Tutti i bambini hanno diritto ad un ambiente familiare sereno, anche in fase di separazione o divorzio. A tal fine, i gruppi di parola si propongono come occasione di dialogo tra figli e genitori, momento per dare voce a pensieri spesso confusi, taciuti nel timore di un aspro confronto. Dunque, i gruppi di parola dovrebbero essere valorizzati nell’ambito dei consultori familiari e non costituire un’eccezione ma una costante volta a garantire a tutti i bambini e a tutte le bambine di condividere un momento doloroso della loro vita, quale la separazione o il divorzio, superandolo con lo scambio di esperienze e sentimenti. Perché si parla di gruppi di parola e a cosa servono? Lo chiariamo con la dott.ssa Mariella Romano, specializzata in mediazione familiare e dei conflitti in famiglia, nonché conduttrice di gruppi di parola.
A che esigenza rispondono i gruppi di parola?
«I gruppi di parola sono un intervento teso a favorire la ristrutturazione della relazione nel gruppo familiare diviso, in crisi, in accesa conflittualità. È uno strumento nelle mani dei bambini che possono esprimere il loro punto di vista su quello che vivono nella famiglia. Non si tratta di incontri di tipo terapeutico; infatti, sono condotti da un mediatore familiare formato alla conduzione dei gruppi di parola. Si lavora con i bambini in piccoli gruppi, di circa sei o otto bambini, più o meno della stessa età: dai sei a quattordici anni. Si fa attenzione a non favorire la collaborazione tra fratelli o sorelle durante gli incontri, altrimenti si sosterrebbero a vicenda e non si renderebbero conto che devono trovare la loro forza nel gruppo. In questo modo, si mira a riequilibrare quella situazione di disequilibrio e di anormalità che stanno vivendo, trovando un sostegno in altri bambini che affrontano la stessa situazione.
Per questo motivo si chiamano gruppi di parola: sono gruppi di pari, di bambini che vivono la stessa situazione che traggono forza dagli insegnamenti di ciascuno. Attraverso la narrazione, il gioco, il collage, il disegno, la drammatizzazione, i bambini vengono chiamati a esprimere il loro stato d’animo, quello che avvertono rispetto alla situazione di conflittualità. Ad esempio, molti bambini descrivono le case ma ricordo che un bambino descrisse il tribunale. I bambini non possono essere esclusi dalla separazione; al contrario, devono poter comprendere quel che accade, essere ascoltati ed essere tutelati anche in questa sede, attraverso la mediazione familiare e i gruppi di parola. L’obiettivo del gruppo di parola è favorire lo scambio di parole nuove, di pensieri spontanei, sia tra i bambini che partecipano agli incontri che tra loro e i genitori. È un regalo reciproco: un dono che i bambini fanno ai genitori e che i genitori fanno ai bambini consistente in un momento di grande emozione che porta ad una riflessione sul conflitto e, nella migliore delle ipotesi, alla maturazione di una genitorialità condivisa e responsabile».
Come si svolgono gli incontri?
«I bambini vengono iscritti ai gruppi di parola sulla base della volontà di entrambi i genitori. Si svolgono quattro incontri settimanali della durata di due ore. Il primo incontro è conoscitivo: ognuno racconta la propria storia, i conduttori entrano in empatia con i bambini che, a loro volta, fanno amicizia tra di loro. Ogni incontro prevede un’attività e una fase di merenda che è molto importante. Il momento della merenda, infatti, è l’occasione per i bambini di interagire liberamente tra di loro; durante quell’interazione, noi conduttori supervisioniamo per comprendere qual è il loro rapporto, di cosa parlano, quali emozioni si trasmettono tra di loro.
Al secondo incontro, di solito, si propongono attività come la scatola dei segreti in cui i bambini scrivono confidenze sulla loro vita familiare. Al terzo incontro si scrive la lettera per i genitori. I bambini dettano una frase a testa ad un altro bambino, esprimendosi in modo più o meno confuso. In tal modo, in anonimato, si rivolgono ai genitori. Al quarto incontro i genitori rispondono alla lettera».
Quale necessità esprimono più spesso i bambini e come reagiscono i genitori?
«I bambini sottolineano spesso l’urgenza di voler parlare con i genitori per capire meglio la situazione e conoscere la verità. Perché non mi dicono le cose come stanno? Perché non posso parlare? Queste sono solo alcune delle domande che i bambini pongono ai genitori e che tradiscono un forte senso di rabbia e di dolore. I genitori, leggendo la lettera, si rendono conto di non aver compreso i pensieri dei loro figli, supponendo erroneamente che i bambini non siano in grado di percepire il cambiamento in corso.
È un momento emozionante, in cui i genitori sono chiamati a prendere coscienza delle reciproche responsabilità nei confronti dei loro figli. Realizzano, infatti, che la separazione è preferibile ad una trincea quotidiana ma deve avvenire nelle modalità più corrette nei confronti dei figli. Si tocca con mano la genitorialità condivisa di cui si discute tanto ma che trova poca applicazione: si superano le accuse reciproche e ci si assume il ruolo di genitore nel comune interesse alla tutela dei figli.»
Come muta l’atteggiamento dei bambini nel corso degli incontri?
«All’inizio i bambini sono reticenti a lasciare i genitori. Il primo incontro è quello più difficile perché il conduttore deve entrare in empatia con i bambini, entrare in punta di piedi nel loro vissuto familiare e nel loro dolore. Quando, attraverso il momento ludico, l’ambiente diventa familiare, i bambini vedono nei conduttori delle persone con cui potersi aprire: non un surrogato dei genitori ma un facilitatore per esprimere i loro problemi, senza la preoccupazione del giudizio dei familiari. È fondamentale anche il rapporto che si instaura con gli altri bambini: è più facile trasmettere quello che prova agli altri bambini e creare un’alleanza perché ritrova nell’altro suo pari una reciproca comprensione, a maggior ragione se crede che viva la sua stessa situazione».
di Edna Borrata e Ilaria Ainora