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“Mare Jonio”: una speranza di vita tra Italia e Libia

Pasquale Scialla 02/02/2022
Updated 2022/02/02 at 1:08 PM
9 Minuti per la lettura
La missione 10 di Mediterranea Saving Humans salva 214 vite umane

Nata nel 2018, Mediterranea Saving Humans è un’organizzazione non governativa con l’intento di soccorrere i migranti lungo la rotta Libia-Italia. Già durante i primi mesi di vita, l’ong si è scontrata con le normative sull’immigrazione volute dall’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini. La principale nave usata da Mediterranea, Mare Jonio, è stata la prima a sfidare i divieti governativi del 2018. I primi anni, quindi, sono stati all’insegna di fermi, sequestri e indagini, ma soprattutto di salvataggi. Lo scorso 18 gennaio, però, la nave ha ripreso il largo per la sua decima missione, dove sono state salvate 214 persone, tra cui molte donne e bambini che “portano i segni degli abusi e delle violenze subite nei campi di detenzione libici”. Abbiamo intervistato la Capomissione della Missione 10 Sheila Melosu per approfondire le dinamiche interne ad ogni sbarco.

Premettendo che ogni operazione presenta delle ccomplessità, qual è stata l’operazione – ad oggi – più difficile?

«Sicuramente la Missione 10, appena conclusa, è stata quella più difficile finora, dal punto di vista tecnico. La prima operazione di soccorso, tra il 19 e il 20 gennaio, si è svolta durante la notte, rendendo più difficile l’individuazione del target e le operazioni di soccorso. La seconda operazione di soccorso, invece, è iniziata immediatamente dopo la prima, il che ha voluto dire che il nostro equipaggio ha lavorato non-stop per 12 ore. Infine, il numero dei naufraghi soccorsi, 214 in totale tra uomini, donne e bambine, ha significato il sovraffollamento della nave. La difficoltà della Missione 10 però è iniziata mesi prima, quando l’inchiesta del marzo 2021 ha tentato di fermare la nostra missione».

Molto spesso le navi aspettano giorni o settimane in attesa che un porto ospiti i migranti. Qual è il procedimento da seguire in questi casi?

«L’obiettivo è portarli a terra in un porto sicuro nel minor tempo possibile. Queste persone arrivano dall’inferno dei campi libici, luoghi di torture, stupri, abusi e violenze. Portano con sé i segni fisici e psicologici di gravissimi traumi e, nonostante in salvo dal rischio di respingimento illegale in Libia, un’operazione di soccorso non è terminata finché i naufraghi non sbarcano in un porto sicuro. Molti di loro hanno affrontato il mare più di una volta e ogni volta, se intercettati dalla guardia costiera libica, vengono nuovamente detenuti in quei lager finanziati dall’Europa e dall’Italia. Durante la traversata spesso, la miscela di acqua salata e carburante con cui vengono a contatto, provoca ustioni su corpi già martoriati. Per questo è fondamentale che una volta terminato il soccorso in mare si attivino immediatamente le procedure di assegnazione del Place of Safety».

I volontari di Mediterranea Saving Humans forniscono giornalmente assistenza alle persone che attraversano il Mediterraneo. Quali aiuti vengono forniti durante i primi giorni?

«Una volta completate le operazioni di soccorso e accolti i naufraghi a bordo, si procede nella distribuzione di un kit, che contiene un cambio di vestiti e prodotti igienici. Tutti i naufraghi vengono visitati dal medico di bordo, in modo da prendere i parametri medici e poter procedere a fare il triage. Se necessario, vengono anche distribuite coperte termiche, perché spesso sono presenti casi di ipotermia. Successivamente si provvede alle necessità fondamentali: acqua, cibo, prime necessità. Molto importante nelle fasi successive al soccorso è l’attività di relazione svolto dai nostri equipaggi, che con grande sensibilità e professionalità raccolgono storie e rassicurano gli ospiti».

