“Mami Wata”: un cortometraggio per riflettere

Pasquale Di Sauro 04/02/2022
Updated 2022/02/04 at 4:52 PM
5 Minuti per la lettura
“Ho pensato ai bambini e al loro sguardo, puro come la natura”

 

Cortometraggio Mami Wata Ortolani No spoiler. “Mami Wata” è un’opera scritta e diretta da Paola Beatrice Ortolani, ventiseienne napoletana all’esordio in regia. I suoi personalissimi otto minuti di cortometraggio sono in giro per i festival nazionali, ragione per cui il lavoro non è stato ancora pubblicato e dunque d’obbligo in questo caso il coming soon. La giovane regista, in attesa dell’uscita del suo corto, racconta in questa intervista la sua idea, i temi denunciati ad alta voce in poche scene e l’emozione provata durante il girato nella splendida cornice della Valle del Sele che mostra scorci di Contursi Terme in provincia di Salerno da una prospettiva inedita.

Paola partiamo dal titolo, “Mami Wata”.

«Il titolo racchiude il senso del cortometraggio. “Mami Wata” è una divinità africana che rappresenta la natura incontaminata e in particolare la purezza dell’acqua. Ha due valenze: benigna perché abbraccia l’essere umano. Maligna, se abusata e danneggiata essa si ribella all’uomo con conseguenze anche molto gravi. Il concetto rispecchiava la mia idea alla base di tutto il lavoro. La natura è così, anche se ci illudiamo di poter fare ciò che vogliamo, lei presenta sempre il conto».

La sinossi del cortometraggio, qual è la trama?

Gianfranco Gallo attore Mami Wata«Due bambine protagoniste. Cristina dalla pelle diafana perché albina è la figlia di un potente imprenditore. Gaia di origine africana vive insieme alla nonna adottiva in una casa di campagna. Le loro vite si intrecciano quando il padre di Cristina, interpretato da Gianfranco Gallo, vuole a tutti i costi il terreno della nonna di Gaia che intende resistere».

I temi trattati in questi otto minuti sono davvero tanti.

«Conservazione delle tradizioni, valorizzazione delle diversità, lotta alla corruzione. Il cortometraggio mira a sensibilizzare gli spettatori sul tema della salvaguardia ambientale: c’è un imprenditore che insidia un territorio incontaminato e una nonna, simbolo di resistenza e di radici, che lo difende».

Il corto è stato girato a Contursi Terme, la scelta della location ha un motivo particolare?

«Mio padre era un Senatore della Repubblica scomparso recentemente. Portava avanti un disegno di legge con l’idea del “Santuario dell’acqua potabile”. In quelle terre ci sono molte sorgenti che andrebbero protette da potenziali inquinamenti e tutelate da chi in quei posti vorrebbe scavare per costruire discariche. Ad oggi non c’è una normativa che protegga quei beni che la natura ci ha regalato. Non volevo fare un documentario, cercavo qualcosa di metaforico per comunicare e sensibilizzare le persone sul tema. Ho pensato ai bambini e al loro sguardo puro, il punto di vista più sincero che ci possa essere».

Il tuo lavoro già tra i finalisti alla Biennale di Venezia, oggi è candidato al David di Donatello
«Sono felicissima per gli apprezzamenti e le candidature ai Festival che stanno arrivando. Il cortometraggio ha vinto il premio per la categoria International Drama al “Procida Film Festival”. È arrivato secondo nella sezione Multicultural del premio Young & Short del Festival del Cinema di Venezia. Oggi è candidato al David di Donatello 2022, una soddisfazione enorme, che mi riempie di orgoglio, sento di essere riuscita a comunicare ciò che volevo».
Nel corto sono stati inseriti dei simboli precisi.

Mami Wata Corto Paola Ortolani «Le due ragazzine sono un’unica entità. Cristina è l’ambiente incontaminato, Gaia che nel corto non parla mai, si serve dello sguardo per comunicare, rappresenta la forza della natura e la sua dimensione magica. In più c’è un giglio, simbolo di purezza che lega entrambe, coltivato con attenzione da Gaia e curato con amore da Cristina».

Tra i personaggi che hanno dato vita alla sceneggiatura del cortometraggio, Simona Buono, giovane attrice emergente napoletana che racconta l’esperienza sul set.

Simona Buono: «Paola, aveva molto a cuore ciò che voleva raccontare. Ha fatto capire a tutti il motivo per cui eravamo sul set, ci ha guidati col cuore ed è stato emozionante. Ci conosciamo da tempo, ho vissuto la sua famiglia, il padre ha lottato per anni per la salvaguardia dell’ambiente. Non ero lì con lei solo come attrice, ho sentito mio il progetto fin da subito. La scena che mi riguarda è molto forte, ma non voglio dire altro, “Mami Wata” non è solo un cortometraggio da vedere ma qualcosa in più su cui riflettere».

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