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Pitesai: il piano del governo per salvare le bollette

Angelo Velardi 13/02/2022
Updated 2022/09/18 at 5:18 PM
3 Minuti per la lettura

L’impennata dei costi delle utenze è sotto gli occhi di tutti. Un’impennata importante, decisa, che colpisce le case e le attività commerciali, le industrie e le aziende, con rincari che vanno intorno al 50%. Un’impennata a cui il governo risponde con la riapertura alle trivelle per l’estrazione di idrocarburi.

Il governo risponde a questo colpo che mette a dura prova famiglie e imprenditori con il PiTESAI – Piano della Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee.

Dopo la moratoria del 2019 che bloccava le trivelle per l’estrazione di idrocarburi, l’Italia compie il primo passo verso quell’incremento di produzione interna del gas a cui il governo guarda come arma per contrastare il caro energia.

Fortemente voluto dal ministro Cingolani, il Piano è una mappa, una sorta di piano regolatore, che indica dove sarà consentita l’estrazione di idrocarburi.

Complessivamente riguarda un ambito del 42% del territorio italiano e stabilisce la chiusura delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di tutte le aree marine e terrestri non comprese nella pianificazione del PITESAI. Tra le aree che non potranno più essere luogo di ricerca e coltivazioni, la Valle d’Aosta, il Trentino Alto-Adige, la Liguria, l’Umbria, parti della Toscana e della Sardegna e il 5% della superficie marine sottoposta a giurisdizione italiana.

A fare da contraltare alle aree off limits, c’è l’aumento dell’estrazione nell’offshore del Mare Adriatico.

L’intento è quello di avere un quadro di riferimento delle aree, a terra e a mare, ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, stabilendone la compatibilità con il territorio interessato, secondo valutazioni di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Una razionalizzazione, dunque, che concentri le attività delle trivelle su poche concessioni attive, soprattutto quelle richieste dopo il primo gennaio 2010, probabilmente più attente all’aspetto ambientale.

Nel 2021 l’Italia ha prodotto circa 3,2 miliardi di metri cubi di gas. La ripresa delle estrazioni potrebbe portare ad un raddoppio della produzione, arrivando, così, ad un 10% circa del fabbisogno nazionale.

La soluzione, come prevedibile, non convince il fronte ambientalista, che è sceso in piazza in 44 città con manifestazioni “No Gas”. Il manifesto degli organizzatori della protesta esprime chiaramente le richieste al centro della protesta: «Pretendiamo che il governo faccia la sua parte nel contrastare la crisi climatica, definendo immediatamente un piano di uscita dal gas fossile e che gli investimenti previsti in questo settore vengano direzionati sull’unica vera soluzione: le fonti rinnovabili».

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