Aldilà del mercato di Caserta, per chi vive la città, pare non esserci null’altro di interessante, se non la salita per Casertavecchia. Eppure, oltre al centro urbano principale, ci sono ben ventitré frazioni, tutte molto antiche e ricche di beni. Oltre lo scoglio fisico e mentale della variante, si nascondono dei veri tesori della nostra storia: San Leucio e Vaccheria, Puccianiello, Mezzano, Santa Barbara, Tuoro, Garzano e Casolla. O meglio, Piedimonte di Casolla.
Quest’ultima è forse la frazione più densa di emergenze architettoniche, di grande qualità storico-artistiche. Borgo rurale sviluppatosi ai piedi dell’abitato di Casertavecchia, dopo la decaduta di quest’ultimo diviene nel Cinquecento un importante riferimento per la comunità campana, grazie alla famiglia Alois che nel suo palazzo ospitò poeti e letterati.
È tutto in salita, lungo Via Parrocchia infatti troviamo i maggiori monumenti. La Chiesa di San Lorenzo Martire, Palazzo Cocozza di Montanara, la Chiesa di San Rufo, l’Abbazia di San Pietro ad Montes e i Palazzi Alois, Orfitelli e Iannelli. Ogni edificio conserva le tipiche caratteristiche di un palazzo nobiliare a corte e nasconde interessanti testimonianze artistiche. Gli affascinanti tratti medievali del borgo sono facilmente riconoscibili nelle sue pietre. Il basolato nero delle strade, è a tratti bianco per riflettere la notturna luce della luna.
Il gusto catalano della facciata di Palazzo Cocozza dei suoi inserti in piperno, evoca storie di nobili potenti e al suo interno giace uno dei giardini più belli d’Italia. Ma è il palinsesto storico a farla da padrone, come nel caso di San Pietro ad Montes, l’ultimo gioiello del borgo prima del percorso pedemontano per Casertavecchia. Come per l’abbazia di Sant’Angelo in Formis, che sorge sul tempio di Diana Tifatina, anche San Pietro sorge su un antico tempio romano, Giove Tifatino; dei cui materiali di spoglio ci si è cibati per la costruzione dell’attuale impianto architettonico.
Il borgo è poi divenuto un importante centro produttivo, della colla derivante dall’essiccazione delle pelli animali. La storia ci ha lasciato ben 18 di questi edifici di vera archeologia industriale e dall’insolita forma: le collére. I produttori di colla casollesi divenirono famosi -raggiugendo addirittura le esposizioni universali- grazie all’importanza dei cantieri della Reggia di Caserta, perché il loro prodotto era utile a fissare i preziosi parati di seta leuciana.
A Casolla si arriva deviando dal naturale percorso per Casertavecchia; qui abbiamo incontrato Vito Maria Benito Vozza, tra i fondatori dell’Associazione Progetto San Rufo rinasce onlus, che dal 2013 si preoccupa della tutela e della conoscenza dei beni culturali del borgo. San Rufo è una piccola chiesa costruita su di un alto banco tufaceo e per questo raggiungibile attraverso un’intrigante scala.
Esternamente molto scarna, al suo interno custodisce un pavimento maiolicato e affreschi settecenteschi. È stata scelta per dare il nome all’associazione non solo perché citata nella Bolla di Senne del 1113, ma soprattutto perché era diventato un luogo inaccessibile; chiuso da anni e circondato da una vera e propria foresta.
Seppur non percependo fondi, i volontari di San Rufo rinasce si sono spesi tantissimo per la piccola chiesa al punto tale da riuscire a metterne in sicurezza il sagrato, restaurarne le porte e l’impianto luci interno; oltre al restauro di ben quattro affreschi settecenteschi.
Insomma «Ora – dice Vito – bisogna rafforzare sempre più ciò che abbiamo fatto e mettere in risalto che la storia del territorio casertano nasce proprio a Casolla. Superata la pandemia, abbiamo già in cantiere diversi progetti».
A rallegrarci poi è la recente notizia del finanziamento di 800.000€ stanziato per il restauro di San Pietro ad Montes; che non è di proprietà della Curia, ma fa parte del FEC, cioè Fondo Edifici di Culto, istituito presso la Prefettura. Il restauro dovrebbe riguardare tanto la struttura architettonica quanto quella artistica; questo perché le pareti -quasi per la gran parte- sono arricchite di affreschi di scuola bizantina. Il che significa la testimonianza pittorica più antica dell’intero territorio comunale.
di Francesco Cimmino
TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE N° 215
MARZO 2021