Pontelatone (CE): 1a edizione del Premio Letterario in onore di Don Marcellino Caserta

Redazione Informare 29/04/2017
Updated 2017/04/29 at 12:02 PM
12 Minuti per la lettura

Il Comune di Pontelatone (CE) rende omaggio alla figura di Don Marcellino Caserta, poeta professore e poeta nato a Treglia nel 1770, attraverso un premio letterario, “Città di Pontelatone 2017”, cui si può partecipare fino al

15 giugno 2017.

Don Marcellino trascorse la sua vita nel turbolento periodo delle società segrete e nel clima dei primi moti rivoluzionari scoppiati a Napoli nel 1820, che indussero la monarchia borbonica a concedere la Costituzione, anche se fu richiesto l’intervento dell’Austria per reprimerla.
Per parte sua egli era culturalmente impegnato, oltre che come sacerdote, anche come docente nel seminario caiatino e soprattutto come studioso di filosofia e storia, stando a quello che sappiamo circa la sua produzione poetica, rivolta a episodi e personaggi del mondo antico, amanti della libertà.
Per questo si può ipotizzare che era sicuramente un moderato, aperto alle idee liberali del tempo che erano alla base del movimento per la rinascita e l’unificazione nazionale.
È significativo, infatti, che una sua poesia fu recitata alla presenza di sua maestà Francesco I.
Marcellino nacque a Treglia (CE) il 3 aprile del 1770, da Pasquale e Caterina Vitelli, ed evidentemente lì trascorse la sua infanzia per poi andare a studiare in seminario per farsi prete.
Fu ordinato sacerdote con molta probabilità intorno all’anno 1893/94, tenendo conto del tempo che ci vuole per raggiungere tale traguardo.

Dal 15 aprile 1808 fu poi nominato parroco di Treglia e dei casali di Casalicchio e Savignano. Dallo stesso giorno cominciò spontaneamente ad insegnare ai giovani, senza compenso alcuno, avendo riscontrato che nella popolazione non c’era nessuno che sapesse “leggere e scrivere il proprio nome”.
Era, quindi, l’epoca dell’analfabetismo totale perché la gente era dedita esclusivamente al lavoro dei campi, nonché alla pastorizia per procacciarsi il necessario per vivere.
Del resto le scuole non esistevano affatto e chi voleva imparare qualcosa doveva rivolgersi a privati che avevano la capacità di farlo.
È noto che la cultura non era privilegiata. Nel regno delle due Sicilie, dove si pensava che il popolo meno era istruito e meno protestava verso chi li comandava. In campo pedagogico circolavano le idee di Vincenzo Cuoco che sulla scia del pensiero vichiano miravano all’elevazione del popolo, ma non attecchivano per una certa mentalità dei governanti e per le condizioni di vita di allora, estremamente carenti specie nelle campagne.
Infatti il suo progetto per l’ordinamento della pubblica istruzione nel Regno di Napoli presentato nel 1809 a Gioacchino Murat, nel quadro dei lavori per la riforma della scuola non ebbe pieno successo.
In effetti i Borboni cercarono di favorire la situazione di stasi e di inerzia culturale di cui avevano risentito tutti gli ordini di scuola, soprattutto a livello elementare. In ciò trovarono efficaci alleati i vari ordini religiosi, in modo particolare i Gesuiti, la cui pedagogia non era affatto rispettosa della libertà interiore dell’educando, poiché si fondava sull’ubbidienza cieca e la passività. Nella stessa lettera il Caserta sostiene che il Sindaco del Comune di Pontelatone, “per disposizione sovrana” gli conferì l’incarico della pubblica scuola che si doveva fare in parrocchia e che per tale opera fu stabilito un compenso per l’anno 1811 di diciotto ducati (270 euro circa) da dividere col Parroco di Pontelatone don Pasquale Salvadorelli, che aveva lo stesso incarico.
E fu fatto esattamente così, nonostante le lamentele del Caserta che compiva un lavoro praticamente più gravoso per la maggiore presenza di alunni frequentanti, trentuno per l’esattezza, su una popolazione complessiva di 1000 anime nell’intero comune e 581 solo a Treglia con i suoi casali di Casalicchio e Savignano, formanti un’unica parrocchia.
Gli abitanti di Pontelatone e masserie, invece, erano 419 ma non si conosce il numero degli iscritti alla scuola. Intanto nel “Bugetto” nel 1812 la paga per la pubblica scuola salì a 40 ducati (600 euro circa) di cui 24 al Parroco di Pontelatone e 16 a quello di Treglia per le loro rispettive prestazioni didattiche.
Come si può ben dedurre, le condizioni di vita all’inizio del sec. XIX erano assai precarie e bisognava lavorare per vivere dall’alba al tramonto, servendosi anche dei bambini, fin dalla più tenera età.
Alla scuola, quindi, non si pensava affatto e l’analfabetismo cresceva. Tale era la situazione del Comune di Pontelatone.
Infatti, il 17 giugno dell’anno 1806, il signor Giovanni Carusone, eletto del Comune, rispose ad una lettera circolare dell’intendente, spiegando che nell’università di Pontelatone non c’era nessun luogo destinato all’iscrizione della gioventù, non esistevano fondi o rendite diretti a tale scopo e che nessuna donna sapeva “leggere, scrivere e summare i numeri”.
Un qualche interesse per la scuola si manifestò negli anni 1807/08 in coincidenza con l’inizio dell’età murattiana, quando si cominciarono a stanziare appositi fondi nel bilancio.
Le scuole furono affidate ai due parroci del Comune, gli unici in grado di insegnare ed in possesso dei requisiti culturali e morali.

