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Nemmeno la pandemia da Covid ha fermato il consumo di suolo

Angelo Morlando 03/08/2021
Updated 2021/08/03 at 5:23 PM
6 Minuti per la lettura

È recentissimo l’ultimo report del Sistema Nazionale di Protezione Ambientale, questa volta a cura di Munafò, M. e dal titolo “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2021. Report SNPA 22/21”. Per Arpa Campania hanno collaborato: Gianluca Ragone (co-autore)Giuseppina Annunziata, Maria Daro, Diego Guglielmelli, Pasquale Iorio, Elio Luce, Gianluca Ragone, Elio Rivera, Raimondo Romano, Giovanni Stellato, Raffaele Tortorella (fotointerpretazione, classificazione, produzione cartografia, validazione ed elaborazione dei dati).

Indice
Il lavoro pubblicato, già da alcuni anni, è un vero e proprio focus sulle attività di monitoraggio del territorio e del relativo consumo (indiscriminato) di suolo. È una provocazione, ma anche una triste realtà: l’improprio consumo di suolo non è da addebitarsi solo ad attività illecite (ad esempio, abusivismo edilizio) ma anche le attività assentite hanno scarsa attenzione nel limitarne il consumo. Un esempio, sono le attività produttive che spesso sorgono in aree semi-agricole o ai confini con aree di elevato pregio ambientale.Nessuna regola impone attualmente la riduzione dell’impermeabilizzazione del lotto assegnato, ma sarebbe buona norma, ad esempio, obbligare di non impermeabilizzare oltre il 50% della superficie totale, cioè “asfaltare” solo lo stretto necessario; la restante area dovrebbe rimanere “al naturale”, cioè senza alcun intervento.Dal punto di vista idraulico-autorizzativo, sarebbe opportuno imporre la regola dell’invarianza idraulica, cioè le portate meteoriche scaricate nei corpi idrici nel post-operam non devono essere superiori a quelle dell’ante-operam. Se è pur vero che dovranno realizzarsi dei volumi di accumulo, è altrettanto vero che si cercherà di impermeabilizzare la minore superficie possibile.Il rapporto SNPA contiene numerose cartografie e fa riferimento ad ampie e documentate banche dati di indicatori, riuscendo a fornire un quadro generale aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo, permettendo di valutare l’impatto del consumo di suolo sul paesaggio e sui servizi ecosistemici. Il rapporto, inoltre, propone anche
un focus che è dettagliato fino al livello comunale.
I contenuti del rapporto sono egregiamente sintetizzati dalle dichiarazioni del dott. Stefano Laporta [Presidente dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA)] che riportiamo di seguito:
“L’edizione 2021 del Rapporto, l’ottava dedicata a questi temi, fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del nostro territorio, che continuano a causare la perdita di una risorsa fondamentale, il suolo, con le sue funzioni e i relativi servizi ecosistemici. Il Rapporto analizza l’evoluzione del territorio e del consumo di suolo all’interno di un più ampio quadro di analisi delle dinamiche delle aree urbane, agricole e naturali ai diversi livelli, attraverso indicatori utili a valutare le caratteristiche e le tendenze del consumo, della crescita urbana e delle trasformazioni del paesaggio, fornendo valutazioni sull’impatto della crescita della copertura artificiale del suolo, con particolare attenzione alle funzioni naturali perdute o minacciate… Con il Piano Nazionale di Riprese e Resilienza, nonostante alcuni investimenti come quelli su infrastrutture e impianti di energia da fonti rinnovabili che porteranno evidentemente a un incremento delle superfici artificiali che dovrebbero essere auspicabilmente bilanciate da un equivalente ripristino e rinaturalizzazione di aree già impermeabilizzate, il Governo si è impegnato ad approvare una legge nazionale sul consumo di suolo in conformità agli obiettivi europei, che affermi i principi fondamentali
di riuso, rigenerazione urbana e limitazione del consumo dello stesso, sostenendo con misure positive il futuro dell’edilizia e la tutela e la valorizzazione dell’attività agricola… I dati di quest’anno confermano la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della loro maggiore accessibilità e anche per la crescente pressione dovuta alla richiesta di spazi sempre più ampi per la logistica”.
Per quanto riguarda i dati specifici in Campania, la situazione è ovviamente preoccupante: in un solo anno (dal 2019 al 2020, cioè in piena pandemia) sono stati consumati circa 211 ettari di suolo (l’equivalente di circa 300 campi di calcio!). Le percentuali di suolo già utilizzato sono quasi sempre superiori al 30% per tutta l’area litoranea, oltre quella dei capoluoghi e in particolar modo quelli della città metropolitana di Napoli.Spaventosa la percentuale di suolo già consumato, rispetto al totale della superficie disponibile, per i comuni di Casavatore (>90%), Arzano e Melito (>80%) Cardito, Frattaminore e Casoria (>70%). Il comune di Maddaloni è quello che ha consumato più suolo in un anno (circa 23 ettari); seguono Giugliano (6) Somma Vesuviana (6) Scafati (6) e Salerno (6). “La perdita di superficie naturale”, ha commentato il dg Arpac Stefano Sorvino, “ha un costo che dipende, innanzitutto, dai servizi ecosistemici che vengono a mancare. Diminuisce, ad esempio, la capacità del territorio di sottrarre anidride carbonica all’atmosfera e di mitigare il rischio idrogeologico, per citare alcuni effetti collaterali del consumo di suolo. Sebbene negli ultimi anni la Campania non sia tra le regioni che corrono più veloci su questo fronte, la regione sconta un’eredità del passato impegnativa”.Per ulteriori approfondimenti:
