In Campania, ostaggio della camorra e dell’illegalità, esistono storie di riscatto e di resilienza che andrebbero raccontate molto più di quanto non si faccia oggi. Storie che restituiscono speranza al territorio, come quella della Masseria Antonio Esposito Ferraioli, il bene confiscato più grande dell’Area metropolitana di Napoli.
La Masseria oggi porta il nome del giovane cuoco e sindacalista della Cgil, vittima innocente della camorra, per il suo impegno a favore dei diritti dei lavoratori e per le indagini sulla carne di provenienza sospetta utilizzata dalla mensa in cui lavorava. Si estende su una superficie di circa 120mila metri quadri nel Comune di Afragola: territorio complicato, oppresso dalle faide e dalla terra dei fuochi. Fu confiscata nel 1997 al clan Magliulo, rivale dei Moccia, noto per aver subito in quegli anni uno dei maggiori sequestri di beni mobili ed immobili della storia della camorra, per un valore di oltre 150 miliardi di lire.
Dopo vent’anni di abbandono e abusi da parte di prestanome del clan, il 1 marzo 2017, il bene è stato assegnato a una ATS (associazione temporanea di scopo), vincitrice del bando emesso dal Comune nell’estate del 2015, grazie anche al contributo di Libera. Cinque sono i partner principali: Consorzio “Terzo Settore”, Associazione “Sott’e’ncoppa”, Cigl e le cooperative sociali “Giancarlo Siani” e “L’uomo e il legno”. Ma ad essere coinvolti sono tutti gli attori del territorio: cittadini, scuole, parrocchie.
A raccontarci della Masseria e a guidarci tra il verde dei campi, infatti, è una famiglia come tante che, innamorata della propria terra e desiderosa di un riscatto, ha accolto la sfida degli orti urbani prendendo in gestione un pezzettino di terra.
«Quello degli orti urbani è stato il primo progetto messo in atto dalla Masseria, per creare aggregazione e restituire alla comunità un bene che gli era stato tolto dalla criminalità» – a parlare è la giovane Roberta, impegnata nel mercatino della Masseria –«chiunque facesse richiesta, cittadini o associazioni, poteva ottenere il proprio pezzo di terra (100mq), ovviamente con una serie le regole da rispettare, stabilite in assemblea. Ad oggi siamo più di 120 famiglie che vengono qui a coltivare il proprio orticello».
Cinque ettari di terra sono stati poi destinati al Museo della biodiversità con 1700 alberi di varietà autoctone, di cui molte a rischio di estinzione. All’interno del frutteto, grazie alla collaborazione del Presidio di Libera di Casoria-Afragola e delle scuole del territorio, è stato istituito un percorso narrativo didattico che consente ai bambini non solo di scoprire il patrimonio agricolo, ma anche l’impegno di uomini e donne morti in nome della resistenza alla camorra, cui sono intitolati alcuni filari.
Tanti altri i progetti in cantiere, per i quali è necessaria la ristrutturazione del corpo di fabbrica centrale. «Al piano inferiore saranno allestiti un bar, un agriturismo, un negozio dove vendere i prodotti coltivati, un laboratorio di trasformazione dei prodotti e una sala conferenze. Il piano superiore, invece, sarà destinato all’alloggio per donne vittime di violenza» – continua Roberta. Oltre a dare loro alloggio, la Masseria contribuisce a creare, attraverso la formazione e l’offerta di lavoro, le condizioni necessarie affinché possano autodeterminarsi e rifarsi una vita.
L’anno scorso infatti, il bando “Uscire dal Silenzio” ha selezionato 20 donne vulnerabili per formarle e poi impiegarle nel commercio e nella distribuzione dei prodotti della Masseria, attraverso il partenariato con Costa Crociere, che finanzia il progetto.
«I soldi per completare i lavori e i vari progetti ci sono» – spiega scoraggiato Antonio, padre di famiglia – «si attende da tempo che il Comune li sblocchi. Ma probabilmente ci sono altri interessi». Infatti, durante la precedente amministrazione, i gestori del bene confiscato hanno vinto il bando del Pon Legalità del Ministero dell’Interno, ottenendo un finanziamento di 1 milione e mezzo di euro, ancora (dopo un anno) nelle casse del Comune nonostante le continue sollecitazioni. Nulla di cui meravigliarsi: non sarebbe di certo la prima né l’ultima volta che i fondi europei restino misteriosamente inutilizzati, in Italia e soprattutto al Sud.
Ancora una volta i cittadini si sono messi in gioco, mostrando di poter creare nuove occasioni di lavoro, sviluppo e welfare in un territorio colpito dalla criminalità. In una vastissima terra, dove per lungo tempo i mafiosi avevano manifestato il loro potere violento e corrotto, centinaia di persone piantano nuovi semi, quelli della libertà e del riscatto, personale e della propria terra, lanciando un messaggio forte contro la camorra.
Di storie come questa ne ha bisogno la Città di Afragola, ne ha bisogno la Campania e l’intero Paese, ma è necessaria la collaborazione di tutti, in primo luogo delle istituzioni del territorio.
di Giorgia Scognamiglio