Un mese e due settimane circa dall’elezione dei nuovi rappresentanti di Camera e Senato. Poco più di quindici giorni dalla nomina di Giorgia Meloni a Presidente del Consiglio e della sua squadra di governo. Troppo poco, certo, per giudicare operato e stabilità della maggioranza e dei ministeri, di quel “governo dei migliori” tanto esaltato e acclamato nei mesi precedenti alle politiche dagli ambienti della destra italiana. È possibile però, nonostante il breve periodo di legislatura, provare a tirare le somme e riflettere sia sulle prime decisioni e decreti legge approvati, sia sui cavalli di battaglia del nuovo governo, ribaditi più volte durante la campagna elettorale. Flat tax, riforma pensioni e immigrazione clandestina. Tuttavia, dopo le prime settimane di mandato governativo emerge un dato di fatto eclatante e preoccupante: il poco spazio, quasi inesistente, nell’agenda politica di maggioranza per l’ambiente.
In un futuro prossimo, condizionato dal forte cambiamento climatico, la policy dedicata all’ambiente dovrebbe essere la principale destinataria delle misure di governo. L’occasione della Cop 27 in Egitto, in programma fino al 18 novembre, avrebbe potuto rappresentare l’occasione per ribadire uno stop deciso ai combustibili fossili e il sì ad una definitiva transizione ecologica, attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili. Occasione mancata dall’attuale premier che, presenziando nei giorni 7 e 8 novembre alla conferenza internazionale più importante sui cambiamenti climatici, a Sharm el-Sheikh, ha lasciato intendere che l’emergenza climatica non costituisce il tema primario sul quale intervenire.
Dopo il caro bollette la priorità dovrebbe essere l’ambiente (non per il governo Meloni)
Nel novembre del 2022, chiunque affermerebbe l’esistenza di due macro-problemi che interessano l’intero globo. Parliamo quindi dell’inasprimento e la continua escalation del conflitto in Ucraina e il cambiamento climatico. Il primo obbligherà Meloni e company a seguire in un certo senso la “linea Draghi“, cioè a destinare gran parte delle risorse economiche alla grande difficoltà che incombe tra le famiglie italiane: il caro bollette. Il che pone un interrogativo legittimo: quanto, in questo periodo storico così complicato, i cittadini, ma anche l’elettorato di centrodestra, sono realmente interessati all’attuazione dei programmi enunciati nei comizi elettorali?
È evidente che la preoccupazione attuale di famiglie e imprese rimane quella del carovita e dell’inflazione. Per risolvere in parte questo stato drammatico delle cose, il governo dovrebbe attuare un decreto Aiuti, con 9,5 miliardi di euro subito e 23 miliardi in legge di bilancio per il 2023. Più di 30 miliardi, dunque, derivanti dalla crescita del PIL nel terzo semestre del 2022 (+0,5%) e dallo +0,5% del deficit.
Quanto alla seconda emergenza, tema particolarmente caro agli ambientalisti (e non solo), Giorgia Meloni, durante il suo discorso di insediamento a Palazzo Chigi, ha toccato solo di striscio il cambiamento climatico, parlando di ambiente solo nella seconda parte, sostenendo che “quello che ci distingue da certo ambientalismo ideologico è che noi vogliamo difendere la natura con l’uomo dentro, coniugando sostenibilità ambientale, economica e sociale“. Una dichiarazione curiosa che lega interessi ambientali ed economici, e questi ultimi, se a breve termine, difficilmente potranno garantire impegni vincolanti da parte del governo. Il fatto, poi, che il tema ambientale non costituisca per il nuovo governo uno dei settori prioritari è dimostrato dagli ultimi decreti approvati, come quello sui rave party (con tanto di contestazione); e dalla diatriba tra il ministro dell’Interno Piantedosi e le navi Ong piene di migranti nei pressi delle coste siciliane, argomento di prima pagina per una settimana sui quotidiani italiani. Ma lo dimostrano anche gli altri obiettivi di governo, enunciati in campagna elettorale e di cui si sta parlando in questi giorno: flat tax e Quota 41. E l’ambiente?
Dell’ambiente ancora nessuna traccia, anzi sì
In realtà, oltre ai rave party, alle navi Ong, alla flat tax e alle pensioni, il governo Meloni una certa linea sull’ambiente l’ha dettata. E non è quella che prevede una transizione ecologica con l’uso di energie verdi e rinnovabili (almeno nei prossimi anni), ma quella che strizza l’occhio alle imprese, che, va detto, stanno continuando a pagare un prezzo salatissimo per la crisi in Ucraina e il conseguente caro bollette. La decisione di dare il via a nuove concessioni e allargare la mappa delle zone in Italia per l’estrazione di gas, quindi per nuove trivelle, si prefigge lo scopo di permettere ad alcune imprese (vetro, ceramica, gasivore) di rifornirsi ad un costo inferiore rispetto a quello che sostengono attualmente. La prima spinta alla produzione nazionale di gas ha però sollevato critiche pesanti dagli ambienti verdi ed ecologisti, soprattutto di Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde, che ai microfoni di Repubblica ha dichiarato che la Meloni è al vertice di “un governo nero petrolio che farà fallire gli obiettivi climatici da raggiungere entro il 2030”.
Nonostante la buona causa alla base della scelta di estrarre più gas dal nostro paese, non si può non constatare che solo gli interessi economici di pochi saranno soddisfatti, mentre i molti sostenitori dell’ambiente, categoria di cui ormai fa parte la maggior parte della popolazione italiana e mondiale, subiranno un’altra battuta di arresto. Certo, il cambiamento climatico non dipende solo dall’Italia: ci sono paesi come Cina e India, che da soli producono più della metà delle emissioni mondiali di CO2, che basano la propria ricchezza proprio sull’inquinamento, e dunque non sarà facile convincerli su un piano di riconversione totale alle rinnovabili. La loro assenza alla Cop 27 in Egitto lo testimonia. Ma è dal piccolo che bisogna partire e fare i primi passi. Il governo Meloni dovrebbe capire che l’ambiente non può più aspettare e che non ci possono essere, a parte la crisi economica delle famiglie, riforme e decisioni prioritarie che non riguardino l’emergenza climatica. Perché, intanto, tra flat tax, immigrazione e riforma pensioni è l’ambiente che paga.