Molto spesso i migranti, provenienti dall’Africa sub sahariana e dal Nord Africa, sono costretti a dar via risparmi di una vita e vivere in condizioni pietose nelle carceri libiche per cercare di arrivare in Europa. Quali atteggiamenti dovrebbero adottare i suddetti paesi per evitare queste situazioni?

«I suddetti paesi, senza governi nel più delle volte o governati da milizie e da lotte intestine tra le varie fazioni, non sono in grado di affrontare politiche di soluzione dei problemi (anche nel momento in cui volessero farlo). Il tema, la discussione e la possibile soluzione non sono su quei tavoli ma sui tavoli di Bruxelles, di Strasburgo e di New York alle Nazioni Unite. È lì che va rivolta questa domanda. Perché non riescono e/o non vogliono, per esempio, costituire corridoi sicuri di accesso in Europa?»

L’Italia è spaccata in due categorie. Come fareste comprendere alle persone più scettiche che il vostro lavoro è assolutamente necessario?

«Il processo di ri-umanizzazione è il mezzo attraverso il quale possiamo far avvicinare chi è più lontano dalla nostra visione del mondo. Conoscere queste donne, questi uomini, questi bambini, sapere i loro nomi, guardarli in faccia, ascoltare le loro voci, entrare nel loro di mondo, significa abbattere l’immagine del migrante pericolo per la nostra società. È un lavoro difficile perché la nostra potenza mediatica è ridotta rispetto a quella della rete sovranista fatta di TV e programmi in prima serata, giornali che propongono realtà distorte e squadristi del web».

Potete spiegare come si è svolta l’ultima spedizione con la nave Mare Jonio? Quante persone avete salvato?

«Nell’ultima missione di Mare Jonio, la Missione 10, abbiamo salvato 214 persone. Siamo salpati dal Porto di Trapani il 15 gennaio e, nella notte tra il 19 e il 20 gennaio, la Mare Jonio ha soccorso oltre 100 tra donne, uomini e bambini in fuga dalla Libia su una barca di legno che stava affondando. Durante la mattina del 20 gennaio la Mare Jonio ha completato un secondo intervento di soccorso su una barca di legno in pericolo con 100+ persone in fuga dalla Libia, tra cui donne e minori. Dopo varie ore di richieste, durante il quale abbiamo raggiunto il porto più vicino di Lampedusa, ci è stato assegnato Pozzallo come PoS. Due uomini erano in gravi condizioni e per loro è stata richiesta e ottenuta l’evacuazione medica. Dal comando di bordo è stata recapitata una mail a MRCC Roma che fa presente che una traversata di 12 ore nel Canale di Sicilia in condizioni meteomarine difficili con più di 200 persone a bordo non sarebbe stata sicura. Per questa ragione, la Mare Jonio ha reiterato la richiesta di sbarco immediato almeno dei bambini e delle persone affette dalle patologie più gravi. La richiesta di sbarco per i più vulnerabili è stata accolta e il 22 gennaio si è concluso il trasbordo dei primi 142 naufraghi. La Mare Jonio si è successivamente mossa verso Pozzallo dove, alle ore 15:09 del 23 gennaio ha concluso le operazioni di sbarco e con esse la missione 10».

A tal proposito, come commentereste il titolo de “Il Giornale”: “La decima missione della Mare Jonio. Obiettivo? Scaricare in Italia altri migranti”?

«L’obiettivo delle missioni è sopperire alla mancanza di aiuto da parte delle Istituzioni Italiane ed europee e salvare chi fugge da abusi e torture in Libia e dalla morte in mare, dando loro un porto sicuro in Europa. Questo è anche l’obiettivo di Mediterranea Saving Humans sperando un giorno di non essere più necessari. Sarebbe necessario anche usare un linguaggio diverso: “scaricare” è un verbo che nella lingua italiana viene usato per le cose, non per le persone. Siamo sempre speranzosi che i giornalisti, per qualsiasi giornale scrivano, siano sempre pronti ad usare un linguaggio consono e rispettoso della vita e dignità umana».

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE

N°226 – FEBBRAIO 2022

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