La scuola di allora si doveva intendere solo di grammatica, cioè fornire agli allievi gli elementi essenziali della lingua italiana, ossia le norme e le regole di pronuncia, di scrittura, di morfologia e di sintassi. In pratica insegnare a leggere, scrivere ed ovviamente fare i conti.
Il problema educativo non esisteva se non nella storia della pedagogia.
In data 26 marzo 1812 il Sindaco di Pontelatone Raffaele Caserta, fratello del parroco di Treglia Marcellino, trasmette all’Intendente di Terra di Lavoro il seguente quadro dello stato della pubblica scuola nel Comune di Pontelatone:
Denominazione del Comune: Pontelatone
N° delle anime che lo compongono: mille
Nome dei parroci che reggono la pubblica scuola: don Pasquale Salvadorelli e don Marcellino Caserta.
Nome del maestro che si trova in tal esercizio con l’approvazione del Ministro dell’Interno: non vi sono maestri fuorché i due parroci predetti.
Senza tale approvazione: non v’è speciale approvazione del Sig. Ministro dell’Interno.
Saldo annuale assegnato ai due parroci per la pubblica scuola: ducati 9 per ciascuno grana: 0
Osservazioni
La pubblica scuola di questo Comune, che si sta tenendo dai due parroci, per ora è scuola di grammatica, perché cominciò a mettersi in attività dai principi dello scorso anno 1811.
Il numero delle anime della popolazione ascende a mille: cioè Treglia coi due casali ne forma 576 e Pontelatone con le sue masserie ne forma 424 siccome dallo stato dell’anno 1811. Il soldo annuale per i suddetti due maestri di scuola fu di ducati 18, cioè ducati 9 per ciascuno per l’anno 1811. Ma dietro rappresentanza del decurionato, è stato accresciuto a ducati 40 per l’anno 1812, siccome vedesi ammesso ed approvato nel Bugetto del detto Comune dell’anno 1812.
F.to Raffaele Caserta – Sindaco

La lettera di accompagnamento era del seguente tenore:
Il Sindaco del Comune di Pontelatone al Sig. Intendente di Terra del Lavoro
Signor Intendente
Nel seno di questa mia devotissima, impiego a V.E. il quadro dello stato della pubblica scuola di questo Comune, redatto a termini della Sua circolare in stampa del 15 settembre 1811 n° 1771, e giusta il modello in essa somministrato e con profondissimo rispetto ho l’onore di salutarla
F.to Raffaele Caserta – Sindaco

Come si può capire, il periodo più produttivo dal punto di vista culturale è stato quello trascorso nel seminario caiatino negli anni che vanno dal 1813 al 1833, anche se a Treglia negli anni del suo sacerdozio colà svolto, acquisì dei meriti innegabili per aver insegnato come maestro ai giovani in quegli anni molto difficili.
È stato li che egli ha manifestato il suo amore per la poesia, la filosofia la storia antica, scrivendo molte cose importanti come un compendio di dottrina cristiana, forse ad uso dei suoi seminaristi, bellissime ottave su Veturia e Coriolano, un’ode estemporanea su alcuni versi dell’ode XXX del libro 3° di Orazio, che fu recitata alla presenza di Sua Maestà Francesco I e molte altre composizioni poetiche.
Non essendo stato possibile venire in possesso degli scritti di Marcellino Caserta per le difficoltà innanzi esposte, si fa diretto riferimento alle opere e agli autori che lo hanno ispirato, in particolare Orazio, che è stato il poeta chiaramente da lui preferito, sia per lo stile che per la profondità del suo pensiero.

XXX Ode del terzo libro

Exsegi monumentum

Exegi monumentum aere perennius
Regalique situ pjramidum altius,
quod non imber edax, non aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
Non omnis moriar multaque pars mei
vitabis Libitinam: usque ego postera
crescam lauda recens, dum Capitolium
scandet cum tacita virgine pontifex.
Dicat, qua violens obstrepit Aufidus
et qua pamper aquae Daunus agrestium
regnavit populorum, ex humili potens,
princeps Aeolium carmen ad Italos
deduxisse modos. Sume superbiam
quaesitam meritis et mihi Delphica
lauro cinge volens, Melpomene, comam.

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Ho compiuto un monumento più duraturo del bronzo, più alto della regale mole delle piramidi, che non la pioggia divoratice, che non Aquilone impetuoso potrà diroccare, né il seguito degli anni innumerabili e la fuga del tempo.
Non tutto io morrò, ma molta parte di me sfuggirà a Libitina: sempre rinnovato dalla lode dei posteri, io crescerò, finchè il pontefice con la silenziosa vergine salirà al Campidoglio.
Si dirà di me, dove violento strepita l’Ofanto e dove Dauno, nella terra povera d’acqua, regnò su popoli agresti, che, da umile fatto potente, per primo adattai a ritmi italici il carme eolio.
Innalza l’orgoglio nato dal merito e propizia, Melpomene, cingimi la chioma col delfico alloro.

Teresa Lanna

(amoreperlarte82@gmail.com)

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