www.snpambiente.it/category/pubblicazioni/report
Il lavoro pubblicato, già da alcuni anni, è un vero e proprio focus sulle attività di monitoraggio del territorio e del relativo consumo (indiscriminato) di suolo. È una provocazione, ma anche una triste realtà: l’improprio consumo di suolo non è da addebitarsi solo ad attività illecite (ad esempio, abusivismo edilizio) ma anche le attività assentite hanno scarsa attenzione nel limitarne il consumo. Un esempio, sono le attività produttive che spesso sorgono in aree semi-agricole o ai confini con aree di elevato pregio ambientale.
Nessuna regola impone attualmente la riduzione dell’impermeabilizzazione del lotto assegnato, ma sarebbe buona norma, ad esempio, obbligare di non impermeabilizzare oltre il 50% della superficie totale, cioè “asfaltare” solo lo stretto necessario; la restante area dovrebbe rimanere “al naturale”, cioè senza alcun intervento.
Dal punto di vista idraulico-autorizzativo, sarebbe opportuno imporre la regola dell’invarianza idraulica, cioè le portate meteoriche scaricate nei corpi idrici nel post-operam non devono essere superiori a quelle dell’ante-operam. Se è pur vero che dovranno realizzarsi dei volumi di accumulo, è altrettanto vero che si cercherà di impermeabilizzare la minore superficie possibile.
Il rapporto SNPA contiene numerose cartografie e fa riferimento ad ampie e documentate banche dati di indicatori, riuscendo a fornire un quadro generale aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo, permettendo di valutare l’impatto del consumo di suolo sul paesaggio e sui servizi ecosistemici. Il rapporto, inoltre, propone anche
un focus che è dettagliato fino al livello comunale.
I contenuti del rapporto sono egregiamente sintetizzati dalle dichiarazioni del dott. Stefano Laporta [Presidente dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA)] che riportiamo di seguito:
“L’edizione 2021 del Rapporto, l’ottava dedicata a questi temi, fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del nostro territorio, che continuano a causare la perdita di una risorsa fondamentale, il suolo, con le sue funzioni e i relativi servizi ecosistemici. Il Rapporto analizza l’evoluzione del territorio e del consumo di suolo all’interno di un più ampio quadro di analisi delle dinamiche delle aree urbane, agricole e naturali ai diversi livelli, attraverso indicatori utili a valutare le caratteristiche e le tendenze del consumo, della crescita urbana e delle trasformazioni del paesaggio, fornendo valutazioni sull’impatto della crescita della copertura artificiale del suolo, con particolare attenzione alle funzioni naturali perdute o minacciate… Con il Piano Nazionale di Riprese e Resilienza, nonostante alcuni investimenti come quelli su infrastrutture e impianti di energia da fonti rinnovabili che porteranno evidentemente a un incremento delle superfici artificiali che dovrebbero essere auspicabilmente bilanciate da un equivalente ripristino e rinaturalizzazione di aree già impermeabilizzate, il Governo si è impegnato ad approvare una legge nazionale sul consumo di suolo in conformità agli obiettivi europei, che affermi i principi fondamentali
di riuso, rigenerazione urbana e limitazione del consumo dello stesso, sostenendo con misure positive il futuro dell’edilizia e la tutela e la valorizzazione dell’attività agricola… I dati di quest’anno confermano la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della loro maggiore accessibilità e anche per la crescente pressione dovuta alla richiesta di spazi sempre più ampi per la logistica”.
Per quanto riguarda i dati specifici in Campania, la situazione è ovviamente preoccupante: in un solo anno (dal 2019 al 2020, cioè in piena pandemia) sono stati consumati circa 211 ettari di suolo (l’equivalente di circa 300 campi di calcio!). Le percentuali di suolo già utilizzato sono quasi sempre superiori al 30% per tutta l’area litoranea, oltre quella dei capoluoghi e in particolar modo quelli della città metropolitana di Napoli.
Spaventosa la percentuale di suolo già consumato, rispetto al totale della superficie disponibile, per i comuni di Casavatore (>90%), Arzano e Melito (>80%) Cardito, Frattaminore e Casoria (>70%). Il comune di Maddaloni è quello che ha consumato più suolo in un anno (circa 23 ettari); seguono Giugliano (6) Somma Vesuviana (6) Scafati (6) e Salerno (6). “La perdita di superficie naturale”, ha commentato il dg Arpac Stefano Sorvino, “ha un costo che dipende, innanzitutto, dai servizi ecosistemici che vengono a mancare. Diminuisce, ad esempio, la capacità del territorio di sottrarre anidride carbonica all’atmosfera e di mitigare il rischio idrogeologico, per citare alcuni effetti collaterali del consumo di suolo. Sebbene negli ultimi anni la Campania non sia tra le regioni che corrono più veloci su questo fronte, la regione sconta un’eredità del passato impegnativa”.
Per ulteriori approfondimenti:
www.snpambiente.it/category/pubblicazioni/report

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