Il Campania Libri Festival è stato un evento di 4 giorni con eventi incentrati sui libri e la cultura. La fiera, finanziata dalla Regione Campania, si è tenuta dal 5 all’8 ottobre sullo sfondo del Palazzo Reale di Napoli. Campania Libri Festival ha visto succedersi personaggi di rilevanza internazionale della cultura letteraria e audiovisiva italiana e non solo.
Il cortile interno del Palazzo, è stato allestito con stand di numerose case editrici. Le antiche sale reali sono state aperte a visitatori e turisti, mentre all’interno vi si svolgevano oltre 200 eventi tra conferenze, workshop e spettacoli.
Campania Libri Festival: da Roberto Colella a Zerocalcare
L’anteprima del festival, tenutasi il 2 ottobre, ha ospitato lo scrittore cileno Benjamin Labatut, per la presentazione del suo ultimo bestseller: “Maniac”. Il primo giorno di festival si è aperto con la presenza di numerosi volti del mondo dello spettacolo: da Pupi Avati a Roberto Colella, frontman de La Maschera.
Ad arrivare a Napoli per la presentazione delle graphic novel “Kobane Calling” e “No Sleep Till Shengal” c’è anche il fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare. Con lui c’è Eddi Marcucci, giovane scrittrice che, nel 2017, ha scelto di unirsi alla resistenza curda contro lo Stato Islamico nella Siria del Nord. Una scelta che le è valsa la definizione di “socialmente pericolosa” e una sorveglianza speciale una volta tornata in Italia. “Rabbia proteggimi” è il libro in cui parla della sua esperienza di lotta.
Informare intervista Zerocalcare a Campania Libri Festival
È proprio Zerocalcare a spiegare ai nostri microfoni l’importanza di parlare di Kurdistan ad un evento come questo nel contesto storico-politico attuale, toccando i temi del femminismo nell’organizzazione politica e sociale curda basata sul confederalismo democratico teorizzato da Öcalan, leader politico segregato nel carcere di massima sicurezza di Imrali, in Turchia, da ormai 24 anni.
«È importante parlarne perché significa dimostrare che ci sono delle alternative possibili. Queste alternative non sono utopiche. Esistono all’interno di una regione insanguinata da barbarie, dove le persone sono poverissime, sottoposte a un embargo e alla guerra e che nonostante tutto riescono ad allargare gli spazi di democrazia, ad immaginarsi e praticare una società strutturata in maniera radicalmente diversa, con le donne in un posto centrale e con un rapporto ecologico con la natura. Se lo possono fare loro, a maggior ragione lo possiamo fare noi».
Gomorra racconta di una Napoli ristretta che non ha la pretesa di inglobare la città
Il Festival, per noi di Informare, è proseguito con l’incontro con le più importanti sceneggiatrici del cinema italiano. Mai prima d’ora riunite insieme per parlare al pubblico dei processi che spesso si nascondono e si confondono dietro il ruolo della regia. Ludovica Rampoldi, Valia Santella, Monica Rametta, Francesca Manieri e Federica Pontremoli, ci raccontano i dietro le quinte del cinema italiano attraversando le loro collaborazioni con Nanni Moretti, Bellocchio, Salvatores e numerosi altri registi.
«Lavorando su Gomorra – La serie molte cose mi hanno incuriosita, in particolare per quanto riguarda la lingua napoletana. La fase di traduzione dei copioni era molto divertente. Io sono di Roma, ma mio marito viene da Napoli e spesso è stato lui ad aiutarmi a tradurre delle espressioni tipiche, tutte quelle sporcature di linguaggio che poi fanno la bellezza della serie, perché sono molto naturali e derivano da uno studio. Una cosa che mi ha fatto riflettere sul napoletano come lingua è l’assenza del futuro come tempo verbale, è come se fosse stato eliminato. Questo mi sembrava dire qualcosa su quel mondo, un mondo che vive di presente e in cui il futuro probabilmente non c’è. Ci sono state molte polemiche sulla serie, Napoli non è solo questo e lo sappiamo tutti: quella che raccontiamo è una Napoli che sposa il punto di vista di quei personaggi lì, una Napoli molto ristretta che non ha la pretesa di inglobare la città» ci racconta la Rampoldi.
Alessandro Cattelan e la casa editrice Accento
Altro arrivo molto atteso al Festival è quello di Alessandro Cattelan, che presenta la sua nuova scommessa: la casa editrice Accento. È Matteo B. Bianchi, scrittore e autore televisivo italiano, direttore editoriale di Accento, a raccontarci la loro esperienza al Campania Libri.
«Noi esistiamo solo da un anno, abbiamo deciso di partecipare a questo festival perché volevamo fare una presentazione anche al Sud, a Napoli, soprattutto. Siamo molto contenti di come sta andando. Questo è solo il secondo anno del Campania Libri ma ci sembra abbia grandi possibilità di crescita. Siamo anche noi all’esordio come progetto e abbiamo grande attenzione per gli artisti emergenti, ci auguriamo di crescere insieme».
«In questo periodo di guerra la gente cerca qualcosa che unisca»
A chiudere questo ciclo di eventi sono stati l’incontro con il regista napoletano Mario Martone e la sceneggiatrice Ippolita di Majo, sul palco a raccontare la loro vita di coppia tra quotidianità il lavoro, e quello con Dacia Maraini, premio Elsa Morante, a presentare la sua ultima opera: “Ti parlo, mi ascolti?”. «La cultura è una forma di resistenza– afferma la Maraini ai microfoni della Rai – in questo periodo di guerra la gente cerca qualcosa che unisca». E la cultura può creare questo ponte, se le viene dato lo spazio e l’occasione di esprimersi in modo dialettico.
Il Campania Libri Festival torna il prossimo anno per la sua terza edizione, con nuovi incontri e nuove sorprese, pronto ad accogliere ancora questo vasto panorama culturale a tuttotondo. Nell’attesa, l’organizzazione della fiera mette a disposizione, sparse per tutta la città, le sue colorate cassette per il bookcrossing: mini-librerie a portata di cittadino dove scambiare libri a costo zero.