gratifica: “Mi diverte e mi impegna tantissimo. Si parla di jazz pensando solo al lato gioioso della sua espressione ma non conoscendo la sua storia che è lunga, variegata e meritevole di attenzione. Dagli anni ’20 in poi. L’espressione del jazz è la più libera che c’è ma ha un codice che non è affatto semplice”.

Suo, per la parte musicale, è il brano “Sono fatti miei” interpretato da Eduardo De Crecenzo: “Non ho mai incontrato fisicamente Eduardo. A quei tempi lavoravo come autore per l’etichetta Ricordi, poi BMG. L’ho sentito per telefono, complimentandomi con lui e ci siamo confrontati sul brano. È un grande e lo rispetto molto”

Di cuore, invece, è stata l’amicizia con Pino Daniele: “Con Pino c’è stata una vera amicizia, mi ha aperto le porte del suo mondo. Ci siamo incontrati più volte ed era sempre magia, una vera crescita umana e professionale. Mi ricordo che eravamo a Formia e passeggiavamo sul lungomare, lui mi confidò di quanto per lui fosse difficile quel gesto per me tanto semplice. Suonavamo sempre, anche di notte. C’era sintonia. Registrammo alle 2, per esempio il brano Encantado che poi entrò nel mio disco, un’atmosfera unica ed irripetibile”.

La quarantena è durissima per tutti, figuriamoci per chi, come un musicista, è abituato ad una vita perennemente al centro, in contatto ed in viaggio: “Sono tranquillo, passerà anche questa, mi faccio sorprendere dalla musica. Ogni volta come fosse la prima. Spazio dai canti Gregoriani ai Weather Report passando per Claude Debussy. Mi tuffo nel mare delle sette note e mi lascio cullare”.

Ma il suo grande ispiratore ha nome e cognome, è Stevie Wonder: “Per me -confida accurato il musicista pugliese- lui è come il sale che condisce tutte le pietanze. E’ uno straordinario polistrumentista, oltre che essere un grande cantante. Ciò che scrive non è mai banale ed ancora oggi meraviglia. D’altronde il suo cognome, traducendolo, significa appunto meraviglia. Imparo costantemente da lui, ad esempio su come pensare e proiettare il suono nel canto. In lui c’è blues, funky ed, armonicamente, fa delle cose difficilissime che non sono figlie di alcun studio ma del suo genio creativo “

Altra importante collaborazione è con Gino Vannelli: “E’ un altro campione. Un cantante unico, con un timbro pazzesco. Anche lui suona benissimo tutti gli strumenti. L’ultimo suo disco se l’è fatto completamente da solo, arrangiandolo e suonandolo da sè. Ricordo che-sorride Rosini- che quando lessi per la prima volta lo spartito dei suoi brani mi spaventai tanto era difficile e pieno di note. Abbiamo fatto le prove con Skype e mi sono divertito tantissimo a collaborare con lui, spero presto di risentirlo”.

Sulle sue pareti di casa sua troneggia la copertina del disco “Hotter than July”, capolavoro Wonderiano ma anche un quadro dedicato a Domenico Modugno, vicino al caminetto: “In comune hanno la passione che non si risparmia mai per la musica, nello scrivere e nella voce, sono degli esempi”.

Secondo posto a Sanremo 2004 con “Sei la vita mia“, ma nonostante il trionfo sul palco dell’Ariston: “Quell’occasione è arrivata quando non ci credevo più, dopo una vita di musica spesa sui palchi italiani e mondiali come pianista-corista al fianco di tanti bravi colleghi . Quell’anno, grazie all’intervento di Tony Renis che ringrazierò sempre, ci fu una sola categoria che includeva tutti i partecipanti. E’ stata un’esperienza magica e sono soddisfatto, ho fatto una bella performance”.

Rosini conquistò, a giusta ragione, la ribalta ma il dopo-Sanremo, non fu altrettanto felice: “Il mio compito era quello di fare, musicalmente parlando, il meglio che potessi e l’ho fatto. Chi aveva il lato gestionale, evidentemente, non ha fatto tutto bene. Il primo errore è stato far uscire il disco un anno dopo Sanremo e poi vedevo che il singolo successivo non aveva riscontro nelle radio. Sono successe delle cose inspiegabili che mi hanno ferito molto e, se non fossi stato forte come sono, ancorato alle mie radici, sarebbe stato difficilissimo uscirne indenni”.

La musica, la medicina migliore per tutti,in tempi di covid-19 e non: “La musica c’è e non se ne andrà mai. Ringrazio Dio per avermi donato questo talento. Devo solo rispettarlo e cercare di forgiarlo. Pazienza se non sei in TV o firmi autografi per la strada. In quel periodo in cui ero all’apice del successo popolare ero schiavo di ciò che gli altri volevano che io facessi, una rogna incredibile. Oggi sono sereno e faccio la musica che desidero, anche grazie ai social che mi danno la possibilità di esprimermi liberamente”.

Un capitolo apparte è dedicato a Rossana Casale, con la cantautrice italiana nata a New York il rapporto è speciale: “Da lei ho imparato tantissime cose. Prima di tutto sulla gestione del palco, è un’artista preparatissima che riempie la scena ed ha una grande cultura del Jazz. Abbiamo proposto a Baglioni un brano, a mio avviso molto bello, per l’ultimo Sanremo ma non è andata. Di certo l’Ariston, se dovesse capitare ancora nella mia vita, sarebbe un’occasione che affronterei con lo stesso entusiasmo ed amore di sempre, per la mia musica”.

Per Rosini tanti progetti in cantiere, ne sono certo, il futuro è ancora tutto da scrivere, con bellezza e talento di cui è indubbiamente dotato. Intanto ha inciso una cover del celebre brano “The Power of love” dei Frankie Goes To Hollywood per sostenere l’Ospedale di Bergamo in emergenza Coronavirus. Con lui gli amici Simona Bencini, Silvia Mezzanotte, Mietta e Fabrizio Bosso.

di Nando Misuraca

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