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Marriage Story – La realtà è irrealistica

Lorenzo La Bella 21/03/2020
Updated 2021/08/31 at 12:56 PM
4 Minuti per la lettura

Noah Baumbach. Uno sceneggiatore-regista beneamato dalla critica e uno dei pochi nel genere mumblecore ad avere successo al botteghino, e… un attimo. Cos’è il mumblecore?

informareonline-marriage-story (2)Chiariamo un attimo questo, perché stiamo parlando di uno dei generi cinematografici più underground di sempre. Il mumblecore è un genere che potrebbe essere considerato un parente americano del neorealismo italiano puro e crudo. Non sto scherzando: hanno in comune punti fondamentali, come l’improvvisazione quasi totale dei dialoghi da una storia molto abbozzata, attori non-professionisti accoppiati con stelle assolute, budget ridotti, storie piccole e intime e dialoghi incredibilmente realistici e poco cinematici. Baumbach ci ha regalato insieme a Greta Gerwig il più grande successo del genere, Frances Ha, nel 2012, e ora, con Marriage Story, si avvicina di nuovo a quel genere (non troppo, perché questo giro ci sono di mezzo troppi soldi e troppe star) e si porta a casa una tonnellata di nomination agli Oscar per Netflix.

Il che è strano, perché non è affatto il tipo di film che ci si aspetterebbe di vedere nominato agli Oscar di questi tempi. È un film che non tenta di dare nessun messaggio sulla contemporaneità, né tenta di spiazzare lo spettatore, scuoterlo, come ormai ci si aspetta che i film da Oscar facciano. È un film sul divorzio, raccontato nella maniera più dolorosamente realistica possibile. Adam Driver e Scarlett Johansson inferpretano una giovane coppia sposata che si spacca quando il personaggio di  ScarJo, l’attrice Nicole, si accorge che ha sacrificato i suoi sogni e la sua identità pur di stare vicino al marito regista newyorchese Charlie (Driver). Nicole decide di ricominciare la sua vita, tornando a Los Angeles dalla madre e dalla sorella, essendosi Charlie rifiutato di permetterle di tornarvi per tutto il loro matrimonio, anche per brevi periodi. Il problema che genera è però che il loro figlio di otto anni, Henry, sceglie di romanere con Nicole.

Da qui si genera il conflitto della storia. Charlie continua a pensare a loro tre come una famiglia newyorchese e non può tollerare di essere separato da Henry per restare a New York né di essere separato da New York per restare vicino a Henry. L’egoismo di Charlie scatena quindi un processo in cui gli avvocati di entrambe le parti tentano di screditare l’avversario nei modi più biechi e meschini per accaparrarsi Henry, e sia Charlie che Nicole si ritrovano presto sul lastrico ed emotivamente a pezzi. La loro relazione viene definitivamente distrutta, e i due riescono tutt’al più a mantenere una modesta amicizia. Charlie si trasferisce a Los Angeles e divide la custodia di Henry con Nicole (a favore di lei, per ovvie ragioni), ed entrambi si sforzano di essere buoni genitori per Henry pur andando avanti con le loro vite. È talmente realistico, anzi reale, che è deprimente. È una storia vista mille volte: un amore, una famiglia rovinati dall’egoismo di un uomo di fronte alla disperata ricerca di una donna del proprio posto e della propria identità, ma non l’avevo mai vista raccontata così bene.

Grazie, Noah Baumbach.

 

di Lorenzo La Bella

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