Bebe Vio alle Paralimpiadi di Tokyo si è confermata una delle regine dello sport azzurro: conquistando una medaglia d’oro nel fioretto femminile e una medaglia d’argento, conquistata dalla squadra delle fiorettiste, composta appunto da lei, Loredana Trigilia e Andreea Mogos.
Bebe Vio, la leonessa della scherma, ha scritto in queste ultime ore sui social che se qualche settimana fa le avessero detto “A Tokyo vincerai due medaglie” sarebbe scoppiata a ridere. Per lei, il 2020 è stato un anno di alti e bassi: un grave infortunio al gomito a settembre, poi i lunghi mesi di riabilitazione. Giorni intensi che però non le hanno permesso di smettere di lottare, di raggiungere i suoi obiettivi e di asciugare le sue lacrime di felicità per ogni nuova conquista. Sembrava essere tutto passato, sembrava tutto essere un lontano ricordo, ma ad inizio di quest’anno un bruttissimo crollo: infezione da stafilococco aureo. Un altro maledetto batterio, dopo il meningococco di tanti anni fa, dove si prospettava l’amputazione del braccio sinistro e addirittura la morte. I medici, senza troppi giri di parole, le avevano riferito che era messa proprio male. In quel momento le è crollato il mondo addosso, un cattivo e forte vento stava portando via tutti i sogni, ma principalmente la sua partecipazione a Tokyo e la possibilità di poter continuare a tirare di scherma. Viene sottoposta così subito all’operazione, l’infezione non ha vinto contro di lei, l’infezione, grazie all’equipe medica, viene debellata.
Bebe ha vinto, stavolta ha vinto davvero, è salita sul podio più alto da vera fenice. La degenza in ospedale è stata piuttosto lunga, e quando Bebe Vio può finalmente tornare a casa, mancano solo 119 giorni all’inizio della cerimonia d’apertura, dove per giunta ha avuto l’onore di essere nominata porta bandiera per la nostra Nazionale. Un’impresa che sembrava impossibile, ma alla fine è riuscita a salire su quell’aereo in direzione Tokyo.
Per lei era già un miracolo essere lì, era già un miracolo avere nuovamente la sciabola in mano e partecipare ad una gara. Ecco perché l’urlo, alla fine della prima gara, è stato enorme, rimbalzato in tutta la Makuhari Messe. Bebe, un vero esempio di coraggio, talento e grinta, si è lanciata in un primo momento verso la tribuna, dov’erano i suoi genitori, e ha poi ricevuto la medaglia sul podio dal presidente del Cip Luca Pancalli, che le è stato vicino.
L’azzurra ha battuto 15-9 la cinese Zhou Jingjing, sconfitta 5 anni fa in finale a Rio 2016. Bebe, la ragazza dalla criniera di una leonessa, è stata davvero formidabile, insegnandoci per l’ennesima volta che non bisogna mai arrendersi. Ma bisogna affrontare con coraggio e determinazione ogni gara sportiva, ma soprattutto di vita. Le due medaglie d’oro (questa e quella di Rio 2016, ndr) sono state completamente diverse. A Rio è stata l’emozione della prima volta, mentre questa è stata veramente tosta perché non era nemmeno scontato che potesse tornare a tirare. Così, dopo il suo grido trionfante, la fuoriclasse azzurra scrive sui social: “Se sembra impossibile allora si può fare.. due volte!”.
di Grazia Sposito