Storia di fuga e di crescita, di ingiustizie e di amori, il romanzo “Nemici fraterni” – recentissima pubblicazione dell’avvocato napoletano Alfredo Alvino per Edizioni dell’Ippogrifo – dipana la vicenda di due giovani, Federico e Turillo, cresciuti insieme in una terra ospitale nonostante le numerose contraddizioni e che finiscono per allontanarsi inesorabilmente, complice un sostrato sociale rigido che impone loro le sue leggi. Alvino, che esercita presso l’Avvocatura della Regione Campania, non è nuovo al mondo editoriale: ha già pubblicato, in passato, due raccolte di racconti, “Le figurine dell’età felice” e “Autunno Napoletano”.
Di quest’ultima silloge fa parte “Il vicolo”, che è valso all’autore il premio letterario I Porti Sepolti. Al 2011 risale invece “Il disertore”, la storia – sempre di ambientazione rurale partenopea – di due amici, che affrontano insieme fortune e sventure andando incontro ad amori e, talvolta, a sofferenze. Anche stavolta l’amicizia ha un posto speciale nei fatti narrati: un sentimento che si carica di chiaroscuri e arriva a tingersi addirittura di odio. “Nemici fraterni” comincia nel fatidico 1848: a Chiaiano, nel fondo denominato affettuosamente A’ Melella, di proprietà del conte Ruotolo – padre di Turillo – la famiglia di Federico lavora instancabilmente, cercando di vivere dignitosamente.
Sullo sfondo incontaminato di una natura materna che asseconda i bisogni dei suoi operosi abitanti, i due ragazzi, assieme a un gruppo di coetanei, vivono un’infanzia spensierata, scandita dalla ricorrente filastrocca «Guarda ‘a luna…guarda ‘e stelle». Quando Ruotolo deciderà che per il suo primogenito è giunta l’ora di intraprendere la carriera militare, Turillo si allontanerà dal caro compagno di giochi; la frattura, col sopraggiungere di alcuni drammatici episodi, diverrà presto insanabile.
I TEMI E LO STILE
Lo stile semplice e diretto si sposa con l’indole dei personaggi: la narrazione, oltre a svelarne i punti di vista, si arricchisce di toponimi evocativi e dialoghi in lingua napoletana. Accanto alle vicissitudini dei protagonisti, emergono i ritratti forse anche più nitidi degli altri abitanti, le cui storie sono foriere di interessanti suggestioni. È il caso dei personaggi femminili, che vivono spesso condizioni subalterne eppure restano aggrappati alla propria identità: tra queste Emma De Biase e Titella, che non rinunciano a sognare l’amore.
A fare la differenza è poi sicuramente la sensibilità di Iennaro – giovane ingenuo che riesce a riscattarsi dai pregiudizi e a sposare la ragazza amata. In un sistema non certo estraneo alla corruzione, la giustizia è ben rappresentata da Tammaro Beneduce, Delegato di Polizia che si contrappone con l’ingegno a tutti coloro che cercano di circuire le autorità. Così come acquisiscono rinnovata dignità personaggi che, a causa di malaugurate coincidenze, sono finiti dietro le sbarre: don Nicola, compagno di cella di Iennaro per qualche tempo, non gli negherà il suo ascolto e i suoi preziosi consigli.

UNA CONCLUSIONE CHE RIACCENDE IL DIBATTITO
«Infatti, in quel maggio del 1860, tanto odoroso e primaverile, dallo scoglio di Quarto, un pugno di uomini dalla Casacca rossa era partito alla volta della Sicilia, era cominciata l’epopea garibaldina». Le pagine conclusive virano precipitose verso la battaglia del Volturno, trascinando i protagonisti ormai adulti verso la resa dei conti.
Dichiaratamente un prodotto dell’immaginazione dell’autore, “Nemici fraterni” si insinua – per la sua vocazione di romanzo storico – tra i momenti salienti del Risorgimento italiano in area meridionale, avanzando una rilettura che si mescola alla finzione e prova a investire i garibaldini di una luce diversa.
Una questione sollevata da tempo e, per alcuni, ancora aperta, che vede fronteggiarsi versioni contrapposte degli eventi, soprattutto in merito al presunto genocidio di Fenestrelle – cui Alvino fa riferimento – storicamente non attestato. Se il dibattito può continuare nelle sedi opportune, resta però interessante il tentativo – da parte dell’autore – di far riflettere sul potenziale rovescio della medaglia che qualsiasi rivolgimento storico reca con sé.
di Annateresa Mirabella