Nadia Verdile dedica un libro alla fondatrice de “Il Mattino”
È stata la prima donna a dirigere un quotidiano, Il Mattino, fondato insieme a Edoardo Scarfoglio, che uscì con il primo numero il 16 marzo del 1892. Ha dedicato tutta la vita al giornalismo, fino alla morte, che la colse impreparata, proprio mentre, seduta alla sua scrivania a Napoli, era intenta a scrivere. Il padre Francesco, avvocato e giornalista napoletano, aveva dovuto lasciare la sua città nel 1848 perché ricercato come antiborbonico.
Durante l’esilio in Grecia conobbe e sposò Paolina Borely, nobile greca decaduta, discendente dei principi Scanavy di Trebisonda, che sarà il modello della giovane Matilde. Il 15 agosto 1860 la famiglia Serao, in seguito all’annuncio dell’ormai imminente caduta di Francesco II, tornò velocemente in patria, trovando alloggio a Ventaroli, frazione di Carinola.
«Ventaroli è anche meno di un villaggio, né voi lo troverete nella carta geografica: è un piccolo borgo nella collina, più vicino a Sparanise che a Gaeta. Vi sono duecentocinquantasei anime, tre case di signori, una chiesa tutta bianca ed un cimitero tutto verde; “vi è un gobbo idiota, una vecchia pazza e un eremita in una cappelluccia”». Così Matilde descrive il grazioso paesino casertano dove visse per qualche anno prima di trasferirsi a Roma e, successivamente, nel capoluogo partenopeo. Abbiamo incontrato la giornalista e scrittrice casertana Nadia Verdile, autrice di “Matilde Serao, ‘a Signora”, una biografia su questa donna straordinaria come poche. Le abbiamo posto alcune domande inerenti al suo ultimo testo, pubblicato di recente dalla casa editrice Pacini Fazzi di Lucca.
Cosa l’ha spinta a scrivere un libro su Matilde Serao?
«Quando, ventotto anni fa, pensai, per la prima volta, di scrivere una biografia della Signora de Il Mattino ero giovane, ma a lei avevo dedicato già qualche anno di studi. Mi appassionava la sua verve, l’ironia, talvolta il sarcasmo. Mi piaceva la bellezza della sua bruttezza, la disinvoltura della sua intelligenza, la sua risata grassa e contagiosa. Mi piaceva quel suo modo di scrivere, a metà strada tra la dolcezza del sentimento e la crudezza della realtà. Mi appassionava la sua scrittura, verace come verace fu la sua dedizione alla penna, alla parola, al fascino che essa esercita. Non fu mai schiava dei giudizi della gente. Era una donna di destra, monarchica, cattolica convertita e convinta, a tratti un po’ codina e in questo suo guardare e vivere la vita non ci assomigliavamo e non ci somigliamo. Fu sempre antifemminista, fu contro le battaglie per i diritti civili e politici delle donne e in questo non ci somigliamo. Ma io sentivo che la sua vita, fuori dal prodigio della letteratura che tanto dà e tanto schiaccia, andava raccontata per quello che era stata: la vita di una donna».
Da dove è partita per questo studio? Può dare qualche accenno sul percorso seguito?
«Sono partita dalla mia pervicace passione per la Storia delle Donne. A cinquantatré anni, penso di poter dire che, almeno trentacinque, li ho dedicati a questi studi. Misconosciute, maltrattate, ignorate, le donne nella storia, in tutti gli ambiti del sapere, sono state sempre relegate a figure di secondo piano. Ne ho fatto una scelta di vita. Così è nata la Collana Italiane della casa editrice Pacini Fazzi di Lucca; così è arrivata Matilde Serao che meritava, a pieno titolo, di entrare tra le Italiane che hanno segnato e cambiato l’Italia. Matilde fu donna tra lacrime e conquiste, scalate e sacrifici, fu giornalista vera e narratrice prolifica. Andava raccontata così, come donna che visse. Intensamente».
Secondo lei qual è l’importanza che Matilde Serao ha nel giornalismo e nella letteratura italiana ed europea?
«Matilde Serao, la sua vita, la sua infaticabile intelligenza, il suo impegno pubblico dovrebbero diventare una fiction (per usare le parole del direttore de Il Mattino, Alessandro Barbano, nella prefazione al libro). Uno di quei film che hanno il sapore della storia, i colori dell’arte e la forza della verità perché, è a questo, a tutto questo, che ‘a Signora ha dedicato la sua esistenza. Cronista, lucida e verace, narratrice di talento, anticipatrice di mode e linguaggi, ha raccontato con la sua penna donne, umanità e vicende di un’epoca, la politica, la giustizia, il costume, acquerellando, con tratto inconfondibile, la società dei suoi tempi, per tanti versi ancora quella dei nostri. Paladina degli ultimi, amica dei potenti senza mai concedere ad essi indulgenza e sottomissione. Meriterebbe quel posto che ancora fatica a vedersi riconoscere. Matilde Serao avrebbe meritato anche il Nobel per la Letteratura; sarebbe stato il giusto riconoscimento ad un’intellettuale mai prona e sempre sulla cresta dell’onda».
di Teresa Lanna
Tratto da Informare n° 179 Marzo 2018