La definizione “primavere arabe” nasce in un contesto giornalistico occidentale per identificare la serie di proteste e rivoluzioni cominciate tra il 2010 ed il 2011. Tali proteste comprendevano Egitto, Siria, Tunisia, Libia e molti altri paesi, dal Medio Oriente al Nord Africa, zone in cui ancora oggi sono presenti diverse agitazioni. I fattori scatenanti legano quasi tutti i paesi: rivendicazioni delle proprie libertà individuali e dei diritti umani, attenzione alle condizioni di povertà, costo della vita e corruzione.
La scintilla che diede fuoco alle rivolte fu accesa da un venditore ambulante. Per la mancanza di licenza di vendita, a Mohamed Bouazizi viene sequestrato il suo carrello ortofrutticolo, unica fonte di guadagno. Il 10 dicembre 2010, il giovane si dà fuoco davanti al governatorato di Sidi Bouzid. Un ragazzo diplomato, ma senza lavoro, cerca di dar voce a centinaia di migliaia di ragazzi che, come lui, si trovano ad affrontare situazioni scomode e regressiste, sminuiti da un governo che non riesce a garantirgli una giusta ed equa posizione nella società.
Primavere arabe : la tirannia decapitata
Il suo gesto diventerà poi l’effetto scatenante di una rivolta che si diffonderà in altri 16 paesi tra il Nord Africa, il Medioriente ed il Golfo. Le manifestazioni si accentuano sempre di più nonostante la tv tunisina cerchi di minimizzare la situazione, ma il silenzio non può durare per sempre: 13 gennaio 2011, Ben Ali, nonostante si impegni a non ricandidarsi, proponendo anche un taglio dei prezzi ed il libero accesso ad internet, si ritrova costretto a fuggire dal suo Paese cercando rifugio in Arabia Saudita.
Le periferie sono incendiate dalle sommosse di manifestanti e la rivolta arriva fino alla capitale contro un sistema corrotto, accusato di aver bloccato un paese, di averlo privato del processo di crescita economico e sociale, contro un sistema che li ha derubati della possibilità di un cambiamento definitivo. È doveroso sottolineare l’estensione di questa rivoluzione che ha visto la caduta di leader tirannici ed autoritari. Ricordiamo Hosni Murabak nel 2011 in Egitto; Ali Abdullah Saleh nel 2012 nello Yemen; Muammar Gheddafi nel 2011 in Libia.
Gheddafi, con la sua politica opportunistica e dittatoriale, vedrà la sua fine grazie al Consiglio Nazionale di Transizione che riuscirà a catturarlo ed infine ucciderlo. La Libia finalmente inizia a cavalcare l’onda della rivolta contro anni di oppressione civile che hanno visto un paese intero, e non solo, privarsi della propria identità espressiva.
Il caso tunisino ed il “Giovedì Nero”
Il 20 marzo del 1956, dopo 75 anni di protettorato francese, la Tunisia finalmente si emancipa per arrivare all’indipendenza. Cadde la monarchia e ci fu l’introduzione della nuova Repubblica. L’anno seguente, il 25 luglio 1957, i tunisini assisteranno all’entrata di un nuovo presidente: Habib Bourguiba, confermato poi
con le elezioni dell’8 novembre dello stesso anno. Bourguiba, fin da subito, vuole trasformare la Tunisia in un paese moderno, rivoluzionario, distaccandosi dai dogmi eccessivamente conservatori che sino ad allora avevano influenzato il Paese.
Tra i primi passi concreti del nuovo presidente ci furono riforme quali: accesso per le donne ad uno status superiore, che finalmente vedono dalla loro parte diritti come la legalizzazione dell’aborto ed il divieto della poligamia. Inoltre, pur restando l’Islam la religione di stato, si assiste ad un vero e proprio ridimensionamento dei capi religiosi. Rispetto ad i suoi vicini che stavano uscendo dalla fase coloniale,
Habib Bourguiba vede oltre, punta ad una vera e propria inclusione globale della Tunisia. Basti ricordare il suo sostegno alla normalizzazione dei rapporti con Israele e la proposta all’ONU della creazione di una federazione tra gli stati arabi della regione e lo stato ebraico.
Tra il 1964 ed il 1969, il Presidente però tenta, invano, di lanciare l’industria pesante, ma mancanza di capitali e di una classe dirigente, fanno fallire l’impresa. L’incapacità ed i tentativi falliti di uscire dal sottosviluppo provocano manifestazioni e proteste. È il 26 gennaio del 1978 ed il sindacato indice uno sciopero generale: oltre a rivendicazioni di carattere economico, chiede l’introduzione del pluralismo politico. Le proteste nel centro vengono represse con la violenza e provocano numerose vittime: questo giorno verrà poi ricordato come “Giovedì Nero”.
Le primavere arabe oggi
A 10 anni dall’inizio delle primavere arabe, in Tunisia, nonostante abbiano ottenuto libertà d’espressione, libertà di protesta ed alcune libertà personali, il popolo è ancora unito in una grande voce contro un sistema che ha lasciato un vuoto economico e sociale non indifferente. Un cambiamento importante è l’introduzione di un nuovo parlamento fortemente ridimensionato nelle sue funzioni.
Spostandoci in Egitto, il dissenso civile viene silenziato, ma le atroci violazioni dei diritti umani da parte del presidente Al-Sisi vengono diffuse in tutto il mondo. Basti pensare ai centomila prigionieri politici nelle carceri egiziane accusati esclusivamente di aver fatto opposizione al presidente, un’opposizione tra l’altro
non fisica, ma fatta di parole, libertà di espressione e di pensiero. Un grande motivo che ha acceso ancor di più le folle è stata la consegna della Legione D’Onore ad Al-Sisi da parte del presidente francese Emmanuel Macron. Lo stato di diritto di cui tanto si parla è solo un lontano sogno dell’Egitto.
Paesi come l’Algeria, lo Yemen e l’Iraq, nella parte medio orientale, sono attualmente ancora in guerra. Anche la situazione nel Nord Africa non è fra le migliori, tra guerre interne civili e terrorismo degenera sempre di più la condizione di questi paesi.