Oggi è l’8 marzo, la festa delle donne, e questo vuol dire solo una cosa: frasi fatte a favore delle donne sui social e bouquet di fiori con mimose in bella mostra ovunque. I fiori sono sempre ben accetti, ma cos’è che andrebbe davvero festeggiato oggi? Sicuramente, tra le tante cose, le grandi capacità professionali delle donne. Eppure, essere donna in Italia significa non avere ancora accesso ad un lavoro equo che garantisca uno stipendio degno e un’ambiente lavorativo sicuro.
Disuguaglianze salariali
Nel nostro Paese le donne guadagnano il 4,2% in meno degli uomini, gli unici ambiti in cui si è raggiunto un lavoro equo tra uomo e donna sono quelli della tutela della salute e dell’istruzione. Il tasso di partecipazione femminile in ruoli dirigenziali e manageriali è estremamente basso in quanto l’Italia è al di sotto della media globale per uguaglianza salariale per lavori simili. Considerando il settore privato, ad esclusione di sanità e istruzione private, per l’anno 2020, a parità di mansione, le donne hanno registrato una RAL (retribuzione annua lorda) inferiore dell’11,5% e una RGA (retribuzione globale annua) inferiore del 12,8% rispetto quelle degli uomini.
Le cause della disparità
Il 30% delle donne, in Italia, lavora part-time; contro l’8% degli uomini. Ciò accade perché in media, le donne svolgono più ore di lavoro domestico rispetto agli uomini in quanto più propense ad avere interruzioni di carriera per motivi di responsabilità familiare. Implicando, così, una minore disponibilità a prestare lavoro retribuito. Inoltre, circa il 30% del divario retributivo totale di genere è spiegato dalla sovra-rappresentanza di donne in settori relativamente a basso salario. In più, vi sono ancora posti di lavoro, per esempio nei settori della scienza, della tecnologia e dell’ingegneria, dove la percentuale di uomini impiegati è più elevata dell’80% rispetto alle donne.
Molestie sessuali e discriminazione
Nelle indagini del 2022, condotte dalla Fondazione Libellula, che hanno coinvolto oltre 4.300 lavoratrici e libere professioniste in tutta Italia, emerge che il 55% delle donne si dichiara vittima di una manifestazione diretta di molestia e discriminazione sul lavoro. Inoltre, il 22% ha dichiarato di aver avuto contatti fisici indesiderati e il 53% ha subito complimenti espliciti non graditi. La conseguenza di tali atteggiamenti è la limitazione del proprio comportamento per paura che possa portare a conseguenze negative. Il 58% delle donne ha dichiarato di non reagire efficacemente di fronte ad una molestia, di queste il 38% non vuole passare come una persona troppo aggressiva mentre l’11% non sa come comportarsi in determinate situazioni.
Per quanto riguarda più nello specifico lavoratrici che ricoprono ruoli dirigenziali, Il 62% dichiara di essere considerata aggressiva se si mostra ambiziosa o assertiva. Il 79%, invece, ha visto crescere i colleghi uomini più velocemente e immeritatamente in quanto con minore esperienza della propria o di altre donne.
L’importanza di colmare il divario
La riduzione delle differenze salariali tra uomo e donna favorirebbe la crescita economica del Paese e la riduzione della povertà. Inoltre, l’uguaglianza tra i sessi alleggerirebbe il peso sul sistema pensionistico, questo perché il divario aumenta con l’aumentare dell’età. Con salari ridotti e meno denaro da investire, in età avanzata cresce, quindi, il rischio di difficoltà economiche ed esclusione sociale. È chiaro che si deve ancora compiere un lungo cammino per costruire una società più inclusiva. Per questo sarebbe utile imporre un minimo salariale orario per tutta Italia e rafforzare l’efficacia delle organizzazioni sindacali introducendo più figure femminili.
Si tratta ormai di un problema culturale insito all’interno del contesto professionale italiano che necessita di un immediato e continuo lavoro di educazione e sensibilizzazione. Affrontare questi problemi richiede un impegno costante da parte delle istituzioni, delle aziende e della società nel suo complesso. Solo attraverso politiche e strategie concrete di parità di genere, inclusione e sensibilizzazione alle questioni di genere, sarà possibile raggiungere un’effettiva uguaglianza che garantisca un lavoro equo alle donne, e la possibilità di realizzare a pieno il loro potenziale lavorativo.