A vent’anni dalla sua morte, il 21 aprile 2003, Nina Simone presentava nel 1963 quella che lei stessa definisce la sua prima canzone per i diritti civili: Mississippi Goddman. All’indomani dell’attentato razzista alla Sixteenth Street Baptist Chruch di Birmingham, in Alabama, trovarono la morte, per mano di suprematisti bianchi, quattro ragazze afroamericane. Ma non solo, ricorda anche l’assassinio di Medgar Evars (attivista per i diritti civili) avvenuto il 12 giugno dello stesso anno.
«Alabama’s gotten me so upset
Tennessee made me lose my rest
And everybody knows about Mississippi Goddam»
Nel 1965 esplodono in America i movimenti sociali. Una serie di marce iniziarono a richiamare l’attenzione della popolazione e del governo, erano i rappresentati del movimento per i diritti sociali dei neri. «Tutto quello che voglio è l’uguaglianza. Per mia sorella mio fratello il mio popolo e me». Lungi dall’essere un movimento nazionale, era una marcia identitaria verso la libertà e contro i pregiudizi. In un flusso di coscienza con se stessa Nina Simone afferma di essersi domandata «cosa significa essere liberi?» la sua risposta è decisa e determinata: «non aver paura».
Una ribelle con una causa
Quando Nina Simone dice «I’m a rebel with a cause» si riferisce al pacchetto imperialista di teorie e comportamenti che gli Stati Uniti d’America già da tempo avevano incorporato. L’ampia diffusione e il raggio d’azione di questo movimento permisero a molte comunità in tutto il mondo di strutturare le loro lotte per la parità di diritti, in particolare per il diritto di voto. La vicinanza che il movimento nero negli Stati Uniti legava alle comunità africane era cresciuta in estensione e impatto sociale. La sua musica divenne una cassa di risonanza perfetta degli avvenimenti che dilaniavano l’America: un mix di jazz, classica, gospel, folk e ballate, che essa stessa definì Black Classical Music, una formula che cercava di scuotere la coscienza bianca e che esprimeva la fierezza di un’intera comunità di artisti e militanti neri.
Le dichiarazioni dell’artista
La Simone non si è mai tirata indietro nel dire ciò che pensava. Molta risonanza ebbe la sua dichiarazione davanti Martin Luter King «Io non sono contro la violenza». Capitava spesso durante i suoi concerti che lei si esponesse chiedendo «siete pronti ad uccidere, se serve?». Trova nella contestazione una motivazione profonda per la sua arte. La sua vita è stata continuamente caratterizzata da una ruvida violenza ed una straziante lotta con il mondo e con se stessa. Il suo crollo nervoso e la sua esibizione in un café parigino semivuoto prima della sua ribalta negli anni ’80. Le sue cadute e il suo rialzarsi. Considerata una delle artiste più influenti del XX secolo, fonte di ispirazione per molti cantanti.
Le lotte anche nella vita privata
Eunice Kathleen Waymon (nome vero di Nina Simone), inizia a suonare nel 1950 in un locale di Atlantic City. Per scappare dal giudizio dei suoi genitori nasce Nina, il cognome sarà un contributo a Simone Signoret. Nel 1960 incontra Andrew Strout, che diventerà presto suo marito. Dopo aver ottenuto una pessima reputazione per strada come poliziotto diventerà presto il suo manager. Dalla sua biografia si scopre la violenza del marito. Nina Simone racconta al chitarrista Al Shackman (che definisce la cantante come sua sorella) la storia di come una notte, dopo aver visto la Simone nascondere il messaggio ricevuto da un fan, Stroud l’abbia malmenata «fino alla porta di casa, per le scale, in ascensore, nella mia stanza» prima di metterle una pistola in bocca e stuprarla.
Le violenze quasi per riflesso Nina le trasportava sulla figlia. Un esperienza quasi sempre sul filo del rasoio, un dualismo marchiato a fuoco tra razionalità e follia quasi inevitabile. Quando finalmente viene visitata da uno psichiatra, le viene diagnosticata una forma di bipolarismo e inizia a prendere un farmaco che stabilizza i suoi umori. In questi alti e bassi riesce a tornare sulle scene e incidere nuovi album. Un ingresso nella storia della musica e dei diritti costato caro.
L’influenza per tutti
Il destino verrà troppo tardi a richiamare la riconoscenza che si deve a una delle più grandi artiste della musica. Volendola ricordare con ciò che Milton H. Erickson una volta disse: «E voglio che tu scelga un momento nel passato in cui eri una bambina piccola piccola. E la mia voce ti accompagnerà. E la mia voce si muterà in quelle dei tuoi genitori, dei tuoi vicini, dei tuoi amici, dei tuoi compagni di scuola e di giochi, dei tuoi maestri. E voglio che ti ritrovi seduta in classe, bambina piccolina che si sente felice di qualcosa, qualcosa avvenuto tanto tempo fa, qualcosa tanto tempo fa dimenticato».