Intervista esclusiva al Ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli
Prendere il posto di Luigi Di Maio non è mai semplice, non lo sarà (chissà) per la futura leadership grillina, né lo sarà stato per Stefano Patuanelli, area 5 Stelle, nuovo Ministro dello sviluppo economico per il Conte-bis. I risultati del suo operato verranno giudicati a fine mandato, soprattutto poiché guida di un Ministero importante e che difficilmente può raggiungere risultati determinanti in brevissimo periodo. Dobbiamo sicuramente ringraziare il Ministro per la disponibilità e per aver mostrato interesse per il nostro progetto di formazione e legalità.
Ministro Patuanelli, siamo una realtà che nasce a Castel Volturno, un territorio che vive, insieme a tutta la provincia di Caserta, un enorme problema legato all’occupazione. Dal lavoro nero alla completa assenza di investimenti in alcune parti del territorio. Come risollevare il tema lavoro nel Mezzogiorno a fronte dei diversi dati allarmanti?
«Dobbiamo creare le condizioni affinché vi siano investimenti al Sud, per farlo bisogna puntare all’innovazione e alla digitalizzazione delle imprese per compiere quel salto produttivo che il Sud può fare. Questo perché ha un terreno molto vergine, propenso allo studio e all’innovazione; ci sono giovani che non vedono l’ora di mettersi al lavoro, perché hanno studiato per farlo e non hanno ancora trovato occupazione. Lo sviluppo economico è anche questo: creare il terreno affinché gli imprenditori possano investire. Cercheremo soprattutto di dare certezze su piani triennali di investimento agli imprenditori».
Investimenti che passano però, anche attraverso la funzionalità di un’economia sana. Purtroppo nei nostri territori vediamo spesso delle frenate dovute ad un’economia malata, corrotta ed estremamente influenzata dalla criminalità organizzata. È possibile arrivare ad un modello “sano” di economia e attraverso quali misure può essere garantito?
«L’economia sana si garantisce attraverso le verifiche e i controlli, con l’attività di monitoraggio delle Forze dell’Ordine. Ciò che dobbiamo oltremodo garantire è la creazione di “presidi di legalità” e lo si fa creando favorevoli condizioni agli imprenditori per investire. Dove si crea lavoro, si creano anche questi presidi. Significa che, chi abita in questi territori, non si rivolge più al crimine organizzato per trovare lavoro, ma si rivolge all’imprenditore. Dobbiamo assolutamente mettere in moto questo meccanismo».
Gli italiani hanno assistito alle vicende riguardanti i dazi americani e la celebre “via della seta” cinese, tematiche importanti, ma delle quali sfuggono spesso le precise ed effettive conseguenze. Qual è il suo giudizio sui recenti dati dell’economia?
«I dati macroeconomici europei non ci confortano. È evidente che l’Europa è il grande malato economico del Pianeta, stretta tra i dazi del mondo americano e del mondo orientale. Questo non aiuta un Paese come il nostro, che ha delle fragilità economiche intrinseche, fatto da un tessuto produttivo composto da milioni di piccole imprese che non riescono ad accedere alle nuove tecnologie, alla ricerca e allo sviluppo».
Come agirete nel concreto per promuovere l’innovazione e lo sviluppo anche per queste piccole realtà?
«Il nostro obiettivo è quello di creare hub dove formare start-up e dove diamo la possibilità alle piccole imprese di ricevere in cambio lo sviluppo tecnologico, che nasce proprio attraverso le start-up. È un modo per far crescere tutto il nostro tessuto produttivo. C’è la necessità di rendere strutturali alcune misure incentivanti, perché gli imprenditori devono sapere che, per almeno tre anni, hanno gli stessi strumenti di investimento. Bisogna razionalizzare tutte le parti di incentivi alle imprese, bisogna far sì che gli incentivi siano di più facile raggiungimento. Spesso ci troviamo davanti ad aziende che pagano profumatamente consulenti perché non sanno dove andare a cercare i finanziamenti giusti per il loro progetto imprenditoriale.
Questi sono i modi per incidere e far crescere l’economia in tutto il Paese, ma soprattutto al Sud».
di Antonio Casaccio