COPERTINA – Maurizio de Giovanni, racconta le sue riflessioni sulla città di Napoli

Redazione Informare 03/05/2016
Updated 2017/10/16 at 9:50 PM
7 Minuti per la lettura

Maurizio de Giovanni: «Napoli nasce in un posto necessario e il mondo non può ignorarne la bellezza»

 

Quella che vi raccontiamo è una storia d’amore. Non la classica melensa lotta tra due innamorati: lui è uno scrittore di fama internazionale “napoletano”, e basta questo per descriverlo, mentre lei… è una città di 3.000 anni, con circa un milioni di abitanti. “Napoletano” è il termine adatto per entrare nell’animo dell’uomo che si cela dietro lo scrittore, un autoironico cultore della propria tradizione, partecipante attivo della propria città e tifosissimo del Napoli. Non ci sono dubbi: Maurizio de Giovanni è napoletano.

«Come un essere umano potrebbe definire il rapporto con il suo sangue, non è possibile per me immaginarmi senza – cosi definisce il suo rapporto con la propria città – Io sono napoletano, fa parte della mia natura esserlo. Napoli fa parte di me io faccio parte di Napoli». Un vero esploratore della scrittura, impegnato, ovviamente, nella redazione dei suoi romanzi (tradotti in più lingue) e nella scrittura di articoli, racconti e opere teatrali.

Leggere un libro permette alla fantasia di essere artefice del proprio film, immaginando volti, situazioni e scenari. Quando da un libro, invece, viene tratta una pellicola vera e propria il quadro cambia, soprattutto per l’autore. Questo è accaduto a Maurizio De Giovanni con il suo “I Bastardi di Pizzo Falcone”, romanzo dal quale è stata tratta una fiction con Alessandro Gassman nelle vesti del protagonista. «Non ho mai pensato alle trasposizioni televisive nè alla reazione dei lettori. La storia ha una sua dignità, insieme ai suoi personaggi, e va rispettata. Con grande serietà scrivo la storia come comanda la mia testa, anche se è scomoda, anche se il finale non è lieve». Vere e proprie macchine del tempo i libri di questo autore partenopeo, che permettono al lettore di passeggiare per i vicoli di una Napoli della quale sembra rimasta solo l’ombra.

 

Maurizio De Giovanni - Photo credit - Carmine Colurcio
Maurizio De Giovanni – Photo credit Carmine Colurcio

 

«Napoli ha degli aspetti perenni» ci introduce Maurizio De Giovanni parlando delle avventure del commissario Ricciardi, protagonista dei suoi meravigliosi gialli, e della Napoli in cui questo esercita. «Siamo portati alla comunicazione, stando stretti, siamo tolleranti degli spazi altrui. Non può esserci privacy nei quartieri dove ognuno abita un metro dagli altri, dove gli spazi comuni sono la strada. Questo chiaramente incide anche sull’esercizio dell’inciviltà, intendendo la civiltà come rispetto degli spazi altrui. Queste caratteristiche perenni io le ritrovo nella Napoli di oggi anche quando studio i documenti degli anni ’30. In quegli anni, però, la scala di valori era diversa: la famiglia, l’onore, la patria, la religione, erano fattori di grandissima importanza e adesso sono stati sostituiti dall’economia, dal potere, dal successo, dalla comunicazione, che all’epoca erano ben diversi». La bravura di uno scrittore sta nel suo guardarsi intorno e scegliere accuratamente cosa recepire e cosa scartare.

Per gioco gli propongo di immaginare un libro che, al contrario dei suoi successi, sia ambientato in una Napoli del futuro. «Io sono ottimista – sorride lo scrittore – Quella che vince è la bellezza, essendo l’unica cosa che non si può cambiare. Parigi, Roma, Vienna, Berlino, Londra sono città che nascono in un posto qualsiasi. Napoli nasce in un posto necessario. La prima nave fenicia che arriva e si trova di fronte a questo golfo decide necessariamente di attraccare e ci rimane, così fanno i greci, i romani, i francesi, gli inglesi, gli spagnoli. È una città necessaria e la sua bellezza vince necessariamente. È fatale che il centro storico verrà recuperato, che Bagnoli diventi un posto turistico meraviglioso, che Napoli abbia nell’accoglienza, nel lavoro alimentare e nella cultura le grandi chance di sviluppo. Già con l’attuale amministrazione abbiamo potuto constatare passi avanti importanti. Mentre non si può prevedere il futuro di New York o di Milano, il futuro di Napoli è necessariamente positivo perchè la bellezza non è ignorabile a lungo termine. Il mondo non può ignorare Napoli. Napoli non può ignorare se stessa».Una città che sopravvive nel tempo.

Quando si parla di Napoli non si definisce solo una città, ma un intero popolo, fatto di atteggiamenti, tradizioni e cultura. «La napoletanità è un sentimento complesso, fatto da una storia di 3.000 anni e di profonda autoironia. L’orgoglio della storia di questa città è stato smantellato da una comunicazione tesa a rendere questo luogo il castello degli orrori del “lunapark” chiamato Italia. La napoletanità è una forte identità culturale, storica, artistica che deve essere recuperata, ricercata e rivendicata».

Essere “napoletani” non vuol dire soltanto amare la propria città, essere “napoletano” vuole anche significare essere tifoso. «Napoli e la sua squadra hanno un rapporto speciale, fortemente identitario, perchè questa è l’unica grande città con una squadra sola. “Il Napoli” è un soggetto sottinteso. Quando tu entri in un bar di lunedì mattina e parli senza riferire il soggetto tutti capiscono cosa stai dicendo. La partita qui si sente perchè squadra e città sono perfettamente connesse. Non c’è meraviglia nel vedere che Napoli, nel periodo dello scudetto, abbia vissuto un Rinascimento, mentre, quando in Serie C, la città  abbia vissuto un lungo periodo di Medioevo. C’è un parallelismo forte».

Nun ce sta nient’a fà, ‘o scrittore è ‘nnamurato.

di Savio De Marco
Foto di Carmine Colurcio

Tratto da Informare n° 157 Maggio 2016

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