Un altro successo per il poeta Gino Abbro, che trionfa ottenendo il 1° premio al concorso letterario “Le parole dell’anima” – 11^ edizione -nella sezione dedicata ad ” Antonio De Curtis, Totò”.
Il concorso si è tenuto 15 maggio scorso a Melito di Napoli, di seguito la poesia di Abbro vincitrice del premio.
…ED ECCO A VOI TOTO’ !
Pantaloni a “zompafuosso”,
una giacca superlarga,
la bombetta stile inglese,
cravattino sbarazzino,
la mascella tutta storta
e capelli impomatati
cò un bel po’ di brillantina.
Mescolando tutto insieme
queste cose su descritte
viene fuori , detto fatto,
un simpatico ritratto.
A veder non era bello
ma sapeva far faville
nei panni di un dottore,
onorevole o pittore,
imbroglione o ingegnere,
nobiluomo o cavaliere,
musicista o finanziere
o persin carabiniere.
E se poi dovèa scappare,
-come da sceneggiatura-
con piumetto sul cappello
e fanfara alle sue spalle
(come accadde a Caianiello)
diventava bersagliere
e dicèa con piglio fiero
d’esser stato in quei panni
in quel di Cuneo per tre anni.
Coi suoi frizzi e coi suoi lazzi
vecchi giovani e ragazzi
ritornavano bambini
nel vederlo burattino.
Con bazzecole e quisquilie
trasmetteva l’ allegria,
e seppur per poche ore
ritornava il buon umore.
Ma non fu solo un attore.
Fu poeta e narratore.
I suoi versi sempre belli.
Una prova? : “ ’A livella”
che da tutti è conosciuta
e che insegna quanto è vuota
una vita di apparenze
priva di ogni consistenza.
Sulle scene un mattatore,
nella vita un gran signore
con un nobile gran cuore.
Quante volte nelle notti,
solo solo , quatto quatto,
si aggirava circospetto
in quei posti abbandonati
dove regna la miseria
per portare il suo aiuto
-nel più pieno anonimato-
a chi era sfortunato.
Pur gli amici a quattro zampe
non avèa dimenticato.
Fu lor padre putativo.
Li raccolse in un canile
per ridare nuova vita
a chi, ridotto pelle ed ossa,
era a un passo dalla fossa.
Ma quel cuore così grande
un brutto giorno si fermò.
Or di lui resta il ricordo.
Ma, vi prego,
non parliamo di Totò
come di chi non c’è più.
Pur se non ce ne accorgiamo
egli è ancor in mezzo a noi
nei discorsi quotidiani.
E difatti ancora oggi
nel parlar facciamo sfoggio
di sue celebri battute
e dei suoi motti arguti.
Chi di noi non dice ancora
-quando vuol fare il fiscale-
-Siamo uomini o caporali?
E in periodo elettorale
chi di noi non dice ancora
fino a rasentar la noia
-Votantonio, votantonio ?
Caro Principe De Curtis,
spero mi perdonerai
se mi sono qui permesso
di volere ricordare
qualche tuo particolare.
Ma il ritratto tuo migliore
lo facesti da te stesso
allorché tra tante ambasce
affermasti: “Signori si nasce!”
e qui voglio confermare
-e nessuno può smentire-
che non solo lo nascesti,
ma lo fosti per davvero.