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“Restiamo fedeli alla nostra libertà”: l’appello di Fatou Diako di Articolo 21 Campania

Silvia De Martino 10/05/2023
Updated 2023/05/10 at 12:43 PM
6 Minuti per la lettura

L’Articolo 21 della Costituzione italiana si esprime sulla libertà di stampa: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Un saldo principio radicato nelle fondamenta del nostro paese. «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure», continua così l’ordinamento italiano. Il giornalista dunque deve fare del racconto della verità il suo mestiere, senza coercizioni, senza limitazioni, impedimenti, ostacoli e soprattutto senza paura. Niente di più, semplicemente un diritto. Eppure ci vuole ancora tanto coraggio per scegliere questa strada. La strada del raccontare verità scomode, cercare la polvere nascosta sotto i tappeti, scuotere gli animi, scavare nel profondo, nel marcio che può esserci. Ci vuole coraggio per continuare ad insistere su un tema che scotta e cercare di non bruciarsi per uscirne illesi. Quel coraggio, quella dedizione è ciò che va tutelato per favorire la divulgazione del vero.

«La circolazione del pensiero mi sembra essere figlia di una concezione filosofica per la quale le voci devono o possono mescolarsi, intersecarsi, contrastarsi, avendo tutte lo stesso valore se si ispirano alle regole del buon vivere civile. Non vi sono idee, anche se non condivise, suscettibili di dover prevaricare sulle altre; non vi sono voci da ritenersi autorizzate a sopprimere altre voci». Queste le parole sul tema della libertà di stampa dell’attivista ivoriana Fatou Diako, Presidente di Articolo 21 Campania– Associazione di giornalisti che si pone a tutela della libertà di stampa –, di Hamef – Associazione che si occupa dei diritti dei migranti – e della Consulta degli Immigrati del Comune di Napoli. «Nell’ambito del mio percorso personale mi sono sempre battuta per i diritti umani, apprezzando la libera circolazione delle idee e del “pensiero”, nell’applicazione quotidiana e costante dei principi democratici. Quando le idee collimano, o devono per forza collimare, si fuoriesce dalla democrazia per entrare in un regime di stampo dittatoriale, letale per la libertà di stampa e per la dignità umana».

Fatou Diako ha spiegato ai nostri microfoni come la sua esperienza l’abbia portata ad aiutare e a difendere in Italia diritti e posizioni personali di attivisti politici. «Non ho mai conosciuto gli effetti di una persecuzione diretta ai miei danni. Ho potuto apprezzare, nell’esperienza altrui, il valore di individui, uomini e donne, giornalisti e non, che sono stati pronti a sacrificare la loro incolumità fisica per far circolare le idee, anche nel disvelare verità scomode e smascherare ipocrisie sociali e istituzionali. Il tutto nella consapevolezza che se il corpo può essere picchiato, minacciato, punito, imprigionato, la mente abituata a pensare in autonomia non conosce né barriere, né sbarre imprigionanti». 
«Io mi batto e continuerò a battermi per chi rifiuta tali condizionamenti, barriere e imbavagliamenti mentali. Il valore dell’uomo è nella sua libertà e la sua libertà è nella capacità di non smentirsi per compiacere terzi o i poteri. Semplicemente non lasciamoci sedare o imbavagliare. Restiamo fedeli alla nostra libertà». 

Le barriere alla libertà dei migranti in Italia

Fatou Diako rappresenta un punto di riferimento per i migranti, essendo ormai in contatto con tutte le numerose comunità presenti nella nostra Regione. «Sono anni che lottiamo per ottenere i nostri diritti, dico “noi” perché anche io faccio parte di questa fetta di popolazione che soffre tanto. Con la mia associazione Hamef ci occupiamo della tutela dei diritti dei migranti. Sono anni che lotto per la tutela dei diritti degli ultimi. Abbiamo cercato di tutelare la dignità di queste persone, la loro libertà di circolare e quindi mi riferisco al permesso di soggiorno». Fatou insiste sull’importanza, oltre che dell’accoglienza, di integrare concretamente nel Paese l’immigrato, che possa quindi accedere ad una vita dignitosa e godere di ogni diritto. «Non basta essere accolti. Se abbiamo la capacità di salvare queste vite umane nel Mediterraneo, dobbiamo avere la stessa capacità di salvarle anche sulla terra e garantirgli dei diritti. Complicare le cose sul fronte dell’integrazione, significa ritrovare quel ragazzo o ragazza per strada ed esporlo alla malavita».

In tal senso Fatou Diako si è soffermata sul permesso di soggiorno. «Per rinnovare il permesso di soggiorno la questura chiede un contratto di lavoro. Il problema è che nella nostra Regione non c’è il lavoro neanche per i giovani italiani, figuriamoci per noi immigrati. L’alternativa è il lavoro agricolo, dove il migrante viene sfruttato e non riceve neanche un contratto regolamentare». Il nuovo decreto Cutro, in valutazione in Parlamento, potrebbe stravolgere nuovamente le cose per gli immigrati. «La nostra lotta è complicata, perché con ogni Governo cambia qualcosa. Molti ragazzi stanno vivendo una situazione indescrivibile, perché non sanno cosa sarà della loro vita. L’integrazione diventa ancora più complicata se uno si sveglia la mattina e il governo cambia le cose. C’è più preoccupazione che integrazione».

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